Il manifesto, 24 dicembre 2013
Ma non li facciamo a tutti gli altri che collaborano con il silenzio, l’ipocrisia o l’indifferenza a mantenere quella vergogna. Primo dell’elenco, il partito di Chaouki, il Pd, che quei centri li ha inventati (con il nome di Cpt) grazie a Livia Turco e all’attuale presidente della Repubblica, e non si è mai sognato di chiuderli. E non parliamo degli attuali compagni di strada del Pd, a cominciare da Alfano, il cui partito approvò la Bossi-Fini nel 2002 e quindi è in tutto e per tutto corresponsabile delle norme più stupide e vessatorie, come i 18 mesi di detenzione nei Cie e il reato di immigrazione clandestina.
Non ci sentiamo di fare nessun augurio nemmeno al governo, il quale, dopo lo scandalo delle docce anti-scabbia e le proteste di Ponte Galeria, pensa di abbreviare la detenzione nei Cie, ma solo per rendere le espulsioni più facili.
Non li facciamo nemmeno a quei parlamentari 5 stelle che hanno cominciato timidamente a discutere dell’abolizione del reato di immigrazione clandestina, ma sono stati immediatamente zittiti da Grillo e Casaleggio, e hanno lasciato perdere, dando una notevole prova di coerenza, coraggio e indipendenza. Per non parlare del blog di Beppe Grillo, che ogni giorno strepita contro la casta e fa pubblicità ad automobili, assicurazioni e compravendite d’oro, ma sulla questione dei Cie tace rigorosamente, per non scontentare la parte forcaiola del proprio elettorato.
Non abbiamo nulla da augurare nemmeno alle cooperative, magari aderenti alla Legacoop, che gestiscono Cda e Cie, e si giustificano con la scusa puerile che, se non lo fanno loro, lo farà qualcun altro. Che cosa non si fa per lucrare sui 50 euro giornalieri che lo stato spende per ogni internato!
Meno che mai facciamo gli auguri a Cecilia Malmström, commissario Ue per la giustizia e gli affari interni, che oggi fa finta di indignarsi per Lampedusa ma pochi giorni fa ha siglato un accordo con la Turchia sui migranti irregolari che, in sostanza, prevede la libera circolazione dei cittadini turchi nei paesi dell’Unione in cambio della disponibilità di Ankara a riprendersi clandestini e immigrati. Insomma, i migranti come merce di scambio per il lento e fatale avvicinamento della Turchia all’Europa.
La questione dei migranti, degli sbarchi e dei centri di internamento sparsi in tutta Europa e nei paesi satelliti di Asia e Africa, è la prova della falsità con cui la Ue affronta, nel complesso e paese per paese, la povertà estrema che la lambisce. Esclusivamente interessata a difendere il suo precario benessere, debole con i forti (la grande finanza, gli Usa che la spiano come e quando vogliono), l’Unione è implacabile con i deboli, a cui elargisce solo detenzioni e invisibilità, naturalmente ammantandole con il linguaggio dei diritti e della giustizia.
E così, davanti a un’ingiustizia così abissale e rimossa da tutti, non auguriamo nulla nemmeno a quel bel coacervo di egoismi nazionali e trans-nazionali che va sotto il nome di Europa