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Alessandra Longo
I bambini profughi adottati da Fiumicino in fuga dalla guerra con un biglietto aereo
1 Agosto 2016
2015-EsodoXXI
«I genitori di questi minori conoscono i meccanismi di accoglienza, fanno un investimento sul futuro. Alcuni migranti minori adottati da Fiumicino sono ospitati in un centro accoglienza a Passoscuro che ha una capienza di 14 posti
«I genitori di questi minori conoscono i meccanismi di accoglienza, fanno un investimento sul futuro. Alcuni migranti minori adottati da Fiumicino sono ospitati in un centro accoglienza a Passoscuro che ha una capienza di 14 posti»

La Repubblica, 1 agosto 2016 (c.m.c.)

Scappano dalla guerra, dalla fame, dalle tragedie familiari. Sono minori tra i 10 e i 16 anni (in possesso di documenti spesso farlocchi). Diventano “figli” di Fiumicino perché arrivano in aereo da soli, il cartellino con il loro nome appeso al collo, e devono, per legge, essere presi in carico dal Comune che ospita lo scalo internazionale. Sono più o meno cento all’anno e il loro tutore, di tutti e cento, è il sindaco Pd di Fiumicino, Esterino Montino.

Si sapeva delle traversate drammatiche sui barconi. Nelle notti umide, con il mare ostile, abbiamo visto ragazzini soli, spaesati, con il giubbotto arancio in mezzo agli adulti stremati. Ma di questa altra modalità, l’arrivo in aereo, con finti accompagnatori che poi svaniscono nel nulla o finti parenti che dovrebbero attenderli a Fiumicino ma, in realtà, non si fanno vedere, di questo modo di fuggire verso il futuro, si conosce ben poco. Pochi giorni fa un aereo partito da Kinshasa ha trasportato quattro fratelli, il più piccolo di nove anni. Nuovi figli di Fiumicino.

Come funziona ce lo spiega il sindaco- tutore che si ritrova responsabile di questi ragazzini fino al compimento della maggiore età: «In genere dietro di loro ci sono famiglie più istruite che conoscono bene i meccanismi di accoglienza internazionali, famiglie che hanno almeno un parente che è in grado di pagare il biglietto aereo. Sono minori africani, somali, eritrei, nigeriani, anche molti afghani. Il ragazzino parte da solo, perfettamente istruito. Se ha meno di 15 anni c’è con lui un finto accompagnatore che poi sparirà all’arrivo. Bugia rodata: «In Italia mi aspetta lo zio Mohammed, amico di famiglia». È un viaggio per sempre, è l’investimento della famiglia sull’adolescente destinato altrimenti a vivere una vita misera tra fame o guerra, o tutte e due le cose insieme».

A Fiumicino, come in una piece teatrale, questi ragazzini attendono per molte ore che qualcuno li venga a prendere, sapendo bene che nessuno lo farà. Una volta accertato che sono soli al mondo, la polizia italiana fa le sue indagini preliminari e poi li affida al Comune. Di Fiumicino, naturalmente. Ed entra in scena il sindaco-tutore: «A mia volta chiamo il nostro servizio deputato. Abbiamo assistenti sociali, psicologi, personale qualificato».

I ragazzi cominciano a parlare, a raccontare le loro storie che nessuno può veramente controllare. La macchina del Comune si mette in moto, si cerca un posto dove ospitarli. Il Centro di Passoscuro può tenere fino a 14 minori. È quasi sempre pieno e la ricerca continua finché i nuovi arrivati sono tutti sistemati in luoghi adeguati, anche fuori regione, per esempio in Umbria. Ma è sempre Fiumicino che veglia e paga, dice il sindaco. Quanto? «La spesa - calcola Montino - si aggira mediamente intorno al milione di euro all’anno». 60, 90 euro al giorno per ragazzino.

Paga tutto il Comune, con un modesto contributo del Ministero degli Interni che arriva dopo anni. Un impegno finanziario enorme, un piccolo Comune che svolge «una funzione nazionale », fa notare parecchio preoccupato Montino. In questo momento il sindaco-tutore ne ha in carico una settantina.

Prendono lezioni di italiano, vanno a scuola, fanno sport, seguono corsi professionali. Nessuno vuol tornare da dove è arrivato. Un venti per cento, quelli più grandi, dopo una ventina di giorni scappa. Hanno parenti al Nord, in Germania, in Svezia, e tentano di raggiungerli. Gli altri rimangono, vengono allevati in Italia, i loro familiari, con cui a volte rimangono in contatto, almeno i primi tempi, hanno scommesso su questo.

Simona Baiocco, psicologa, responsabile del Centro di Passoscuro, ne parla come di figli: «Per ognuno di loro abbiamo un progetto e un percorso». Ahmed (nome di fantasia) compirà 18 anni tra pochi giorni e dovrà lasciare quella che è stata casa sua per quasi due anni. È arrivato in aereo dal Congo, il biglietto pagato da un giornalista che l’ha incontrato nel campo dove era ospitato. Orfano di madre, il padre militare ucciso. È bravissimo a scuola, fa palestra.

Una storia che sembra a lieto fine. Ora il Comune gli ha trovato una famiglia affidataria. Per il somalo Samir dimenticare è più difficile. Gli hanno ammazzato il fratello sotto gli occhi e lui si è salvato solo fingendosi morto. La madre è impazzita dal dolore, il padre è stato ucciso. Uno zio gli ha dato i soldi per l’aereo: «Vola via Samir e dimenticaci». Anche lui è diventato un figlio di Fiumicino.

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