Di Puritani, in Italia, Paese cattolico iper-accomodante, con una Chiesa pronta, oggi più che mai, a compromessi di basso profilo, non ce ne sono mai stati molti. C’è soprattutto il melodramma, “I Puritani”, libretto patriottico dell’esule bolognese conte Carlo Pepoli e musica, sublime, di Vincenzo Bellini, specie quando canta la Maria (Callas). I Puritani erano calvinisti e pure riformatori tutti d’un pezzo, alla Oliver Cromwell per intenderci, che guidò contro il re, uno Stuart, l’esercito “parlamentare”, processando e decapitando il sovrano anti-Parlamento.
Ho la vaga impressione che Giuliano Ferrara non conduca questa sua urlante campagna contro i Puritani e i Moralisti in nome della privacy sul “puttanaio” (a Milano, una volta, avrebbero liquidato il protagonista con un “t’el disi mi, a l’è ‘n purcùn”, ora invece molti solidarizzano). Bensì in nome dell’ossequio dovuto a questo re di denari che “si distende” certe sere, a Palazzo Grazioli o ad Arcore, compiacendosi del reclutamento di “nipotine” (una mania), di play-girls dichiarate. Per lui la donna è questo. Il fatto è che si deve dar ragione sempre e comunque all’“anziano dongiovanni”, con panzotta, gamba corta e una capigliatura a moquette, al tragicomico re di denari che la stampa estera più seria chiama da anni (vedi l’Economist) “the jester”, il buffone, che Ferrara stesso, in un attimo di lucidità, definì “inetto a governare”, che però da Palazzo Chigi, ha invaso quasi tutta la tv e altra ne vuole invadere. Egli tiene a libro-paga un esercito, come non succedeva neppure ai tempi della “fabbrica del consenso” a Mussolini che, almeno, il Parlamento l’aveva chiuso e non parlava in nome della libertà, e le sue amanti (una, Margherita Sarfatti, era davvero colta e intelligente) non si sognava di metterle “in politica”.
Ora vuol controllare anche i tak-show, anche l’ironia, selezionare chi fa l’ “opinionista”, e mettere ovunque gente sua, a libro-paga. Fate caso a quelli che vanno in tv a gridare, insultare, interrompere, dileggiare: sono stipendiati dei giornali non di destra ma “della famiglia”, gente che fa affari con la “sua” pubblicità, o parlamentari ex Fininvest, e così via. Tutti, oggettivamente, a libro-paga. Con eccezioni così rare (Piero Ostellino) da risultare patetiche e da metter voglia di dirgli: “Cosa fai lì? Ma vieni via.” Ci sono sempre stati, giustamente, giornalisti conservatori. Contro il primo centrosinistra, contro il Concilio Vaticano II, c’erano Enrico Mattei, Domenico Bartoli, Panfilo Gentile, Augusto Guerriero, lo stesso Indro Montanelli, ma a nessuno sarebbe venuto in mente di pensare che fossero a libro-paga di qualcuno. E allora capisci tutto. Anche l’odierna campagna urlante contro Puritani e Moralisti.