il manifesto 28 aprile 2017 (c.m.c.)
Le nubi nere che sovrastavano il Tribunale d’Imperia promettevano pioggia, ma le lacrime di gioia dell’anziana nonna e da quelli della mamma di Felix riportano il sole in una giornata storica. Felix Croft è stato assolto dall’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il collegio, presieduto da Donatella Aschero, ha ritenuto applicabile la «clausola umanitaria». La famiglia aiutata da Felix si trovava in uno stato di bisogno tale da rendere l’aiuto lecito.
È la prima sentenza in Italia di questo tenore. Rifacendosi all’articolo 12, comma 2, del Testo Unico sull’immigrazione, i giudici hanno pronunciato la sentenza di assoluzione perché il fatto non costituisce reato.
Libero quindi il 27enne francese che i carabinieri avevano arrestato il 22 luglio 2016 quando a bordo della sua Citroen imboccava l’autostrada che da Ventimiglia porta alla Francia. Insieme a lui una famiglia sudanese. Padre, madre incinta di sei mesi, il fratello della madre e i due figli, il maschio di 5 anni e la figlia di 2. Dormivano nella chiesa di Sant’Antonio a Ventimiglia, in condizioni disperate. Presto, per la rotazione imposta dai numeri dei migranti affollati nella città ligure, sarebbero finiti per strada.
Erano fuggiti dal Darfur, portandosi dietro nient’altro che le ferite di un genocidio che va avanti da 14 anni. Il bambino ha cicatrici sul fianco riportate nell’incendio che le truppe governative avevano appiccato alla loro casa. Lo stato di estrema frustrazione della famiglia aveva spinto Felix a fare qualcosa che non aveva mai fatto, decidere di attraversare il confine e portarli a casa sua per farli riposare e mangiare adeguatamente. In quel periodo era difficile aiutare i migranti in loco, il sindaco di Ventimiglia aveva emesso un’ordinanza che proibiva, per ragioni sanitarie, di dare cibo ai profughi.
Felix ha da subito rivendicato il suo gesto umanitario, anche di fronte alla pesante accusa. Per il Pubblico Ministero Grazia Pradella, che aveva chiesto 3 anni e 4 mesi e 50mila euro di multa, quell’atto metteva in pericolo la sicurezza dello Stato. Alla domanda, «Sapeva che portandoli in Francia commetteva un reato?», Felix aveva risposto semplicemente «Sì». Ma oggi il Tribunale gli ha dato ragione.
Il grido Hurriya, libertà in arabo, urlato anche in francese e italiano, è il coro che si sprigiona dalle bocche, fino a quel momento cucite dalla tensione, del centinaio di solidali che hanno accompagnato Croft durante il processo.
«Questa è una pietra miliare per chi si sente impotente e stritolato dalle leggi in questo periodo di immense sofferenze» – dice all’uscita dal Tribunale. «Questa sentenza dice alle persone di non avere paura della loro solidarietà. Se lo Stato è assente le persone devono agire perché la loro umanità è la base sulla quale si fondano le società». E a Ventimiglia, nell’estate 2016, né Italia né Unione europea avevano saputo trovare una soluzione per quelle migliaia di persone che premevano sul confine alla ricerca di un po’ di dignità, oltre che di un tetto e un pasto caldo.
«Sin dall’inizio non ho voluto ricorrere a scappatoie per difendermi – dice Felix – sapevo che non avevo fatto niente di male e che non dovevo avere paura della mia scelta. Mi hanno accusato di aver messo in pericolo lo Stato, credo che questo derivi dal fatto che c’è la tendenza, purtroppo molto diffusa, a fare l’equazione nero, musulmano, terrorista. Questo pensiero va combattuto col cuore e se c’è una giustizia quella prevarrà sul razzismo e sui pregiudizi».
Laura Martinelli, giovane avvocato del foro di Torino, che ha difeso Felix insieme a Ersilia Ferrante del foro d’Imperia, non nasconde la felicità: «È una grande vittoria, il collegio ha riconosciuto che la condotta di Felix non è reato. È un segnale positivo in un momento in cui molte persone e Ong impegnate nell’aiutare i migranti vengono criminalizzate, accusate di essere complici dei trafficanti di uomini. È un precedente importante».
«Ora continuerò ad aiutare chi ha bisogno, le migliaia di profughi che anche in Europa non trovano scampo dalle ingiustizie», dice il giovane francese: «Tutto quello che faccio è provvedere a piccole cose che però sono di enorme aiuto a chi si trova privato di tutto, compresa la speranza. Certo dovrò farlo in Francia, visto che ho un foglio di via dall’Italia per una manifestazione a Mentone».