Ieri, 15 marzo, ricorreva la giornata europea del consumo e non sembra che sui media la notizia abbia avuto il giusto rilievo, soprattutto per quanto riguarda la necessità di riflessione e di azione che tutti dovremmo avvertire rispetto ad un tema che è sempre più cruciale e strategico nella riflessione sulle prospettive del nostro futuro.
Infatti, la domanda semplice e banale che la politica, l'economia, la diplomazia internazionale, il mondo delle imprese, l'intera società civile ecc. dovrebbe porsi in maniera chiara è: ma è possibile andare avanti così? E' possibile continuare a perseguire modelli di consumo e di impatto sugli stock ed i flussi di materia ed energia sempre crescenti? E' possibile credere che il modello economico che abbiamo scelto per le nostre società, basato su di una crescita continua del consumo di risorse, possa continuare ancora? Queste sono anche le domande cruciali alle quali dovrebbe fornire risposte esaurienti e di forte indirizzo per il cambiamento di rotta che si fa sempre più evidente e necessario, la grande Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile che avrà luogo a Rio de Janeiro nel giugno prossimo (www.uncsd2012.org) .
A Copenhagen, in occasione della giornata europea del consumo, l'Agenzia Europea per l'Ambiente (European Environment Agency www.eea.europa.eu ) ha organizzato, insieme all'European Economic and Social Committee un seminario sul tema "Sustainable Consumption in a Time of Crisis".
E' di tutta evidenza che la situazione complessiva che moltissime società umane stanno attraversando dal 2008 (anno di avvio di questa profonda crisi economica e finanziaria internazionale) ad oggi può stimolare una significativa riflessione su come avviare percorsi di consumo sostenibile, riuscendo a dare così risposte concrete alla crisi stessa. La necessità quindi di avviare finalmente una decisa inversione verso un consumo responsabile, consapevole, equo e sostenibile, non è più una scelta opzionale ma assume i caratteri di una scelta obbligata. Non è un caso che la notizia sul sito dell'EEA sia titolata "Unsustainable consumption - the mother of all environmental issues ?" (il consumo insostenibile, la madre di tutti i problemi ambientali?).
Il consumo di prodotti e servizi esercita impatti in diversi modi sui sistemi naturali. L'incremento planetario del fenomeno del sovraconsumo vede negli ultimi anni fasce significative delle popolazioni di diversi paesi, definiti ormai i New Consumers (dalla Cina all'India, dalla Malesia all'Indonesia, dal Brasile al Sud Africa ecc.) che stanno raggiungendo livelli di consumismo simili a quelli dei paesi ricchi, con il risultato di un impatto complessivo sui sistemi naturali divenuto ormai totalmente insostenibile.
Infatti le nostre modalità di scelta e di acquisto dei prodotti contribuiscono direttamente o indirettamente a pesare sul cambiamento climatico, sull'inquinamento di aria, acqua e suolo, sulla perdita complessiva di biodiversità, sulla modificazione degli ecosistemi terrestri e marini e sulla continua riduzione delle risorse in tutto il mondo.
Il fatto che si possa continuare con gli attuali pattern di consumo non può più essere considerata un opzione praticabile, come è stato chiaramente ed ulteriormente ribadito dal seminario dell'EEA a Copenhagen. E' necessario ed urgente esplorare nuovi modelli di consumo che non compromettano i bisogni delle future generazioni ed ovviamente non continuino a distruggere irrimediabilmente i sistemi naturali. Il meeting di Copenhagen ha sottolineato quanto la situazione di grave recessione presente in Europa possa stimolare ad accelerare la decisa transizione verso nuove e diffuse modalità di consumo sostenibile basate anche sull'avvio e il rafforzamento di una nuova impostazione economica, definita in maniera molto mediatica Green Economy che costituisce uno dei temi prioritari oggetto della Conferenza Rio+20 prevista nel prossimo giugno.
