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Paolo Berdini
I «saggi» bipartisan della ricostruzione a L'Aquila
13 Agosto 2010
Terremoto all'Aquila
Un comitato di industriali, sociostar ed archistar per risolvere un problema innanzitutto urbanistico: hanno proprio capito tutto. Il manifesto, 13 agosto 2010

I colpi contro il popolo aquilano non vengono soltanto dalle cariche della polizia a Roma. La scorsa settimana anche il presidente della regione e il sindaco di L'Aquila, nei ruoli di commissario e vice della ricostruzione hanno infatti picchiato duro, istituendo una commissione di "saggi" per coordinare gli interventi di ricostruzione che è un altro duro colpo alla popolazione. In perfetta sintonia bipartisan i due hanno nominato un validissimo economista come Paolo Leon, ben due sociologi (Bonomi e De Rita), nessuno storico della città e del territorio e altri tre autorevoli personaggi di cui sarà bene parlare.

Il primo è Cesare Trevisani, ad di Trevi finanziaria industriale, presidente e ad della Petreven, ad di Trevi spa, vice presidente e ad di Soilmec; vice presidente e ad di Drillmec. Sfugge, al di là della potenza di fuoco delle cariche ricoperte, il motivo della nomina. Entra infatti come referente per le infrastrutture e a noi non resta che domandarci se non c'era di meglio sul mercato degli esperti: esistono infatti decine e decine di tecnici validissimi che da decenni operano nel settore dell'innovazione tecnologica. È invece noto che siamo il paese con la più spaventosa arretratezza nel campo del settore infrastrutturale e non ci vuole la zingara per attribuire anche alla potente Confindustria un grave ritardo culturale. E chi scelgono Chiodi e Cialente? Un esponente di spicco dell'associazione, essendo Trevisani il vice presidente delle infrastrutture di Confindustria.

Solo per stomaci forti consigliamo di ascoltare l'intervista rilasciata dal nostro alla televisione regionale abruzzese in cui si esercita nel mantra confindustriale: bisogna abbassare le tasse per le imprese, etc. Tutte cose sacrosante, intendiamoci, ma che poteva declamare nel suo ruolo di vicepresidente. Invece le dice in qualità di membro di una commissione che - immaginiamo - verrà remunerata con i nostri soldi. E non è che Confindustria non fosse già dentro la partita aquilana. Anzi. A capo della struttura tecnica di missione siede Gaetano Fontana, già direttore generale del Ministero dei lavori pubblici, passato poi a direttore generale dell'Ance, associazione dei costruttori nazionali e da lì all'incarico aquilano. La pubblica amministrazione è come una porta girevole, si entra e si esce con grande disinvoltura.

Ancora più sconcertanti, se possibile, le altre due nomine. La prima riguarda Alvaro Siza, grande architetto di fama internazionale. Ma con le archistar non si ricostruiscono i centri storici ed è questa la vera urgenza aquilana. L'ennesimo grande nome chiamato soltanto per fare moina. Infine è stato nominato, Vittorio Magnano Lampugnani, anch'egli valente architetto. Grandi nomi dell'urbanistica non sono stati invece presi in considerazione. Pierluigi Cervellati, ad esempio, rese famosa l'Italia per le politiche di riabilitazione del contro storico di Bologna. Dal canto suo, Vezio De Lucia diresse la ricostruzione del centro storico di Napoli dopo il terremoto del 1980. Due urbanisti evidentemente sgraditi al circolo del pensiero unico.

Oppure si potevano chiamare i tecnici del comune di Foligno, dove a seguito del terremoto del 1997 è stato portato a termine un esemplare processo di ricostruzione senza clamori e senza grandi nomi. In questo caso, dava forse fastidio il rigore con cui si è ricostruito il volto di una città più piccola e con meno danni de L'Aquila. Oggi, infatti, si sentono affermazioni che non possono non preoccupare. Il Centro del 27 luglio riporta la seguente frase attribuita a Lampugnani: «Non si può pensare di ricostruire tutto com'era, ma occorre salvaguardare le grandi opere e i monumenti artistici presenti in città e in tutti i borghi del territorio». Forse gli aquilani che amano la loro città nella sua inscindibile unitarietà non saranno affatto d'accordo. Il dramma è che la politica bipartisan chiude ogni spazio di reale confronto. La ricostruzione è un fatto di pochi. Gli abitanti devono solo ubbidire a simili "saggi".

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