Mentre si tagliano risorse per i bisogni di tutti (pendolari e altri) si arricchiscono i ricchi coi soldi di tutti. «Tra Genova e Milano si costruisce una linea ad Alta velocità, ma nessuno ha mai calcolato se è utile e se vale il costo previsto di 6 miliardi. Tanto paga lo Stato». Il Fatto Quotidiano, 18 dicembre 2013
Una grande opera è stata finalmente avviata, con pochissime proteste e un sostanziale silenzio mediatico: si chiama Terzo Valico. È un tunnel ferroviario tra Genova e la Pianura padana, pensato per le merci del porto di Genova, e che in futuro potrà anche divenire una linea Alta velocità fino a Milano.
Si chiama “terzo valico” perché di linee ferroviarie ce ne sono già due, fortemente sottoutilizzate. Oltre a questa comunanza con la Torino-Lione, anch’esso affiancato da una linea sottoutilizzata, il progetto costa molto caro (circa 6 miliardi, rispetto agli 8,5 della To-Li). Questa linea servirà anche a rendere più veloci i treni passeggeri, non solo quelli merci, e il traffico passeggeri è certo più consistente che sulla linea Torino-Lione . Però la dovremo pagare interamente noi: è una tratta nazionale, quindi niente contributi da altri paesi né dalla Unione europea. Persino l’ingegner Mauro Moretti, amministratore delle Ferrovie dello Stato, l’aveva dichiarata un’opera inutile in un convegno, poi è stato sgridato sul Sole 24 Ore per questa libertà che si era preso in pubblico, dall’ex-ministro dei Trasporti Pietro Lunardi. L’appalto è stato assegnato molti anni fa senza gara al Cociv, gruppo pilotato dall’impresa Gavio. Ovviamente questo appalto è inossidabile, ci mancherebbe.
Ci si aspetterebbe che al pubblico, agli amministratori e politici locali e a quelli dello Stato centrale, siano state fornite analisi economiche e finanziarie che dimostrino che non solo l’opera serve molto in relazione al suo elevato costo, ma che sia prioritaria rispetto ad altre. Infatti quelle analisi lì servono proprio a quello, soprattutto in una situazione di soldi pubblici scarsi.
I numeri che non si trovano
Più recentemente, emerse un’ipotesi di finanziare l’opera con un finto intervento di capitali privati (cioè in “project financing”, come si dice in termini tecnici). L’impresa destinata a gestire la linea, Ferrovie dello Stato appunto, avrebbe pagato ai costruttori un “canone di disponibilità” fisso, cioè non dipendente dal traffico (che magari poi era poco, chissà...). Il canone annuo sarebbe stato ovviamente tale da ripagare interamente l’opera. Fs è una impresa al 100 per cento pubblica, ma giuridicamente una società per azioni, come le Poste che intervengono “spontaneamente” per salvare Alitalia. Quindi formalmente si tratta di un privato.
Bene, sembra tuttavia che anche con questo “schema creativo” i numeri in gioco fossero così tragici (ricavi da traffico previsti meno di un decimo della rata annua che Fs avrebbe dovuto pagare), che non se ne fece nulla. Allora il ministero dello Sviluppo guidato da Corrado Passera (nella persona del suo viceministro Mario Ciaccia), prese una decisione eroica: basta perder tempo, non occorre nessuno schema finanziario (scartoffie!), pagherà il 100 per cento lo Stato, cioè noi.
Il Sole 24 Ore, nello stesso periodo, pubblicò un articolo di lodi a una proposta di sconti fiscali dedicati alle “Grandi Opere”, articolo che conteneva questa perentoria affermazione: “In questo modo si potranno anche realizzare opere molto costose e con poco traffico”. L’ironia, si sa, non è patrimonio di tutti.
Intanto i cantieri sono partiti, che è quello che davvero interessa a costruttori e politici. Non si sa se ci saranno i soldi per finire l’opera, cosa che vale per quasi tutte queste iniziative. Alcuni gruppi locali protestano per possibili danni ambientali. Ottima cosa, i costi per risarcirli generosamente, e con molta pubblicità, sono assolutamente irrilevanti rispetto al valore dell’appalto. E così alla fine tutti saranno contenti.
Un manifesto significativo: