Il manifesto, 21 agosto 2016 (c.m.c.)
Resistenza alla deportazione. Piccola cronaca della disobbedienza civile di chi si oppone al rimpatrio forzato dei migranti. Oltre 600 casi di obiezione fisica e di coscienza inceppano il piano di espulsioni del governo Merkel, con buona pace della campagna elettorale come della «Dichiarazione di Berlino» sulla sicurezza presentata giovedì dai ministri cristiano-democratici.
È la «politica della porta aperta» che consente di uscire dall’aereo all’ultimo minuto; il «Ce la facciamo» opposto a Mutti delle associazioni pro-asilo che cominciano a spiegare ai profughi i trucchi per aggirare i rimpatri. La prova che, come sempre, in Germania non tutti sono disposti a obbedire fino in fondo agli ordini delle autorità. A partire dai piloti dell’aviazione.
Sul sito Deutsche Welle (Dw) sono di pubblico dominio le “spigolature” della resistenza alla macchina delle espulsioni guidata dal ministro dell’interno Thomas De Maizière (Cdu). Nel primo semestre 2016, nonostante gli annunci del giro di vite sulle espulsioni (100 mila entro dicembre è la tabella di marcia del governo) i rimpatri di migranti si sono limitati a 35 mila casi certificati e non tutti andati a buon fine.
Di questi spiccano seicento «abbandonati» perché la polizia non è riuscita a completare la procedura, più che sintomatici dell’inceppo etico-legale alle deportazioni.
La situazione tipica è riassunta nella partenza dell’ultimo volo di ritorno per i profughi pronto all’allineamento sulla pista dell’aeroporto di Lipsia-Halle. «Il passeggero viene scortato da due agenti di polizia a bordo dell’aereo. Qualche minuto prima del decollo insieme ad altri rifugiati si rifiuta di partire, quindi inizia a urlare che non vuole allacciare le cinture di sicurezza. Infine spiega ai piloti che non sta viaggiando sotto la propria volontà» riporta Dw puntualmente, e ufficialmente visto che si tratta di un organo di informazione controllato dal governo. A quel punto il comandante comunica all’ufficiale di polizia che si rifiuta di decollare.
Oltre 330 deportazioni nel 2016 sono fallite perché il personale di volo ha preferito seguire le regole sulla libertà del «passeggero» che il foglio di via al migrante espulso della polizia federale. In 160 casi è intervenuto personalmente il comandante a spiegare che «non avrebbe preso a bordo nessuno se non dopo la conferma della volontà dei passeggeri di far ritorno nel “Paese sicuro” di destinazione».
Spicca il nein di 46 piloti della compagnia di bandiera Lufthansa ma anche di 23 di Air Berlin e di 20 in servizio a Germanwings. Per ben 108 volte sono riusciti a far abortire il take-off dell’aereo affittato dal governo accogliendo il rifiuto “last-minute” dei profughi al rimpatrio.
In maggioranza chi resiste è iracheno, siriano, afghano o somalo ma c’è anche chi ha il passaporto di Eritrea, Gambia, Camerun. A loro il sito w2eu fornisce le dritte per opporsi alla deportazione, una serie di «independent information for refugees» fondamentali per orientarsi nella trincea delle espulsioni: «Di solito basta un sonoro “No” quando si viene fatti sedere nell’aereo. Se non funziona, è utile iniziare gridare, buttarsi sul pavimento dell’aereo o praticare altre forme di disobbedienza passiva».
Succede così a Lipsia come a Francoforte, altro hub da cui partono i voli di ritorno dei profughi, e si può fare anche perché sulla polizia “pesa” il caso di un migrante che nel 1999 morì durante la deportazione. Da allora in Germania le forze dell’ordine hanno l’ordine scritto di «rendere il processo trasparente e in linea con i Diritti umani».
Per questo il numero di rimpatri non segue l’«accelerazione delle espulsioni» chiesta dal governo quanto dall’opposizione di Alternative für Deutschland. Come se non bastasse, in 37 dei casi abbandonati dalla polizia la deportazione non è riuscita perché «il Paese di origine ha rifiutato l’ingresso al connazionale» riporta sempre Dw.
Briciole comunque nel mare di respingimenti che non si ferma. Nonostante i relativamente pochi casi eseguiti, i rimpatri aumentano. Da gennaio a giugno in Germania si è registrato il 50% di “partenze” in più rispetto all’intero 2015. Ai confini della Baviera la polizia di frontiera ha bloccato 13.324 migranti contro gli 8.913 di 12 mesi fa.