Le bizzarrie d’Italia ci hanno abituato a molto, e di più. Alla stupefacente scena mancava il Berlusconi che denuncia la minaccia di un Grande Fratello così pericolosa da rendere necessario l’allarme per una «un’emergenza nazionale».
Al Cavaliere l’interpretazione spericolata della Vittima Unica riesce in modo memorabile. È un grande comunicatore, si sa. Lo accompagna una claque assordante di turiferi e flabellieri che eccepiscono, protestano, ringhiano a comando e cronacanti di attenzione cerimoniosa che hanno la generosa tendenza a nascondere o minimizzare ciò che accade a vantaggio di ciò che si dice (e naturalmente non c’è limite a quel che si può legittimamente dire, se non si tiene conto dei fatti). Quando la necessità lo impone, il lavoro incrociato di questa orchestra con coro, al servizio della Vittima Unica, produce un catalogo di verità rovesciate che confonde l’opinione pubblica; istupidisce gli avversari politici; lascia senza bussola anche gli osservatori più attenti e avvertiti.
C’è forse un Grande Fratello come va dicendo il Cavaliere, dunque? E se c’è, dov’è? Una memoria appena mediocre aiuta a venire a capo del quesito. Nei cinque anni del governo di Silvio Berlusconi, è nato all’ombra di Palazzo Chigi un intreccio spionistico illegale e clandestino che ha associato l’intelligence politico-militare di Nicolò Pollari, l’ufficio Informazioni della Guardia di Finanza del generale Roberto Speciale, la Security di Giuliano Tavaroli e alcune società di investigazioni private, pagate dagli azionisti della Telecom-Pirelli di Marco Tronchetti Provera. Questa cosa, che non si sa nemmeno come definire, ha spiato senza alcun controllo gli avversari politici del governo del Cavaliere, imprenditori, finanzieri, banchieri, magistrati, editori, giornali e giornalisti. Ha raccolto illegalmente migliaia di fascicoli con informazioni riservate violando al di là di ogni legge la privacy dei poveri malcapitati. Ha progettato operazioni per «neutralizzare e disarticolare anche con azioni traumatiche» tutti coloro che erano - a torto o a ragione - «potenzialmente in grado di «creare problemi» all’attività dell’esecutivo di centrodestra». Ha ingaggiato contro la legge giornalisti spioni per affidare loro il pedinamento di qualche pubblico ministero che pericolosamente si stava avvicinando ai pasticci organizzati da Palazzo Chigi nella fantasmagorica "guerra al terrore" all’italiana. Per non parlare di Telekom Serbia, Mitrokhin e i falsi dossier contro Prodi. Alla luce di tutto quel che è accaduto nella scorsa legislatura, se si deve parlare di Grande Fratello, si può sostenere documenti alla mano che, è vero, il Grande Fratello ha fatto capolino in Italia negli anni in cui il Cavaliere governava il Paese.
Quel che è accaduto nel passato può, però, non aiutarci a capire l’oggi. C’è un Grande Fratello al lavoro in questi giorni? Un Grande Fratello uguale a quello della scorsa legislatura, ma contrario nei suoi obiettivi visto che ha nel mirino il povero Berlusconi? È frutto di quel lavoro storto l’inchiesta sulla corruzione dei dirigenti Rai e nel mercato della politica? Anche se l’orchestra con coro, al servizio della Vittima Unica, lo dimentica, l’istruttoria di Napoli ha il vantaggio di essere "formalizzata" dal codice di procedura penale. Può essere ricostruita negli atti e nelle decisioni, quando diventerà pubblica. Ci potranno lavorare gli avvocati delle difese, gli ispettori del ministero di Giustizia, il consiglio superiore della magistratura, le giunte parlamentari qualora dovessero essere chiamate ad autorizzare l’uso processuale di fonti di prova che coinvolgono eletti del popolo. Se qualcuno ha sbagliato, sarà punito. Nulla a che fare, per farla breve, con il lavoro sporco della cosa nata durante il governo Berlusconi, che spiava illegalmente - dunque, al di là di ogni formalità - e riferiva non si sa bene a chi e in quale Palazzo del Potere. E comunque non si può ridurre ogni controverso evento pubblico ad affare giudiziario, a meno di non voler davvero assegnare alla magistratura la custodia della salute pubblica. Anche una testa fina come Massimo Cacciari sembra non comprenderlo. Questa storia appare al filosofo soltanto «una cafonata», per di più una volgarità che «piace agli italiani», e allora che dobbiamo farci?
La stravagante furia inconoclastica del sindaco di Venezia dimentica una questione essenziale: che cosa sanno gli italiani del Cavaliere? È lecito o addirittura doveroso per l’informazione raccontare agli italiani qualcosa di Berlusconi? Se non conoscono Berlusconi, quella passione degli italiani la si può giudicare autentica, genuina, consapevole?
Noi pensiamo che la libertà di stampa debba avere la responsabilità di rendere informato chi vota e decide pubblicando notizie di interesse pubblico, anche coperte da segreto, perché la stampa serve i governati non i governanti. Le notizie pubblicate da Repubblica possono essere utili a comprendere meglio la realtà italiana e i comportamenti di un suo decisivo attore. Non spinge la sua curiosità nella privacy di Berlusconi. Dà conto di due questioni pubbliche. Berlusconi, tycoon televisivo, promette di ricompensare a tempo debito un alto dirigente della Rai pubblica. Come pensava di ricompensarlo? E lo avrebbe ricompensato soltanto per l’ingaggio di qualche attrice o questa promessa poteva, se necessario, ampliarsi e deformare in chiave privata altre decisioni pubbliche del dirigente Rai? Berlusconi, leader dell’opposizione, incontra un senatore della maggioranza per convincerlo a votare contro il governo che egli sostiene. Gli dice che l’accordo potrebbe essere «garantito» da «un contratto». Gli ripete che «il contratto è pronto e (il senatore) deve solo passare a firmarlo». Di quale «contratto» si tratta? Che cosa prevedeva il «contratto» approntato? Queste mosse - contratti, promesse di ricompense - non appaiono soltanto sconvenienti o «volgari». Sono iniziative che meritano dal protagonista un chiarimento e non il petulante piagnisteo da Vittima Unica che si nasconde nella nebbia di un grottesco complotto contro le riforme. Noi pensiamo che, al di là di quel potrà e non potrà accertare la magistratura, le due questioni meritino da oggi una spiegazione pubblica. Anche nell’interesse di chi vuole votare consapevolmente Silvio Berlusconi.