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Tracy Mettz
Il caso Amsterdam
20 Aprile 2005
Altre città italiane
Comparso sul primo, e per ora ultimo, numero della novissima rivista Zero (1/2005) ha un taglio giornalistico molto piano, e si coniuga perfettamente a quello di Ravaioli. Offre una visione della questione non italica (m.p.g.)

II fascino di Amsterdam è la sua autenticita. Città medievale che fiorì nel XVII secolo, l'eta dell'oro dell'Olanda, Amsterdam è stata edificata nel corso dei secoli dai suoi residenti. Non c'è dubbio che i suoi cana1i colpissero chi visitava 1a città, ma non erano stati concepiti o costruiti come un'attrazione turistica. La combinazione tra 1a moderna vita quotidiana e 1a bel1a e ricca cornice in cui essa si svo1ge incanta i visitatori - specia1mente gli americani come me, per i qua1i 1'idea di centro è stata per decenni sinonimo di decadimento e pericolo.

Amsterdam non è un museo, ma è sicuro che, per quanto lentamente, il carattere del centro storico sta cambiando. L'equilibrio precario tra visitatori e residenti, tra spazi abitativi, spazi lavorativi e spazi destinati al divertimento si sta spostando a favore di questi ultimi. Sempre più spesso il tono lo danno i visitatori, i cui bisogni determinano il tipo di destinazione e di utilizzazione dello spazio pubblico, e quindi le decisioni politiche, poichè il divertimento è cresciuto così tanto da diventare l'attività numero uno del centro città. A stare all'Ufficio del turismo di Amsterdam, nel 2000, nell'intero conglomerato, sono stati spesi per il divertimento circa 3.200 milioni di euro, di cui più della metà nel centro storico.

Nell'economia turistica i visitatori passeggiano incantati da un negozietto all'altro, mentre i residenti constatano che i servizi sono sempre più a senso unico. Turisti che si fanno trasportare lungo le vie adiacenti ai canali in ottocenteschi calessi a cavallo (dotati di pannoloni creati ad hoc per evitare che il cavallo faccia i suoi bisogni per strada) osservano altri turisti navigare in pedalò sui canali. Al posto del pescivendolo troviamo l'antiquario, al posto del ciabattino una boutique di vestiti, un istituto di bellezza là dove un tempo c'era un droghiere. Con la trasformazione dei quartieri popolari in zone signorili, le attivita più semplici, più deboli sul piano commerciale, non sono più in grado di pagare gli affitti elevatissimi. Nella caccia all'anima autentica di Amsterdam, i luoghi e gli oggetti di uso comune vengono venduti come fossero attrazioni: la casa galleggiante nei pressi della mia abitazione è diventata un Museo della casa galleggiante («Visitate l'interno di una casa galleggiante!»). E oltre alle case galleggianti, oggi , a solcare i canali, c'è pure una gondola veneziana.

Un esempio perfetto di questa situazione lo forniscono le vie laterali che mettono in comunicazione i canali tra di loro. Si tratta davvero di un'area ricca di fascino, dove in una strana mescolanza di negozi ultimo grido e vecchio stile si trovano parrucchieri, boutiques, alimentari e ogni genere di commercio specializzato, dal fioraio, alIa libreria che vende libri di viaggio, al fruttivendolo carissimo, noto nella zona per «vendere a peso d'oro la frutta e la verdu- ra». Negli anni la zona si è fatta sempre più chic, ma questa mescolanza esiste ancora. Attualmente le Nine Streets iniziano a patire del loro proprio successo, e sono minacciate da incrementi nei prezzi degli affitti che vanno dal 100 al 300%. I negozianti e la municipalità temono che i proprietari dei negozietti che rendono questa zona così speciale non potranno più permettersi affitti così alti e che le vie adiacenti ai canali seguiranno l'esempio dei grandi assi commerciali dove possono permettersi gli affitti solo i negozi che fanno parte di una catena.

