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Fabrizio Bottini
I capannoni della Zia T.O.M.
14 Maggio 2008
Padania
Inizia a comporsi, un segmento per volta, nella regione milanese, il grande (e pericoloso per lo sprawl che consapevolmente induce) disegno della Traiettoria Orbitale Metropolitana

Il futuro della padania sta anche in Danimarca.

Un recente articolo [1], racconta come nel piccolo paese nordeuropeo stiano iniziando a emergere i primi risultati pratici del già notato (dalla stampa economica) passaggio in forze dei maghetti finanziario-amministrativi al settore delle energie rinnovabili. Nel caso specifico, una joint-venture istituzionale e di impresa sta sviluppando con tecnologie esistenti e sperimentate un sistema regionale di trasporti dove si sommano virtuosamente auto elettrica e turbine a vento. Essenzialmente a riprodurre la medesima rete territoriale e organizzativa che ben conosciamo, dei veicoli privati e delle stazioni di rifornimento. Con buona pace, almeno potenzialmente, dei declinatori locali di crisi petrolifere globali, e di futuri autarchici su asini, o neotecnologicamente rigidi lungo linee di metropolitane leggere.

Insomma, a quanto pare la macchina in garage e fuori dovremo tenercela ancora per un bel po’, e fiduciosi gli strateghi padani spingono per farla arrivare ovunque, ad esempio a quell’infinita promessa di hub che sta nelle brughiere di Malpensa. È passata un po’ in sordina, inaugurata da un ministro dimissionario e in piena crisi di mercato e occupazionale dell’aeroporto, l’inaugurazione della nuova bretella stradale Magenta-Lonate Pozzolo, più nota (ma mica tanto di più) dal nome dei due svincoli di Boffalora-Malpensa.

Le polemiche a proposito hanno riguardano ovviamente sia l’utilità dell’opera, a servizio di quello che rischia di diventare uno dei tanti scali padani in balia di un mercato internazionale a montagne russe, che l’attraversamento di un’area parallela al corso del Ticino e relativo parco regionale. C’è però dell’altro, di cui certo si parla, ma molto meno di quanto si dovrebbe.

Un aspetto lo si nota annusando meglio da vicino il tracciato. Comincia con una grossa rotatoria sulla Padana Superiore lungo la circonvallazione di Magenta (poco prima della discesa nella valle del Ticino) e dopo lo svincolo con la Milano-Torino al casello di Boffalora prosegue a quattro corsie in trincea, con lunghi tratti coperti a farsi notare un po’ meno, per 19 chilometri, fino a congiungersi poco prima di Malpensa al prolungamento dell’altro raccordo, dall’Autostrada dei Laghi. La cosa più interessante, però, si nota da fuori.

Qualche tempo fa, un responsabile della pianificazione di coordinamento dell’area mi raccontava dell’insistenza delle amministrazioni per ottenere una o più uscite all’interno del proprio territorio. E usandole appunto per uscire dalla trincea, queste uscite, una dopo l’altra, e facendosi un giretto nei paraggi, si capisce anche perché. Bei terreni piatti, aperti, molto lontano dall’abitato, serviti dalla strada che, vecchia o nuova, collega il vecchio tracciato della Padana Superiore-Malpensa a questo nuovo. E il pensiero corre a quei terreni, identici, che negli anni ’60 formavano le ampie fasce laterali della superstrada dall’Autolaghi a Malpensa, e su cui ora si ammassa di tutto, a formare un “paesaggio” degno del migliore James Ballard.

È quello, il tipo di sviluppo a cui si pensa per questi altri 19 chilometri, magari con qualche siepe in più, e tonnellate di dichiarazioni sull’ineffabile “misura d’uomo” di tutto quanto? Il decantato capitalismo molecolare sceso dalle valli a dilagare in pianura, spinto dall’impulso di fantasiosi cantori, e nuovi equilibri politici più o meno locali, si riprodurrà soprattutto in molecole di cemento e asfalto? E non è finita, ovviamente.

Non è finita, perché come sanno benissimo gli oppositori dei vari tratti di questo grande disegno, qui si tratta appunto di quella che Patrick Geddes avrebbe a modo suo definito man reef, madrepora umana, ma che nell’attuale crisi ambientale rischia di esprimersi come micidiale crosta, a soffocare il poco che resta dell’ambiente naturale di un’area immensa.

Sulla linea intermedia degli sbocchi di valle a nord del capoluogo, quella che ironizzando Guido Martinotti chiama “la città infinita che comincia a Varese e finisce a Bergamo” [2] sta nascendo l’autostrada Pedemontana, fortemente voluta in modo bi-partisan dai principali decisori, e recentemente riverniciata da un positivo progetto di compatibilizzazione del tracciato.

