Il manifest
o, 26 febbraio 2015, con postilla
La bomba esplode all’alba: il Biscione si mangia il Cavallo. Il consiglio d’amministrazione di Ei Towers, la controllata di Mediaset che a sua volta controlla la rete di trasmissione della società, ha approvato all’unanimità il lancio di un’offerta pubblica di acquisto e scambio (Opas) su Rai Way, l’omologa società della tv pubblica, in parte quotata, da novembre, in borsa.
Fioccano i «l’avevo detto». Per primo quello di Roberto Fico, pentastellato presidente della commissione di vigilanza Rai che si beccò un «domani mattina i miei legali faranno querela a questo buffone» da parte di Silvio Berlusconi per aver affermato che la decisione del governo di vendere le torri della Rai faceva parte del Patto del Nazareno. Ma anche per gli analisti, che plaudono all’iniziativa, era chiaro che l’esito «naturale» della privatizzazione sarebbe stato proprio questo.
La vendita di una quota di minoranza di Raiway era prevista nel decreto Irpef approvato nel giugno scorso che sottraeva 150 milioni di euro alle casse di viale Mazzini per coprire il bonus degli 80 euro. Successivamente, il 2 settembre, il relativo decreto della presidenza del consiglio specificava «l’opportunità di mantenere, allo stato, in capo a Rai, a garanzia della continuità del servizio erogato da Rai Way a Rai medesima, una quota di partecipazione sociale nel capitale di Rai Way non inferiore al 51%». Tra le condizioni poste da Ei Towers per la sua Opas per mangiarsi le torri Rai, quella che « l’offerente venga a detenere una partecipazione pari almeno al 66,67% del capitale sociale di Rai Way». Ma lo stesso cda di Ei Towers spiega che «l’offerente potrà rinunciare a una o più delle condizioni di efficacia dell’offerta ovvero modificarle, in tutto o in parte». E comunque, se il Dpcm del 2 settembre si preoccupava di mantenere la maggioranza pubblica per garantire la continuità del
servizio, la società del Biscione assicura che a sua volta «continuerà a garantire l’accesso alle infrastrutture a tutti gli operatori tv», aggiungendo che l’Opas servirà a «porre rimedio all’attuale situazione di inefficiente moltiplicazione infrastrutturale dovuta alla presenza di due grandi operatori».
Ma perché l’operazione si possa concludere ovviamente sono necessari alcuni passaggi. La Rai dovrebbe accettare: oggi il cda comincerà a affrontare la questione (per ora si fa sapere che si tratta di un’opa «non amichevole»). Qui si inserisce anche la vicenda — improvvisamente diventata per il governo urgentissima — della riforma della governance della tv pubblica annunciata da Renzi, che appunto non ha escluso un decreto (ma il Quirinale avrebbe consigliato prudenza). Nel cda di viale Mazzini siedono anche berlusconiani di stretta osservanza come Antonio Verro, quello che tra l’altro avrebbe inviato al Cavaliere un fax sui programmi sgraditi da addomesticare, e Antonio Pilati, noto come l’ispiratore della legge Gasparri.
Il conflitto d’interessi non è certo una novità delle ultime ore, ma insomma la faccenda si fa parecchio grossa proprio mentre Berlusconi viene descritto come un pover uomo alle corde (ma Fininvest appena l’altra settimana ha venduto quasi 400 milioni di azioni Mediaset, proprio per avviare altre operazioni). E ancora, è necessario che l’antitrust, che ha ricevuto la notifica, dia il via libera. E il ministero dello sviluppo deve autorizzare la Rai a continuare ad operare con la nuova società.
Al momento, il governo si limita a ricordare l’esistenza del decreto della presidenza del consiglio sull’opportunità di mantenere pubblico almeno il 51% delle torrri di trasmissione Rai. A borse chiuse (in una giornata che vede RaiWay balzare del 9,4% a 4,05 euro verso i 4,5 al quale viene valorizzata nell’offerta, con un +52% dal prezzo della quotazione, e Ei Towers chiude a +5,2%), il governo sforna la nota. Nella quale comunque si sottolinea che «l’offerta pubblica per Rai Way conferma l’apprezzamento da parte del mercato della scelta compiuta a suo tempo di valorizzare la società facendola uscire dall’immobilismo nel quale era confinata. La quotazione in Borsa si è rivelata un successo», insomma.
Prima della nota serale con la quale il governo prova a calmare un po’ le acque di fronte alle proteste, il Pd renziano era stato a dir poco abbottonato, a parte Michele Anzaldi, della vigilanza Rai, che anche lui ricordava: «La quotazione in borsa è stata vincolata alla cessione di una quota non superiore al 49%» e dunque chiedeva all’Antitrust di valutare la vicenda (come ovviamente deve fare e sta facendo). Mentre il giovane turco Francesco Verducci sottolineava il primo effetto dell’annuncio: i consistenti guadagni in borsa.
I forzisti si sbracciano invece perché l’operazione vada in porto in nome del «libero mercato» del Cav. Tornano invece a denunciare il «patto del Nazareno televisivo» i 5 Stelle e così Arturo Scotto, di Sel: «Non vorremmo che quel patto del Nazareno uscito dalla porta rientrasse dalla finestra».
Una brutta notizia per che ritiene che il disastro degli italiani e le sue conseguenze politiche sono in grandissima parte dovute al lavaggio del cervello compiuto idal dominio della televisione ,operato nei decenni scorsi. Una notizia che non sorprendie chi, a differenza dell'on. Scotto, ritiene che il patto del Nazareno non sia mai uscito ne dalla porta nè dalla finestra