loader
menu
© 2024 Eddyburg
Mattia Donadel
Il buco nero del passante
23 Aprile 2014
Muoversi accedere spostare
«Un’operazione che ha avuto come conseguenza immediata l’aumento dei pedaggi fino al 350%. Ma ormai è chiaro che nemmeno le tariffe più alte d’Europa sono sufficienti per uscire da questa spirale perversa: di debito in debito il buco si sta allargando sempre di più e prima o dopo esploderà.

«Un’operazione che ha avuto come conseguenza immediata l’aumento dei pedaggi fino al 350%. Ma ormai è chiaro che nemmeno le tariffe più alte d’Europa sono sufficienti per uscire da questa spirale perversa: di debito in debito il buco si sta allargando sempre di più e prima o dopo esploderà. Le conseguenze inevitabili saranno ulteriori aumenti delle tariffe, tasse e tagli ai servizi pubblici locali come sanità, trasporti e scuole» Il granello di sabbia, n.11 aprile 2014 (m.p.r.)

Venerdì 21, nel primo giorno della mobilitazione nazionale contro le grandi opere lanciata dai No TAV, alle ore 14 in punto scatta il blitz di vari comitati Veneto che con un’azione fulminea e precisa aprono alcuni caselli dell’autostrada presso la barriera di Villabona, «liberalizzando» di fatto la Padova-Mestre.

A darsi appuntamento ci sono il comitato Opzione Zero che lotta contro la Orte-Mestre, i No Grandi Navi, i No dal Molin, i No pedemontana, il Comitato Lasciateci respirare, attivisti dei Centri Sociali del Nordest. Un’azione per contestare l’aumento spropositato dei pedaggi sulla tratta Mestre-Padova e sul Passante, ma soprattutto un modo per denunciare come le Grandi Opere distruggono l’ambiente, minano la salute dei cittadini e generano debito pubblico.

Tutto parte dall’inchiesta sul Passante di Mestre messa a punto da Opzione Zero. La storia inizia alla fine degli anni ’90, quando, per risolvere il congestionamento della tangenziale, viene ideato il by-pass autostradale. Nel 2001 l’opera viene inserita nella famigerata Legge Obiettivo; nel giro di due anni viene nominato un Commissario straordinario e approvato il progetto. Lo stesso Commissario con procedura negoziata, e quindi “discrezionale”, affida i lavori al consorzio di imprese Passante di Mestre Scpa; ne fanno parte Impregilo S.p.a., Grandi Lavori Fincosit S.p.a. e Consorzio Cooperative Costruzioni; a fare incetta di sub-appalti c’è invece la Mantovani SpA, al centro della recente inchiesta sul malaffare in Veneto aperta dalla Procura di Venezia. Il costo iniziale del mostruoso nastro di asfalto si aggira intorno agli 800 milioni di euro, ma alla fine il conto è di quasi 1,4 miliardi. A far lievitare i costi non sono solo varianti e opere di compensazione, è la stessa Corte dei Conti nel 2011 a sollevare dubbi sulla regolarità delle procedure con le quali è stata approvata e realizzata l’opera, e sulla legittimità dei costi sostenuti.

Il caso del Passante fa scuola. Si tratta infatti di una sorta di Project Financing tutto “pubblico”: a finanziare l’opera sono infatti ANAS (società al 100% del Ministero dell’Economia) per circa 1 miliardo di euro, e direttamente lo Stato per circa 300 milioni di euro. Fino a qui nulla di strano, si tratterebbe di un’opera pubblica costruita usando legittimamentei soldi dei contribuenti. Nel 2008 però viene costituita la società CAV SpA (partecipata da Anas e da Regione Veneto) per la gestione del Passante, della tangenziale di Mestre e del tratto di autostrada Padova-Mestre. La convenzione tra CAV e ANAS del 2011 prevede che CAV restituisca ad ANAS circa 1 miliardo in 23 anni attraverso il gettito dei pedaggi.

Ma perché mai CAV, società pubblica, dovrebbe restituire quei soldi alla stessa ANAS, altra società pubblica, che li ha anticipati per realizzare un’opera pubblica (considerata) strategica, usando soldi prelevati dalla fiscalità generale? Per Opzione Zero si tratta di un “debito fantasma” totalmente illegittimo, addirittura diabolico se andiamo oltre con la storia. Ai vertici di CAV, infatti, appare ben presto chiaro che nonostante il notevole flusso di traffico che attraversa il nodo autostradale di Venezia, il “debito” verso ANAS non è solvibile; la situazione precipita con l’esplodere della “crisi”: nel 2012 il traffico crolla del 7,5%. Ed ecco il colpo di scena finale: in sede di approvazione del bilancio 2012, CAV SpA, per restituire i soldi a ANAS, sottoscrive due mutui a tassi di interesse di mercato: uno di 350 milioni di euro con Banca Europea degli Investimenti (BEI) attraverso un’intermediazione di Cassa Depositi e Prestiti del costo di 8,47 milioni di euro; l’altro di 73,5 milioni di euro direttamente con CDP, controllata dal Tesoro per oltre l’80% e per il 20% dalle Fondazioni Bancarie.

Un’operazione che ha avuto come conseguenza immediata l’aumento dei pedaggi fino al 350%. Ma ormai è chiaro che nemmeno le tariffe più alte d’Europa sono sufficienti per uscire da questa spirale perversa: di debito in debito il buco si sta allargando sempre di più e prima o dopo esploderà. A quel punto saranno direttamente Regione Veneto e ANAS a dover rispondere di questa situazione. Le conseguenze inevitabili saranno ulteriori aumenti delle tariffe, tasse e tagli ai servizi pubblici locali come sanità, trasporti e scuole.

ARTICOLI CORRELATI

© 2024 Eddyburg