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Francesco Erbani
Il Delta del Po rischio cemento
23 Settembre 2008
Padania
In perfetto stile da international sprawl la crosta di seconde case e parchi a tema sulla costa, provinciale la cultura che dovrebbe reagire. La Repubblica, 20 settembre 2008 (f.b.)

Le case sono sulla spiaggia, conficcate in un arenile chiaro, appena mosso da un cordone di dune. Il mare è a dieci metri e il cantiere è recintato da una plastichetta verde. La costruzione è bloccata, si attende una decisione del Tar. Porto Garibaldi: uno dei lidi di Comacchio, il comune più grande dell’immenso Delta del Po, il delicato territorio esteso su oltre 1.300 chilometri quadrati, la zona umida più vasta d’Europa dove finisce il lungo fiume e sfumano i confini fra terra e mare, acque salate e acque dolci, pinete e saline, boschi secolari e valli allagate. Un paesaggio rasserenante eppure mai uguale a sé stesso e sempre minacciato. In Emilia Romagna, secondo calcoli prodotti dagli uffici regionali, dal 1980 a oggi c’è stato un incremento delle costruzioni del cento per cento. Il patrimonio edilizio è raddoppiato. E qualcosa del genere è accaduto anche sul litorale deltizio, la cui storia è la più emblematica fra quelle in cui si intrecciano i temi della tutela e dello sviluppo economico. Una pagina esemplare per l’ambientalismo italiano, iniziata esattamente quarant’anni fa.

Anche i luoghi festeggiano le loro date simboliche. Il Delta del Po celebra in questi giorni turbolenti diversi anniversari. Ai primi di ottobre del 1968, Italia Nostra di Ferrara organizzò un convegno che tracciò un bilancio delle sconvolgenti trasformazioni che quell’area aveva subìto nei decenni precedenti, a causa in particolare delle bonifiche decise sulla spinta della miseria che ghermiva quei luoghi. Le aree di palude, che nel 1925 raggiungevano i 45 mila ettari, nel ?68 erano scese a 13 mila. Occorreva recuperare più suolo da coltivare e da destinare a industrie oppure la fragile coesistenza di acqua e terra andava tutelata, perché non c’era niente di simile altrove e perché proprio quella coesistenza poteva essere occasione di crescita? E che cosa fare delle attività che in quei territori incerti si erano installate - l’allevamento delle vongole e delle anguille? Come comportarsi di fronte a un paesaggio che mutava in continuazione, un luogo che l’intervento dell’uomo aveva trasformato in un "paesaggio culturale"? Erano anni di formidabili accelerazioni, sia politiche che culturali, e il dibattito cominciava allora a muovere i primi passi. Il Delta fu uno dei luoghi in cui quel dibattito esordì.

Il Delta era una regione depressa. Nonostante le bonifiche, la gente continuò a fuggire ancora negli anni Cinquanta e Sessanta. Ma qualcosa di sconvolgente intanto avveniva sulla fascia litoranea, dove prima lentamente poi voracemente sorgevano case per il turismo, palazzine e palazzi. Quel convegno di Italia Nostra, presieduto da Giorgio Bassani, con Pierluigi Cervellati, Fulco Pratesi, Bernardo Rossi-Doria, Paolo Ravenna, chiese di metter fine alle bonifiche, di bloccare l’urbanizzazione. La neonata Regione si mostrò sensibile alle richieste. Non si riuscì a evitare che la pregevole valle della Falce venisse prosciugata, ma si impedì la costruzione di una strada da Goro a Volano che avrebbe squarciato il Bosco della Mesola, uno dei gioielli dell’intero Delta.

Le bonifiche si fermarono e iniziò il faticoso cammino della tutela. Che comportò anche un aggiornamento culturale, adattabile a un territorio dai mille profili, quello morfologico, quello vegetale, quello della fauna. Nel 1988 nacque la porzione romagnola del Parco regionale.

