In Cina lo «sport dei ricchi» sta «inghiottendo la terra dei poveri». A leggere l’attacco del Quotidiano del popolo, l’ufficialissima voce del Partito comunista, contro il golf, riecheggia nella mente il perentorio «È uno sport borghese» con il quale il presidente venezuelano Hugo Chavez ha motivato la chiusura di due campi da golf lo scorso agosto. Oggi è la Cina a dichiarare guerra agli amanti delle 18 buche. La nuova battaglia di Pechino, però, difficilmente potrà essere bollata come una scelta ideologica, ma al contrario mira al rispetto della legge. Il giro di vite deciso dal governo cinese contro i green colpirà infatti solo i campi “illegali”, ossia costruiti senza autorizzazione dopo la moratoria imposta dal governo nel 2004.
Una misura resa necessaria per la salvaguardia delle già scarse terre destinate all’agricoltura e delle risorse idriche della Cina. «In un Paese dove il territorio agricolo è di soli 1,4 mu (circa 900 metri quadrati) per persona - commenta Dong Zuoji, direttore del dipartimento per la Pianificazione territoriale del ministero della Terra e delle risorse - è ridicolo che i campi da golf possano occupare 40 o 50 ettari». Senza contare i 3.000 metri cubi di acqua giornalieri che occorrono per innaffiare e tenere ben verde ogni campo. Uno spreco di risorse che sembra non tener conto della carenza d’acqua che affligge in maniera cronica molte zone del Paese, soprattutto nel nord, alla quale, nelle ultime settimane, si è aggiunta la terribile siccità che ha colpito la Cina meridionale e lasciato senza acqua potabile ben 2,5 milioni di persone.
Problemi ai quali il governo cinese aveva provato a porre rimedio anche con la moratoria sulla costruzione dei campi che avrebbe dovuto tutelare i terreni e che non è tuttavia riuscita a bloccare l’abusivismo. Da quando nel 1984 venne aperto il primo green del Paese, con la rapida crescita economica, anche la passione per il golf si è andata via via espandendo. Le cifre parlano di 500 campi autorizzati che potrebbero diventare 2.700 entro il 2015, e 3 milioni di golfisti che, secondo le previsioni della China golf association, nel prossimo decennio potrebbero raggiungere i 20 milioni.
Un business che solo lo scorso anno ha prodotto oltre 60 miliardi di yuan (5 miliardi di euro circa) e fa gola a molti. L’inchiesta governativa, lanciata a settembre in concomitanza con il piano da 15 miliardi di yuan per il censimento delle terre, ha già scoperto i primi casi di abusivismo. Tra i più eclatanti è da annoverare un impianto nella provincia dell’Hebei che occupava illegalmente 100 ettari destinati all’edilizia e ben 126 ettari di terreno agricolo. Ma si è solo all’inizio e i primi risultati certi si avranno solo entro il 2010. Una cosa è certa, conclude Dong, i colpevoli saranno «puniti severamente».