Negli ultimi dieci o quindici anni la municipalità ha impiegato molto denaro e molti sforzi per migliorare l'aspetto della città, in particolare la qualità estetica dello spazio pubblico. Dam Platz è stata ripavimentata due volte. Gli Amsterdammertjes, i caratteristici paletti volti a impedire alle automobili di parcheggiare lungo i marciapiedi stanno scomparendo dai canali; le strade sono state rifatte in mattoncini rosso scuro, i marciapiedi in pietra naturale, e i lampioni sono la copia di quelli che c'erano in passato. La Musemplein, un tempo la più corta strada carrozzabile olandese, è stata trasformata, in superficie, in un parco su cui si affacciano i grandi musei della città, e, sottoterra, in un parcheggio e in un supermercato. Si tratta di un processo estremamente ambiguo. Da un lato la città è resa più attraente, non solo per i visitatori ma anche per i residenti. Senza i suoi dieci milioni circa di visitatori all'anno, Amsterdam, città con meno di un milione di abitanti. non avrebbe affatto quella vasta e cosmopolita scelta di ristoranti, negozi e cultura che ne fanno una metropoli dalle dimensioni di un villaggio. E’ di questo avviso anche il panettiere all'angolo della strada dove abito: «Non potrei affatto vivere qui senza i turisti che comprano per ricordo un pacchetto di tipici stroopwafels 0 di Jodenkoeken. Chi abita in questa zona ama l'idea che vi sia un vecchio panificio all'angolo, ma solo come idea: il pane se lo comprano al supermercato». Sono gli euro che spendono i visitatori a far girare gli affari in città, quanto meno nelle aree più suggestive; sono solo i turisti a finanziare lo scenario in cui i residenti vanno e vengono quotidianamente. In The Tourist City, il politologo americano Dennis Judd e l'urbanista Susan Feinstein osservano che le attrazioni turistiche hanno in comune un aspetto curioso con le produzioni teatrali: il turismo, come il teatro, trasforma quello che attira il turista in un oggetto. «Coloro che occupano lo spazio riservato al turismo, che ci lavorino o che ci abitino, come disse Disney, "fanno parte del cast", fanno ambiente e colore locale. [...].Poichè l'esperienza del turista è artefatta, la messa in scena dell'autenticità sostituisce quanto è genuino».

Sulla cresta dell'onda della prosperità, della città come marchio di fabbrica e della ricerca spasmodica di divertimento e nuove esperienze, Amsterdam si sta trasformando in una città per bighelloni. E’ facile individuare i residenti - sono quelli che camminano a zig zag sul marciapiede nel tentativo di superare i bighelloni, o suonano i campanelli delle loro biciclette per avvertire il turista straniero dell'esistenza di quel fenomeno tipicamente olandese che è la pista ciclabile.

Questo processo di esteticizzazione, di museificazione dello spazio pubblico urbano, genera un ambiente che è progettato per piacere. Così facendo, si minaccia l'autenticità che è esattamente quello che distingue una città da un parco a tema. La vita quotidiana è trasformata in una merce volta a soddisfare il desiderio dei visitatori di godere dell'esperienza più autentica possibile e di poterla raccontare una volta rientrati a rasa. II sociologo spagnolo Manuel Castells scrive: «Sempre più gente risiede nei villaggi urbani che circondano la città, mentre il centro si trasforma in un'attrazione per turisti e consumatori. Quell'unica rosa che distingue una città da un'altra. per esempio le Ramblas a Barcellona e i canali ad Amsterdam, diventa oggetto di emulazione reciproca. Come risultato, i centri città acquisiscono gradualmente le caratteristiche di parchi a tema. I residenti cercano nuovi posti di incontro perchè il tradizionale spazio pubblico nel centro città è il più delle volte eroso dal turismo di massa».

L'esempio principe in Europa è ovviamente Venezia. Si paria di introdurre un biglietto d'ingresso giornaliero per visitare questo storico parco a tema, la Venice Card, e di creare strade a senso unico per il traffico pedonale. E’ sempre più difficile trovare lavoro in un settore che non sia il settore turistico. Negli anni ottanta, Firenze aveva persino preso in considerazione l'idea di trasferire tutte quelle noiose funzioni quotidiane, uffici e amministrazioni, in periferia, e di abbandonare il centro ai turisti. Una scelta, ovviamente, che sarebbe stata pessima per il turismo, poichè sono proprio le faccende quotidiane che danno un tocco di autenticità alIa città. Come trattare un'area urbana che è utilizzata come un parco a tema, ma che è ancora, innegabilmente, uno spazio pubblico?

In quanto regni del divertimento i centri storici delle città sono fisicamente sempre più separati dalle loro periferie. Molte città olandesi, da Groningen a nord fino a Maastricht a sud, utilizzano speciali materiali di pregio per pavimentare le strade, per l'arredo urbano, per l'illuminazione e persino per decorare i segnali stradali. E ovviamente la monocultura del "divertimento" porta spesso al teppismo, così non appena si "entra" in una certa zona vi sono cartelli che avvertono della presenza di telecamere a circuito chiuso. II divertimento ha il suo prezzo, sia in termini di perdita di innocenza che in termini di perdita della privacy.

