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Aldo Schiavone
Il cavaliere sfregiato
26 Aprile 2010
Articoli del 2010
Forse nascerà in Italia una destra decente, ma sarà comunque una destra. La Repubblica, 26 aprile 2010

A meno di nuovi colpi di scena – comunque possibili, perché queste vicende così cariche di umori sono sempre imprevedibili nel breve periodo – lo scontro tra Fini e Berlusconi sembra ora spostarsi sul piano di una lunga e difficile guerra di posizione. Adesso, dopo uno scambio di inaudita violenza, i due contendenti sembrano aver fatto entrambi un passo indietro: ma nulla lascia pensare che si tratti di una tregua; piuttosto di un disimpegno tattico, per poter manovrare meglio, e guadagnare linee più vantaggiose. E intanto, ipnotizzati dallo spettacolo, sono in troppi a dimenticare che se la politica si riduce solo a questo tipo di contese, siamo tutti perduti, veramente; e che mentre si svolge la non proprio titanica lotta, il Paese a rischio, e stiamo tutti cominciando ad affondare. Ma qui dovrebbe cominciare un altro discorso.

È evidente che il Presidente del Consiglio ha subito in questi giorni un duro colpo d´immagine – tanto più grave per lui, che d´immagine vive. Egli ha ora bisogno innanzitutto di recuperare ruolo e statura – la "maestà" della funzione e del carisma costruiti mediaticamente intorno alla sua persona – così gravemente sminuiti e sfregiati dal discorso e dai gesti di Fini. Ha già iniziato a farlo ricordando l´anniversario della Liberazione con parole per lui inconsuete, e cercando di nuovo un dialogo con l´opposizione. Gli anni che lo aspettano saranno per lui tutti in salita: e sarà ben difficile – se ne sta convincendo anche il leader dell´opposizione – che il suo orizzonte possa ancora coincidere con la fine fisiologica della legislatura.

Berlusconi era in difficoltà, a dire il vero, già da prima. Non era uscito bene dalle elezioni, malgrado il risultato del Lazio debba essere considerato un suo successo personale. I veri vincitori vanno cercati altrove: Bossi, naturalmente, e insieme, il silenzioso ed enigmatico Tremonti, che sta portando un pezzo importante del Pdl del Nord a una confluenza di fatto con la Lega, lungo un asse che prefigura la nascita di un blocco culturale e sociale, prima ancora che politico, quale da anni non si vedeva in Italia. Un esito che non confligge con l´idea sempre più "bavarese" di Bossi: fare del controllo completo del Nord il perno di un´Italia minore, arroccata, divisa e sotto l´ala protettrice della Chiesa.

È ben possibile che il presidente del Consiglio sia più o meno consapevole di tutto ciò, e che, in fondo, non gliene importi più di tanto. L´impressione è che egli – in certo senso – abbia rinunciato ormai a far politica, se con questa si intende il tentativo di imporre al Paese una visione, un disegno, una strategia, e di realizzare obiettivi di carattere generale. Ci ha provato, nell´esordio della sua carriera, e in qualche modo c´è persino riuscito. Ma è da tempo ormai che non ha più nulla da proporre, se non la statua vivente di se stesso e del suo passato, l´icona delle emozioni che aveva saputo una volta suscitare, e che sopravvivono nello stato mentale di una parte rilevante di italiani (ci sarebbe da capire perché). Non ha più nemmeno da difendere il suo partito (dice ormai, non a caso, il suo "popolo"). E questa rinuncia è – credo – il suo modo, più o meno consapevole, di accettare realisticamente il proprio declino, e di preparare, nonostante tutto, il lieto fine della sua incredibile storia: l´ascesa al Quirinale – l´unica cosa che gli stia ormai veramente a cuore. Che in queste condizioni – al di là di molte altre ragioni – sia ben difficile avviare con lui una stagione di riforme mi sembra il minimo che si possa pensare: credo che Bersani su questo abbia perfettamente ragione.

Per Fini, invece, la partita è appena iniziata. Egli sì, che ha un´ispirazione e un progetto: dare finalmente all´Italia quello che egli stesso ha chiamato una destra "moderna". Per riuscirvi, ha bisogno di numeri e di idee. I primi, per ora non sembra averli, ma può conquistarli, se gli si lasciano tempo e mezzi sufficienti, e se saprà muoversi bene. Il suo bacino potenziale è assai più ampio di quanto le cifre risicate di questi giorni lascino supporre. Quanto alle idee, vedremo: il lealismo costituzionale e la difesa dei diritti sono una buona base di partenza, ma non bastano. Bisogna mettere in campo una strategia economica, una cultura politica, una proposta complessiva sul sistema-Italia. È giusto che la sinistra segua con interesse e attenzione il suo tentativo: ma, per carità, eviti gli abbracci. Fini deve rimanere, con assoluta chiarezza, una controparte, un avversario. Finalmente, "normale", al di fuori dell´eterno eccezionalismo della nostra ormai troppo lunga transizione. Ma pur sempre il protagonista di un altro schieramento.

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