«I migranti rifiutano l’identificazione. E tra le tante domande senza risposta la più importante è: basta la provenienza per stabilire in 48 ore se chi sbarca col volto stravolto e occhi imploranti è profugo o migrante economico? Siria sì, Nigeria no».
La Repubblica, 1 ottobre 2015 (m.p.r.)
Lampedusa. I primi quindici migranti sono già scappati. Identificati qui nell’ hotspot sperimentale di contrada Imbriacola, inseriti nel registro delle quote europee, trasferiti sulla terraferma, nell’hub di Villa Sikania a Siculiana (Agrigente) in attesa di essere inviati nel Paese di destinazione. Scappati. Via, a cercare il primo treno o a farsi prelevare dall’autista dell’organizzazione di trafficanti per l’ultima tratta del loro viaggio nel tentativo di raggiungere la destinazione scelta da loro. E non dall’Europa.
Esattamente come succedeva prima del 21 settembre, quando è partita la sperimentazione del primo dei sei hot spot chiesti dall’Europa per l’identificazione dei migranti che arrivano dal Canale di Sicilia: Lampedusa, Pozzallo, Trapani, Porto Empedocle, Augusta,Taranto. E qui a Lampedusa l’atmosfera è già tesa. Non solo perché, come non accadeva più da tempo, gli ospiti in pochi giorni sono già oltre 600, impauriti dal diffondersi delle voci di meningite, già smentiti dai medici dopo gli esami a cui sono stati sottoposti una dozzina di migranti arrivati con sintomi preoccupanti.
C’è tensione perché nessuno sa come fare a mettere in pratica quelle che, sulla carta, sarebbero le direttive europee. «Come dovremmo fare a convincere questi migranti a lasciarsi identificare e a farsi prendere le impronte? Non possiamo obbligarli e lo sanno tutti che la maggior parte di loro non intende farlo neanche ora con la prospettiva delle quote, che per altro non sanno neanche cosa sono», dice uno degli operatori da 48 ore alle prese con un gruppo di 300 eritrei sbarcati da una delle navi che pattugliano il Canale di Sicilia.
Eritrei, ma soprattutto egiziani, nigeriani, senegalesi, marocchini, pachistani. Di siriani sui barconi che affrontano la traversata non se ne vedono più da settimane. Gli ultimi “arrivi” dirottati sui porti siciliani non partono neanche più dalla Libia. Le barche hanno ripreso a salpare dai porti egiziani, trasportano per lo più “migranti economici” che, difficilmente, nelle prime 48 ore in un hotspot potranno dimostrare di avere diritto a chiedere protezione internazionale. E che, quindi, in teoria dovrebbero essere respinti immediatamente. Ma come,e soprattutto quando? Se lo chiedono a Lampedusa dove, tra la gente, ha ripreso a serpeggiare il timore che, nel giro di pochi mesi, l’isola possa tornare a essere assediata da migliaia di persone vista l’oggettiva difficoltà ( anche in assenza di accordi bilaterali con i Paesi coinvolti) di organizzare rimpatri di massa.
«Hot spot, hub rischiano di rimanere parole vuote - dice il prefetto di Trapani, Leopoldo Falco, da due anni impegnato personalmente nella trincea dell’accoglienza ai migranti - l’Europa deve avere chiaro che qua noi innanzitutto salviamo vite umane. Se si vuole caricare sulla prima linea anche questo lavoro, bisogna innanzitutto investire in risorse. Non si può chiedere all’Italia, alla Sicilia di fare hot spot a costo zero. Qualcuno lo sa cosa significa identificare queste persone? In un’ora se ne possono fare sei, sette. Con i numeri che abbiamo significa caricarci di centinaia di ore di lavoro senza alcuna certezza. E se, come spesso accade, i migranti si rifiutano di farsi prendere le impronte, gli operatori delle forze dell’ordine non hanno altro da fare che una cosa inutile e formale: farsi dire dal migrante il nome che vuole, annotarlo e poi, dopo 48 ore, lasciarlo libero.La legge non prevede altro, noi non abbiamo nessuno strumento per trattenerli. In teoria si dovrebbe arrivare alle espulsioni, in teoria».
Al momento, dunque, si naviga a vista. Al centro di accoglienza di contrada Imbriacola di Lampedusa, nelle due stanze approntate a tempo record dalla questura di Agrigento lavorano solo i poliziotti della scientifica. Così come avveniva prima. Del pool di esperti che dovrebbe arrivare da Frontex, da Europol, dall’Eso, non c’è ancora alcuna traccia. E tra le tante domande senza risposta che qui, e presto anche negli altri hot spot, ci si trova ad affrontare la più importante è: basta la provenienza per stabilire in 48 ore se questi uomini e donne che sbarcano con i volti stravolti e gli occhi imploranti sono profughi o migranti economici? Siria sì, Nigeria no.
Sarà anche per questo che adesso tutte le nigeriane che arrivano dicono di essere scappate da Boko Haram.