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Loretta Napoleoni
Ha senso salvare l’Europa sacrificando gli europei?
13 Maggio 2010
Articoli del 2010
Dubbi sull’efficacia, oltre che sull’equità, delle decisione finanziaria dell’Europa. L’Unità, 12 maggio 2010

La Banca Centrale europea acquisterà obbligazioni dei paesi deficitari. Cioè venderà titoli «buoni» per prendersi quelli «tossici». Chi pagherà questa operazione? I già indebitatissimi contribuenti...

Torna la sfiducia sui mercati e ieri l’Italia, per collocare l’ennesima emissione, ha dovuto maggiorare il tasso d’interesse. Possibile che mille miliardi siano insufficienti a ripristinare la fiducia nel debito sovrano di Eurolandia? Ecco qualche cifra per aiutarci a rispondere a questa scomoda domanda. I soldi stanziati equivalgono all’8,4% del PIL dell’Unione Europea, ma coprono il 10,6% del suo debito pubblico complessivo, poca cosa quindi. Bastano appena a coprire fino al 2012 il deficit del Portogallo, della Spagna e forse anche dell’Irlanda (500 miliardi di euro), ma se il contagio si estende anche all’Italia e al Belgio, allora bisognerà ricorrere a ulteriori iniezioni di denaro. I mercati si chiedono dove troveremo tutti questi fondi, ricorrendo a un ulteriore indebitamento? Poiché non illudiamoci è il debito il cavaliere bianco che dovrebbe salvare dalla bancarotta la giovane moneta europea.

Tutti sanno che l’Europa non ha a disposizione la liquidità stanziata nel fine settimana e quindi la deve creare. E lo farà indebitandosi. La Commissione Europea venderà obbligazioni per 60 miliardi di euro usando come collaterale i 141 miliardi stanziati per il suo bilancio. Questi soldi andranno a rimpinguare il fondo d’emergenza della bilancia dei pagamenti europea, già usato nel 2008 per correre in aiuto di altri paesi dell’Unione: Lituania, Romania e Ungheria. Allora però l’esborso fu di appena 15 miliardi di euro.

I paesi membri ed il FMI stanzieranno 440 miliardi di euro; l’ammontare che ogni stato dovrà fornire dipenderà naturalmente dal peso economico che ciascuna nazione riveste nell’Unione, ciò significa che i tedeschi dovranno pagare di più dei portoghesi. Ma dato che nessuno ha a disposizione tanto contante tutti andranno sul mercato e venderanno obbligazioni, in altre parole s’indebiteranno.

In un déjà vudell’acquisto dei beni tossici delle banche da parte del Tesoro americano, la Banca Centrale europea s’impegna poi a intervenire sul mercato internazionale per acquistare le obbligazioni dei paesi deficitari, spingendosi fino al mercato repo, quello dove finiscono quelle spazzatura prima di andare in bancarotta, e le acquisterà ogni volta che sarà necessario. E dato che non ha fondi a sufficienza per farlo dovrà vendere titoli “buoni” per acquistare quelli “tossici”. Tutte queste decisioni, naturalmente, vanno contro gli accordi di Maastricht e di Lisbona che vietano alla Banca Centrale Europea di comportarsi come una banca centrale di uno stato sovrano.

Non è però detto che questa strategia funzioni o che basti ad arginare la sfiducia nel debito sovrano dei mercati. Sebbene sulla carta il grande salvataggio di Eurolandia sembri perfetto ed infatti lunedì i mercati si sono concessi una giornata di totale euforia -, in pratica però si tratta di un gigantesco indebitamento di cui nessuno è a conoscenza delle modalità. Tra le domande che gli operatori si pongono ce ne sono alcune che pesano più di altre: il fondo di stabilità è una garanzia di solvibilità o un semplice fondo? Il mercato vuole sapere cosa succederà quando non ci saranno più soldi nelle sue casse e bisognerà “salvare” l’ennesima nazione. Quali le condizioni per accedere al fondo e chi lo monitorerà, l’UE, il FMI o tutti e due? Quando entrerà in vigore e sarà operativo questo fondo?

Ma anche se trovassimo una risposta a tutte le domande tecniche esistono dietro l’angolo altri ostacoli: il meccanismo di salvataggio proprio perché va contro lo spirito dell’Unione e poggia sull’indebitamento dovrà essere ratificato dai parlamenti di ciascun paese ed in alcuni di questi, ad esempio la Germania e l’Olanda, questa potrebbe essere un’impresa non facile. L’intervento della BCE anche se “sterilizzato”, e cioè tenuto lontano dalla creazione di moneta nell’Unione, rappresenta una minaccia per l’indipendenza delle banche centrali e farà gravitare le aspettative di inflazione e naturalmente la posizione debitoria di Eurolandia. Infine rimane la questione della ristrutturazione del debito dei paesi deficitari. La Spagna ha già detto che quest’anno taglierà il deficit dell’0.5% e dell’1% l’anno prossimo, con un tasso di disoccupazione al 22% ci si chiede come farà a farlo. Il Portogallo ha annunciato tagli dell’1% nel 2010 e del 1,5% nel 2011, ma si tratta di poca cosa di fronte alle dimensioni del debito pubblico europeo.

Il problema più serio è chi nel lungo periodo si accollerà il debito, i già indebitatissimi contribuenti europei? E tutte le piazze affari concordano che costoro non ce la fanno a tirare ulteriormente la cinghia. A che serve salvare l’Europa se per farlo dobbiamo sacrificarne gli abitanti?

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