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Enrico Nardecchia
I prestanome della 'ndrangheta all'Aquila
31 Ottobre 2010
Terremoto all'Aquila
Le mani delle cosche sulla ricostruzione. Da Il Centro, 31 ottobre 2010 (m.p.g.)

Apripista. Prestanome. Affittacamere. Chiamateli così, quegli imprenditori aquilani i quali, alla ricerca affannosa di affari del post-terremoto, parlano ore e ore al telefono con gli uomini della'ndrangheta. Il calabrese chiede un appartamento per gli operai? Trovato. Il calabrese chiede di entrare in società? Trovato il notaio, società fatta. Il calabrese chiede lavori nella città devastata dal terremoto? Fatto. Accade poi che, un giorno, uno di quei calabresi viene arrestato, con altri 32, in una mega-operazione che riguarda i clan Borghetto-Caridi-Zindato decimati dalla Procura condotta da Giuseppe Pignatone e dalla Mobile di Renato Cortese, l'uomo che arrestò Bernardo Provenzano dopo 43 anni di latitanza, e Giovanni Strangio, oltre a scompaginare il clan dei Piromalli.

LE INTERCETTAZIONI Biasini: "Ho contratti per 1,8 milioni"

Per il gip del tribunale di Reggio Calabria la'ndrangheta ha messo gli occhi, e non solo, sulla ricostruzione dell'Aquila. Infatti, uno dei reati contestati agli arrestati è stato commesso «all'Aquila», si legge in un'ordinanza di 414 pagine del gip Andrea Esposito, «il 26 marzo 2010». Cos'è avvenuto? «Santo Giovanni Caridi e il commercialista Carmelo Gattuso», entrambi arrestati, «in concorso tra loro, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione, Caridi attribuiva fittiziamente al Gattuso la titolarità del 50 per cento della quota societaria della Tesi costruzioni srl, essendone in realtà Caridi Santo il reale titolare; con l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare la cosca mafiosa Borghetto-Caridi-Zindato di appartenenza del Caridi». La Tesi costruzioni, con sede in via Pescara, è una società della quale è comproprietario l'aquilano Stefano Biasini, poi divenuto amministratore unico.

CHI È BIASINI. Stefano Biasini, che tuttavia non risulta indagato dalla Procura reggina, è un costruttore edile, figlio di un noto geometra. Nato all'Aquila il 18 maggio 1977, è residente a Vasche di Pianola. Titolare della Edil B.R. costruzioni e appassionato di auto di lusso, a leggere le decine di intercettazioni telefoniche nelle quali compare il suo nome è il «gancio» aquilano per i personaggi calabresi. Biasini si dà un gran daffare per consentire a Caridi e al commercialista reggino Gattuso «di inserirsi», si legge nell'ordinanza, «nei lavori di ricostruzione a seguito del terremoto». Per il gip, Gattuso è il prestanome, per conto di Caridi, nell'ambito delle società attive nel territorio aquilano. La complessa vicenda è stata ricostruita da numerose informative della polizia giudiziaria. Caridi è entrato in due imprese «impegnate nell'esecuzione di lavori edili all'Aquila» e affida al commercialista «il subentro in una terza società». Secondo un'informativa riportata nell'ordinanza del gip, «già nel mese di gennaio 2010 Santo Caridi iniziava a intrattenere rapporti di evidente natura lavorativa con il costruttore Stefano Biasini».

L'AFFARE ABRUZZO. Oltre alle estorsioni in Calabria, le cosche reggine erano, e sono, interessate alla ricostruzione post-terremoto. La diversificazione degli interessi, così come avvenuto per i Casalesi nel caso scoppiato la scorsa estate (vedi articolo in alto) sembra trovare, ancora una volta, terreno fertile nel tessuto imprenditoriale cittadino. Secondo quanto emerge dalle carte, Caridi incaricò Gattuso di preparare un piano di sicurezza per l'imminente apertura di un cantiere all'Aquila e specificava che quanto richiesto era necessario proprio per permettere l'avvio delle attività delle imprese facenti capo a Stefano Biasini e Pasquale Giuseppe Latella, quest'ultimo indagato. I contatti dei calabresi con L'Aquila sono continui e costanti. Tra le prime richieste che evidenziano l'interesse di Caridi sull'affare c'è anche la ricerca spasmodica di un appartamento dove poter alloggiare gli operai provenienti dalla Calabria. Secondo quanto si è appreso, sia l'interessamento per reperire l'immobile sia i soldi del contratto di affitto sarebbero stati riconducibili allo stesso Biasini. Per i magistrati, da quel momento, è più che acclarato che Biasini e Latella stessero operando in stretta sinergia e, soprattutto, sotto la «direzione» di Santo Caridi.

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