Lungo la fascia occidentale della regione metropolitana, parallela alla valle del Ticino, si sviluppa per ora “solo” il raccordo appena descritto, dall’Autolaghi, a Malpensa, alla Milano-Torino. Però bisogna a questo punto tornare a quella rotatoria sulla Padana Superiore, da cui eravamo partiti per la prima ricognizione.

Da quella rotatoria, guardando verso est, si nota un cavalcavia con un cartello che annuncia la strada Est Ticino. Imboccando quel percorso, dopo un centro commerciale termina l’abitato di Magenta, e la strada prosegue molto stretta attraversando prima un quartiere di Robecco, poi dopo uno stretto ponte sul Naviglio e la zona industriale imbocca la circonvallazione di Abbiategrasso, dove si raccorda con altre direttrici.

Un giro fra strade locali e aggirando centro storici semipedonalizzati, per adesso. Solo per adesso, perché come si vede bene anche nella tavola infrastrutture del Piano territoriale provinciale, da quella rotatoria sulla Padana dovrebbe partire, nella direzione opposta a quella per Malpensa, anche il cosiddetto “Collegamento veloce Abbiategrasso-Tangenziale Ovest”. Che da Magenta attraversa tutte le aree “libere” a nord del Naviglio fra i territori comunali di Robecco e Cassinetta di Lugagnano, e più o meno all’altezza del nucleo di Albairate si innesta sul tracciato della provinciale esistente che taglia trasversale la profondità del Parco Sud fino a ricongiungersi alla Tangenziale Ovest, svincolo di Cusago.

Non è un caso che le opposizioni più decise a questo nuovo raccordo che appare slegato da esigenze locali e “ orientato a servire traffici di lunga percorrenza[3]” vengano da parte del comune di Cassinetta di Lugagnano, significativamente impegnato in un nuovo documento di Piano di Governo del Territorio orientato alla “crescita zero”, ovvero al contenimento massimo del consumo di suolo. Con il nucleo centrale urbanizzato compatto e circondato dalla corona delle aziende agricole, che come si intuisce anche solo osservando il tracciato della nuova arteria vedrebbero gravemente compromessa l’unitarietà insediativa e funzionale. E questa opposizione di principio, alla logica stessa che sottende quanto a prima vista apparirebbe come un forse inadeguato ma abbastanza innocuo adeguamento viabilistico (paesaggio e agricoltura a parte, naturalmente), si capisce meglio scorrendo i paragrafi iniziali di un altro documento di Osservazioni al progetto, dove a titolo di premessa si afferma, più o meno: si discute di seguito il collegamento Magenta-Abbiategrasso-Milano, ma lo sappiamo anche noi, che state pensando alla Tangenziale Sud.

In particolare: “ La reale finalità del progetto è quella di creare un nuovo tassello per la realizzazione di quel secondo anello tangenziale di cui si parla oramai da più di quindici anni e che recentemente è tornato alla ribalta anche con i progetti Pedemontana e Tangenziale Est esterna (e che il Ministro Lunardi chiama Grande raccordo Anulare, sul modello di quello romano). Non possiamo non evidenziare, con un certo sgomento, le ripercussioni, da un punto di vista urbanistico, sul territorio della provincia milanese[4].

Ecco, di cosa si sta parlando.

Ecco, qual è il senso complessivo di quelli che vengono presentati e discussi sulla stampa come “opere”, e che invece sono soltanto tasselli di un grande piano di dimensioni più che metropolitane, e che va anche ben oltre il pur enorme anello della viabilità di tipo autostradale e delle opere di raccordo connesse.

Val la pena tornare, ancora, al vecchio raccordo Autolaghi-Malpensa, a cos’era negli anni ’60 e cosa è diventato oggi, coll’impasto di capannoni, villette, sotto e sovrappassi buttato lì un po’ a caso, quasi si trattasse di un’autostrada urbana entrata a tagliare il vivo dei quartieri preesistenti, e non di corsie posate più o meno nel vuoto delle campagne fra l’abitato di Busto Arsizio e quello di Gallarate. O magari, col senno di prima e di poi, farsi un giretto dall’altra parte dell’area metropolitana, oltre i ponti sull’Adda a vedere cosa sta provocando il tracciato virtuale della Bre.Be.Mi. prima ancora che venga mossa una zolla di terra dei cantieri. Centri commerciali, nuove zone artigianali, bretelle, raccordi, rotatorie, circonvallazioni, e a colmare il poco che resta qualche bel nuovo quartiere di villette “a dieci minuti da …”.