La relazione che abbiamo con lo spazio pubblico è cambiata; è diventata più fluttuante e più distante. Più ci troviamo in ambienti controllati, meno confortevole troviamo lo spazio pubblico. Questa tendenza è da tempo evidente negli Stati Uniti, dove l'atteggiamento di molta gente nei confronti dello spazio pubblico è di paura e di incondizionata diffidenza. Ciò accade là dove proliferano gli spazi artificiali di divertimento, non solo i parchi d'attrazione ma anche le strade artificiali. Jon Jerde. il gyru dei mall. per esempio. è il padre del progetto City Walk agli Universal Studios di Los Angeles: negozi, teatro di strada, panchine, ristoranti, il tutto in una strada quasi-autentica dotata di sistemi di sorveglianza. Un parco d'attrazione ispirato al tema «La strada».

Per i suoi amministratori, Amsterdam può imparare ancora molto da Disney e dall'Efteling. E’ così che la pensa Hans van Driem, direttore di Turismo e attivita ricreative in Olanda, l'ente di promozione turistica dell'Olanda. Amsterdam è fuori controllo proprio a causa del successo di cui gode. La città sta cambiando, ma chi la dirige resta indietro, e la municipalità non ama ricevere consigli. Qualunque parco dei divertimenti farebbe un lavoro migliore di quello che sta facendo chi amministra la città. «Se intendete usare un centro storico del xv o xvi secolo come un parco di divertimenti, è necessario farlo correttamente come un concetto tematico in cui la gente lavora, vive e trascorre il proprio tempo libero. In pratica un centro storico e un parco come Disneyland Parigi o come l'Efteling, il più grande parco a tema olandese - con la differenza che non è altrettanto pulito! Come prodotto turistico Amsterdam sta perdendo piede. Disney ha inventato il parco a tema perchè gli Stati Uniti non avevano nessun centro storico. Noi. in Olanda, li abbiamo, ma non li sfruttiamo correttamente».

E’ questo quello che vogliamo? Una città progettata e gestita come una versione tematica e caricaturale di se stessa? In cui il prodotto finale è un'autenticità confezionata addirittura più intelligentemente del reale, e senza alcun inconveniente scomodo. II rovescio della medaglia del nostro desiderio di autenticità è che esso crea la sua propria artificialità.

Trovo allarmante l'idea che tutto ciò che mi circonda sia stato esaminato e valutato per il suo valore commerciale, e venga quindi presentato in una formula vendibile. Non voglio che ogni cosa che vivo sia un'esperienza preconfezionata - se non altro perchè non voglio stare continuamente in guardia e dovermi chiedere senza sosta come, quando e da chi sono manipolata in quanto consumatore potenziale. Non voglio sapere che sono pedinata da un astuto imprenditore o da un'impresa pubblica locale sempre alla ricerca di vendermi qualcosa, anche se l'intenzione non è esplicita; nel suo affascinante libro L'era dell'accesso l'economista americano Jeremy Rifkin esprime la paura che in quest'era di ipercapitalismo e di mercificazione degli stili di vita, l'esperienza umana sopravviverà solo come merce di scambio. «Le vecchie istituzioni che si fondavano sulle relazioni di proprietà, sugli scambi commerciali e sulI'accumulazione materiale sono state lentamente sradicate per far posto ad un'era in cui la cultura diventa la risorsa commerciale più importante, il tempo e l'attenzione diventano il bene più ambito, e la vita privata di ciascuno il mercato finale».

E’ soprattutto grazie al divertimento e all'economia del tempo libero, che molte città sono state salvate dai sentimenti antiurbani degli anni sessanta e settanta. Non ci si meravigli che le città si siano servite del divertimento come di uno strumento di marketing per attirare visitatori e residenti e per far affari. Ma adesso questa tendenza ha raggiunto un livello insostenibile e rappresenta una minaccia, la minaccia, cioè, che ogni luogo finisca per offrire le stesse case e per assomigliare sempre di più agli altri. Possiamo già prevedere la reazione: ci sono stato, ho fatto questo e quello, ho comprato la t-shirt.

Le agenzie di marketing stanno facendo ottimi affari nel produrre loghi e slogan che mettano in evidenza le differenze. Più quanto ci circonda diventa uno scenario teatrale manipolato e confezionato, più esso ci risulta indifferente. Più si moltiplicano le attrazioni, minore è il nostro coinvolgimento. Per Amsterdam, come avviene in

molti centri turistici popolari, il successo è anche una minaccia. Temo che verrà presto il momento in cui i residenti del centro storico saranno felici di vedere una cacca di cane, o un' automobile in sosta vietata. La città è sulla buona strada per perdere quella sua qualità di quotidianità, di ovvietà, di inconsapevolezza - quella "naturalezza" speciale che mi ha indotto a diventare cittadina olandese onoraria. Amsterdam per me non è una merce, ma prima di tutto, e soprattutto, una vibrante città.

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