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Giulio Anselmi
Grandi opere grandi disastri
22 Maggio 2006
Articoli del 2005
Una cronaca e la cause di ciò che succede, nell'Italia della modernità e dell'efficienza aziendale, quando fiocca la neve. L'articolo è da la Repubblica, l'immagine da il manifesto del 29 gennaio 2005

Il titolo dell´Ansa delle 8.53 di ieri mattina sembra grondare involontario umorismo: «A3 bloccata, se non nevica situazione migliorerà».

Invece contiene una perfetta sintesi dell´ultima Caporetto della nostra pubblica amministrazione, riassumendo l´incapacità, l´improvvisazione e il fatalismo con cui governo, enti locali, Anas, polizia stradale hanno reagito a una nevicata, incapaci di gestire i problemi fino al punto di sapere soltanto levare le braccia e gli occhi al cielo.

Dopo un blocco durato due giorni, incredibili disagi per centinaia di cittadini senz´acqua, né cibo, né coperte, tragedie sfiorate da bambine appena operate, malati gravi in attesa di ricovero, novantenni semiassiderati è chiaro che nessuno si può nascondere dietro l´eccezionalità dell´evento.

Arriveranno, per cacciare altra carta negli archivi, le consuete inchieste giudiziarie e amministrative, ma già ora appare patetico lo scaricabarile abbozzato dal ministro delle Infrastrutture Lunardi per rovesciare ogni colpa sugli autisti indisciplinati che non hanno messo le catene.

Abbiamo assistito alla ripetizione, aggravata, del blocco di un anno fa sull´Autosole, nel tratto Firenze-Bologna paralizzato dal ghiaccio e dalla neve. Anche allora ci fu un ping pong di responsabilità, Protezione civile contro Autostrade. Anche allora ci si trincerò dietro la straordinarietà dell´evento e, per garantire che mai più l´inverno avrebbe colto impreparata la sesta potenza economica dell´Occidente, si inventò un Coordinamento nazionale incaricato di fronteggiare le emergenze legate al maltempo, alle dipendenze degli Interni e delle Infrastrutture. Oggi il capo della Protezione civile Bertolaso non ci sta a fare il capro espiatorio e parla chiaro: «Avevamo lanciato l´allerta meteo da 72 ore. Il 13 luglio la commissione Ambiente della Camera aveva approvato una risoluzione per cui a occuparsi di tutto, in caso di neve, doveva essere il centro di coordinamento. Noi abbiamo fatto un passo indietro».

Il problema è che nessuno sembra aver fatto passi avanti. Il viceministro competente Tassone ha pudicamente ammesso «è evidente che qualcosa non ha funzionato», per poi sentenziare «ora è necessario e non più procrastinabile un esame immediato e diretto delle cause dell´accaduto».

Proviamo ad aiutarlo:

1) Il decreto sull´istituzione del Centro non è ancora stato firmato dal ministro Lunardi. Perché? Il presidente della commissione Ambiente della Camera, di An, lo avrebbe giudicato «contradditorio». Ma è vero che tutto si è impantanato in una classica lotta di potere su chi deve comandare, il capo della Stradale o un sottosegretario?

2) L´Anas ha vietato il traffico sul tratto appenninico della Salerno-Reggio Calabria dopo le 17 di mercoledì, ma si è trattato di un provvedimento puramente formale, preso per metterlo agli atti: l´autostrada, senza pedaggio e senza barriere, è in realtà rimasta aperta. Possibile che Anas e Stradale, che si trincerano dietro il divieto, non abbiano almeno provato a bloccare gli svincoli, che sono in tutto quaranta? E la Protezione civile può davvero chiamarsi fuori, sulla base del burocratico «toccava ad altri», anche se, come Bertolaso sa benissimo, non erano mai divenuti operativi?

3) Della Stradale si parla tradizionalmente bene e anche in questo caso ci sono resoconti che testimoniano l´impegno e l´abnegazione degli uomini in divisa. Ma non mancano testimonianze precise della loro inefficienza e perfino una denuncia del Codacons per omesso controllo sulla presenza delle catene a bordo dei Tir (oltre che a carico degli autisti).

4) Da parte di tutti è mancata la comunicazione. Radio Rai, che dovrebbe svolgere un servizio pubblico, ha continuato ad assicurare che tutto andava bene. Salvo diffondersi, a disastro avvenuto, sulle gesta dei soccorritori. Le accuse dei prigionieri dell´autostrada sono al riguardo numerose.

Ancora una volta l´Italia progredita si è fermata al bordo di quella terra che, si chiami Eboli o Lagonegro, resta di nessuno. Non è retorica meridionalista: come dimostra il raffronto tra i due collassi autostradali della A1 e della A3, anche nelle disgrazie ci sono due paesi diversi, per capacità di reazione e mezzi disponibili. Lo ha ben capito il presidente della Repubblica Ciampi: nel suo continuo ripetere a orecchi distratti che il Sud è la prima questione nazionale, una decina di giorni fa, proprio in Calabria, ha indicato nei cattivi collegamenti e nella criminalità mafiosa le catene che frenano lo sviluppo meridionale. Le due Italie si fondono, invece, nell´inciviltà e nella maleducazione stradale: se i camionisti avessero avuto le catene montate, si sarebbe potuto evitare che gli autotreni, slittando sul ghiaccio, rendessero ingestibile l´ingorgo. Con un´attenuante: chi avesse voluto montare le catene in autostrada avrebbe dovuto fare i conti con la quasi totale assenza di corsie di emergenza.

Quanto a Lunardi, l´uomo delle grandi opere che procede di disastro in disastro incurante delle piccole cose in cui dovrebbe consistere la buona amministrazione, crediamo che i fatti parlino da sé: come gli automobilisti dalla neve, anche la sua credibilità di ministro è stata definitivamente sepolta dall´"inferno bianco" caro alla retorica giornalistica. Cento prigionieri del maltempo, al terzo giorno, nella civile Italia, sono una pietra tombale.

Ciononostante crediamo che sia inutile chiederne le dimissioni, come fanno tanti esponenti del centro sinistra (mentre anche da destra fioccano le critiche), perché siamo certi che l´ingegnere berlusconiano non ha la sensibilità necessaria ad andarsene. Ci basterebbe che la smettesse di annunciare inchieste destinate a concludersi con un nulla di fatto. Ma se proprio vuole indagare, per sopire una punta di vergogna, faccia una cosa, magari in segreto: cominci dalla sua scrivania.

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