Un cittadino europeo consuma almeno quattro volte più risorse di un cittadino medio in Africa e tre volte di più i quelle di un cittadino asiatico ma ne consuma la metà di quelle consumate da un cittadino statunitense, canadese o australiano. Ormai, come abbiamo più volte considerato nella pagine di questa rubrica, la conoscenza scientifica ci ha permesso di disporre di numerosi dati significativi da questo punto di vista (ricordo, per tutte, la bella ed agile pubblicazione del Sustainable Europe Research Institute (SERI) uno dei più autorevoli think-tank sulla sostenibilità a livello europeo ed internazionale, realizzata nel 2009, insieme ai Friends of the Earth, dal titolo "Overconsumption? Our use of the world's natural resources" (scaricabile dal sito http://old.seri.at/documentupload/SERI%20PR/overconsumption--2009.pdf) e l'iniziativa di ricerca internazionale sempre coordinata dal SERI che ci ha permesso di ottenere un calcolo dei flussi di materia dal 1980 ad oggi, sia a livello mondiale che per ogni nazione, vedasi www.materialflows.net ) .
L'utilizzo delle risorse naturali in Europa è in crescita: nel 2007 l'uso di risorse era di 8.2 miliardi di tonnellate delle quali più della metà riguardava minerali e metalli mentre i combustibili fossili e le biomasse erano approssimativamente un quarto ciascuno. Ogni cittadino europeo utilizzava risorse per 17 tonnellate l'anno.
Secondo i sondaggi sin qui svolti a livello europeo, ricordati dall'EEA, l'87% dei cittadini europei ritiene che l'Europa dovrebbe utilizzare in maniera molto più efficiente le risorse naturali, ed il 41% pensa che produce troppi rifiuti.
Gli europei utilizzano più spazio per vivere; la media dello spazio necessario per le loro abitazioni si è incrementato di almeno 6 metri quadrati dal 1990 ad oggi mentre il numero medio di abitanti per appartamento è sceso da 2.8 a 2.4.
Per quanto riguarda i rifiuti gli attuali livelli di consumo comportano una media di rifiuti solidi urbani prodotti da ogni cittadino europeo che, nel 2008, era di 444 kg e che, indirettamente generavano almeno 5.2 tonnellate di rifiuti nell'economia europea. Si tratta di dati nell'ambito dell'Unione Europea perché non si dispongono di molti dati sui rifiuti derivanti dalla produzione di prodotti e materiali importati dalle altre regioni. I dati mondiali che circolano sulla produzione di rifiuti sono abbastanza generici: il ponderoso rapporto del Programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) sulla Green Economy ("Towards a Green Economy: Pathways to Sustainable Development and Poverty Eradication" pubblicato nel novembre 2011 vedasi http://www.grida.no/publications/green-economy/ ) nel capitolo rifiuti ricorda che la produzione mondiale di rifiuti derivanti dalle aree urbane e dall'industria si aggirano, ogni anno, tra i 3.4 ed i 4 miliardi di tonnellate, dei quali rifiuti industriali non pericolosi sono intorno a 1.2 miliardi, mentre i rifiuti solidi urbani sono tra 1.7 ed i 1.9 miliardi di tonnellate.
Tornando all'Europa si stimano in 89 milioni di tonnellate il cibo che viene buttato via ogni anno nelle case, nei ristoranti, nei negozi, lungo le filiere produttive, una media di circa 180 kg per cittadino europeo. Nel solo Regno Unito il 25% del cibo acquistato viene poi buttato.
Insomma il consumo, il sovraconsumo, sta divenendo sempre di più un problema centrale per il nostro futuro: moltissimi problemi legati a quanto già oggi minaccia la sopravvivenza del genere umano sono legati all'incremento del consumo di energia, di acqua e di materie prime, all'aumentata produzione dei rifiuti, degli scarti e alle emissioni ed all'incremento delle trasformazioni, da noi indotte, sui suoli e gli ecosistemi di tutto il mondo.