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«I nuovi approdi servono solo a fare affari»
24 Maggio 2010
Articoli del 2010
L’affare dei porti turistici gestito come speculazione edilizia, mentre in Francia altri modelli tutelano le coste dall’assalto del cemento. Su Il Tirreno, 24 maggio 2010 (m.p.g.)

Per Andrea Filpa, docente di urbanistica all’università di Roma 3, troppo spesso la costruzione di nuovi porti turistici è legata alla voglia di realizzare investimenti edilizi consistenti e fare affari a scapito del territorio.

Si vogliono costruire nuovi porti: ce n’è davvero bisogno?

«I posti barca ci sono, dovremmo chiederci se la richiesta è spinta da una reale domanda o da una richiesta di investimento. Dovremmo guardare alla Francia: la Bretagna che ha preferito preservare l’equilibrio delle proprie coste costruendo cale secche, piuttosto che nuovi porti».

In cosa consistono?

«La barca resta parcheggiata a secco e viene calata in acqua solo quando viene usata: è una soluzione economica che non rovina le coste. La mia impressione è che in Toscana l’investimento nel porto barca abbia sostituito l’investimento nelle seconde case. La soluzione della cala secca ha un difetto, non consente di trasformare la costruzione del porto in un affare».

Cosa pensa delle edificazioni realizzate a corredo dei porti?

«La concezione in voga dagli anni Sessanta in poi ha trasformato la realizzazione di un porto turistico in un volano per un investimento edilizio molto elevato. Gli esempi di Cala Galera e di Punta Ala sono, purtroppo, significativi. Certo, un porto ha bisogno di alcuni servizi, ma non è sempre detto che ci si debba reinventare una città, con residenze, alberghi e negozi».

E’ mancata un’opera di programmazione?

«Mi meraviglia che la Regione abbia impostato una giusta politica di contenimento delle costruzioni negli ambienti rurali, per salvaguardare le colline, e non abbia pensato di fare altrettanto per quanto riguarda il litorale. C’è solo un divieto a realizzare nuovi porti sulle coste sabbiose che viene tranquillamente disatteso, come nel caso di Talamone, con un’operazione che formalmente è di riqualificazione, ma in realtà è di costruzione di un nuovo porto. Se la Regione non svolge con convinzione un ruolo di programmazione rischia di dare spazio a singole iniziative che possono portare a costruire un porto in ogni Comune».

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