Naturalmente questa T.O.M. Traiettoria Orbitale Metropolitana non la si vede su nessuna mappa, così come non si vedono ancora le formazioni compatte dei nastri di capannoni che arriveranno prima o poi a popolarla, cancellando definitivamente qualunque idea di territorio agricolo o greenbelt, per quanto discontinua. Ma basta ricalcare con un dito la Pedemontana e poi proseguire verso sud a piacere: verso Malpensa sul lato ovest parallelo al Ticino, lungo la TEM a est, su quello dell’Adda. Da un lato si arriva, come detto, a quella rotatoria della Padana Superiore sulla circonvallazione di Magenta. Dall’altro, ancora virtualmente, ci si raccorda dalle parti di Melegnano con tracciato della A1, nelle campagne che puntano verso la zona di Bascapè, ancor oggi posto famoso solo perché ci è caduto l’aereo di Mattei tanti anni fa. Ma l’idea c’è, e ben chiara, come spiega ad esempio un articolo trovato abbastanza a caso sul web e che decanta le potenzialità di un centro logistico collocato lungo “ il tracciato della futura tangenziale esterna sud di Milano, che partendo da Agrate (A4) raggiungerà Melegnano, Binasco e l’aeroporto di Milano Malpensa[5]. Quel centro si trova adiacente all’abitato di Lacchiarella, lungo la Melegnano-Binasco, a qualche centinaio di metri dal berlusconiano Girasole, guarda caso posizionato lungo la medesima direttrice. Che conclude logicamente la T.O.M nel tratto residuo, dai campi di Bascapè a quelli di Cassinetta di Lugagnano.

E iniziano ad assumere senso più compiuto e meno episodico, anche dal punto di vista di una vera e propria strategia territoriale, ad esempio le cosiddette varie proposte “ammazzaparchi” che tante polemiche continuano a suscitare. Oppure il nuovo progetto di legge lombardo che nel caso di opere a carattere autostradale mira alla “ valorizzazione massima delle aree infrastrutturali, comprese le aree connesse[6], ovvero a promuovere insediamenti a nastro di carattere prevedibilmente commerciale e di servizio, e altrettanto prevedibilmente assai simili a quanto visto crescere sinora nei casi analoghi.

Si capisce anche meglio qual’era e qual è, il vero oggetto del contendere dei sindaci delle fasce esterne vogliosi di “nuove espansioni urbane”. Che solo in minima parte pensano a servizi per i propri cittadini, o ai – piuttosto pateticamente - citati nuovi alloggi per le giovani coppie costrette altrimenti a cambiare comune. I nuovi e certamente non piccoli quartieri di espansione residenziale andranno invece quasi certamente ad offrirsi ai milanesi priced-out dall’enorme processo di trasformazione e “valorizzazione” urbana del capoluogo. I nuovi insediamenti produttivi, commerciali, di servizio avranno invece la classica crescita a nastro indifferenziata vista sinora, a rafforzare l’effetto barriera dell’infrastruttura stradale e a spingere forse verso la realizzazione di nuove radiali a raccordo fra i due anelli.

Per la grande fascia di verde agricolo pare scontata con queste premesse la scomparsa in quanto tale, con buona pace dei mercatini di vendita diretta dei “prodotti del territorio” lanciati di recente a Milano. Auspicando un buon uso delle tecniche di compatibilizzazione e attenuazione degli impatti locali, si può anche sperare in un relativo mantenimento di alcuni corridoi, o magari anche di un sistema con qualche tipo di continuità, come quello tentato ora nel quadro del Piano Territoriale Provinciale nella fascia nord dell’area metropolitana.

Ma forse è il caso di fermarsi per il momento qui, e chiedersi: è questo che vogliamo?

Nota: di seguito scaricabile il pdf di questo articolo con qualche immagine che (forse) aiuta a capire meglio (f.b.)

[1]Andrew Williams, “Traffic goes electric green”, Green Futures, 15 aprile 2008

[2] Guido Martinotti, “La Città Diffusa: costi e vantaggi”, intervento al Festival Città Territorio, Ferrara 18 aprile 2008

[3] Alfredo Drufuca, Osservazioni al progetto preliminare del collegamento tra la SS11 a Magenta e la Tangenziale Ovest: aspetti trasportistici, giugno 2003

[4] Associazione Parco Sud Milano – EcoAlba Albairate – NaturArte Magenta – Legambiente circolo “I Fontanili” Cisliano – Comitato per il Programma Mab nel Parco del Ticino – Il Germoglio Cisliano, Osservazioni in merito al progetto denominato “Collegamento tra la SS11 “Padana Superiore a Magenta e la Tangenziale ovest di Milano”, 2004

[5] Marco Cattaneo, Milano Logistic Center: un nuovo Polo per il Sud Milano, sito http://www.logisticamente.it 9 luglio 2003

[6] Regione Lombardia, progetto di Legge n. 0226, Infrastrutture di Interesse Concorrente Statale e Regionale, presentato il 3 aprile 2008

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