Ma le minacce non sono finite. Oggi le case sulla spiaggia, bloccate da un’ordinanza del sindaco di Comacchio, Cristina Cicognani, sono l’ultimo episodio dell’impetuosa aggressione che l’edilizia compie su questo lembo incerto di terra. Un’aggressione che ha la forma di villette allineate a pettine, tutte uguali, con la scala, il ballatoio e la porta finestra. Sono le palazzine di vacanza del Lido degli Estensi, del Lido delle Nazioni e, appunto, di Porto Garibaldi, chiuse undici mesi l’anno durante i quali compongono uno spettrale insediamento (è il piano regolatore di Comacchio che autorizza questa espansione).

Le paure per il futuro si moltiplicano. Una società italo-tedesca ha messo a punto Euroworld, un progetto tanto faraonico da sembrare finto: la riproduzione di paesaggi e architetture europee (dalle spiagge dell’Algarve a Capo Nord, dall’Acropoli di Atene al Big Ben) che si estenderebbe su 124 chilometri quadrati, quasi un decimo dell’intero Delta, fra i comuni di Porto Tolle e Porto Viro. Un elefantiaco kitsch da 10 miliardi di euro, 30 mila visitatori al giorno, 25 mila posti di lavoro. Per il momento Euroworld ha l’aspetto di una boutade. A una preoccupata interrogazione del consigliere regionale dei Verdi, Gianfranco Bettin, l’assessore del Veneto, Flavio Silvestrin, ha risposto che il progetto non è compatibile con il parco. «Se arriva Euroworld non possiamo esserci noi», sintetizza Emanuela Finesso, direttrice del Parco veneto del Delta. Gli emissari della società italo-tedesca continuano però a pubblicizzare il loro progetto. E i grandi numeri suggestionano.

Sul territorio veneto del Delta incombono la conversione a carbone della centrale termoelettrica di Porto Tolle (contro la conversione si è pronunciato il Parco) e l’impianto di rigassificazione che in questi giorni viene installato a una ventina di chilometri al largo di Porto Viro. O, ancora, la ripresa delle estrazioni di gas metano, decisa con un decreto del governo. Il timore è che le estrazioni provochino un abbassamento del terreno, un fenomeno che lacera la memoria di questi luoghi flagellati dall’alluvione del Polesine del 1951. In molte zone il Po corre a un livello più alto del piano di campagna e le estrazioni accentuerebbero lo squilibrio. «Il nostro territorio è tenuto su da pompe di sollevamento», spiega Emanuela Finesso, «e le guide raccontano ai bambini che qui i pesci nuotano più in alto degli uccelli».

Nella zona romagnola del Delta la pressione dell’edilizia sta diventando insopportabile. Questa imponente mole di costruzioni «rende impermeabile una superficie enorme di terreno, che impedisce il normale assorbimento dell’acqua», denuncia Lucilla Previati, direttrice del Parco romagnolo. «È un problema in territori ordinari, ma qui può avere effetti catastrofici». Quando piove molto l’acqua si accumula in una rete scolante insufficiente, la stessa di trent’anni fa, e il trabocco è inevitabile. Basta un acquazzone e gran parte dei lidi finisce allagata. Continue sono, fra Comacchio e Goro, le richieste di aumentare gli allevamenti di vongole, una grande fonte di ricchezza, ma anche di pericolo per la morfologia dei fondali. Oltre che per la nidificazione di molte specie di uccelli - le fraticelle, le beccacce di mare, i gabbiani reali. Recentemente, poi, un privato ha acquistato una delle aree più pregiate, la valle Bertuzzi, e ha pensato di circondarla di una barriera di robinie che la rendono quasi invisibile.

Il Delta assorbe, nel silenzio delle sue valli, molte tensioni. Alcune lascia che convivano, essendo già nelle sue forme una dose di ambiguità e cercando equilibri sempre diversi, ma comunque stabili. Altre tensioni tenta di scansarle in una partita con il futuro che si riapre ogni giorno.

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