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Eugenio Scalfari
Gli intrighi di Fazio
6 Aprile 2006
Articoli del 2005
Dopo i fasti, i nefasti: la seconda puntata dell’articolo. Da la Repubblica del 31 luglio 2005

SU REPUBBLICA dell’altro ieri ho ricordato per sommi capi e anche sulla base di mie dirette esperienze che cosa ha rappresentato la Banca d’Italia nell’ultimo mezzo secolo e di qualche tempra morale oltre che professionale siano stati i governatori che si sono succeduti, Einaudi, Menichella, Carli, Baffi, Ciampi.

Mi sembra oggi doveroso completare il quadro prendendo in esame l’operato del sesto governatore attualmente in carica già da dodici anni e recentemente coinvolto in una vicenda molto discussa e discutibile che ha suscitato perplessità e perfino discredito sugli interventi attivi e omissivi del nostro Istituto di emissione. Si tratta delle due Opa proposte dalla banca olandese Abn-Amro sull’Antonveneta e della Banca di Bilbao (Bbva) sulla Banca Nazionale del Lavoro.

Entrambe queste operazioni sono, almeno per ora, fallite perché efficacemente contrastate da due cordate italiane le quali tuttavia sono attualmente sotto esame da parte della Consob e delle Procure della Repubblica di Milano e di Roma per una serie di irregolarità, oscurità e addirittura ipotesi di reato.

La materia non è di facile comprensione perché estremamente tecnica e soggetta a direttive europee, a leggi italiane, a regolamenti e autorizzazioni di varie Autorità (Consob, Antitrust, Banca d’Italia). L’incrocio di queste norme è avvenuto in modi controversi e ha dato luogo a interpretazioni difformi. Di qui un fitto contenzioso giuridico, regolamentare e anche politico, complicato da fughe di notizie che hanno reso ulteriormente difficile un contrasto già di per sé irto di contraddizioni.

Per quanto mi riguarda mi asterrò dall’entrarvi. Mi limiterò a richiamare alcuni punti fermi con l’intento di fare chiarezza e di arrivare a un giudizio il più possibile oggettivo perché questo è il ruolo della libera stampa e della pubblica opinione che essa rappresenta e cui dà voce in funzione di controllo democratico.

Tra questi punti fermi il primo da cui partire è il seguente: il governatore della Banca d’Italia non fa mistero della sua contrarietà a iniziative di banche straniere nel sistema bancario italiano. Nel caso di banche europee l’ostilità del governatore cozza contro le norme del mercato comune che garantiscono parità di diritti a tutti i soggetti operanti all’interno dell’Unione europea, banche comprese.

La Banca d’Italia tuttavia, pur acconciandosi a queste norme, rivendica compiti di vigilanza sulla stabilità del sistema creditizio nazionale ad essa conferiti dalle norme italiane vigenti.

Per risolvere di volta in volta il contrasto tra norme comunitarie e norme nazionali la Banca d’Italia si avvale di poteri discrezionali sotto forma di autorizzazioni limitative delle norme europee. A volte tali autorizzazioni vengono concesse e hanno infatti consentito a banche straniere di acquisire partecipazioni di minoranza nel capitale di banche italiane. Così, tanto per fare qualche esempio, la Abn-Amro fu autorizzata a entrare nel capitale di Capitalia. E la Banca di Bilbao ad entrare nel capitale della Bnl.

Diverso è il caso di un’Offerta pubblica di acquisto (Opa) sottoposta a precise regole europee e nazionali, che ha come finalità non già una partecipazione di minoranza ma l’acquisizione della maggioranza del capitale.

È questo il caso delle due Opa che abbiamo prima richiamato, nei confronti delle quali si è manifestata l’ostilità del governatore Fazio. Poiché le norme comunitarie gli impedivano tuttavia di bloccare quelle operazioni, anzi gli imponevano di garantire il corretto svolgimento riconoscendogli tuttavia poteri di vigilanza e controllo, l’ostilità di Fazio si è potuta esplicare soltanto in due modi. Il primo è stato quello di stimolare l’arrivo sulla scena del cosiddetto «cavaliere bianco» che, sventolando il tricolore, si opponesse all’invasore straniero organizzando una contro-Opa a condizioni più favorevoli per gli azionisti della banca italiana sotto tiro. Il secondo è stato un dosaggio molto sapiente delle autorizzazioni operative, che sono state concesse con immediatezza e larghezza ai "cavalieri bianchi" e lesinate invece con occhiuta parsimonia alle banche straniere, messe in condizioni obiettivamente sfavorevoli sia nella misura sia soprattutto nella tempestività per quanto riguardava acquisti di azioni sul mercato in attesa che le Opa venissero ufficialmente lanciate.

La conseguenza di queste disparità tra i competitors è stata che i vari "cavalieri bianchi" con coccarda tricolore sono riusciti a rastrellare capitale flottante sul mercato in quantità notevolmente maggiore di quanto non fosse accaduto alle banche straniere.

Ma questo sarebbe ancora il meno. La questione più oscura e controversa riguarda i mezzi finanziari usati dai "cavalieri bianchi", la liceità degli accordi esistenti tra di loro e infine la congruità del rapporto tra i mezzi propri e le dimensioni dell’investimento che, nel caso delle banche, rappresentano una condizione tassativa il cui rispetto è affidato sia alla Consob sia alla Banca d’Italia.

Su questi punti la controversia tra le parti in causa è diventata rovente.

La Banca Popolare di Lodi (ora chiamata Banca Popolare Italiana) nella persona del suo amministratore Fiorani, ha impegnato nel rastrellamento di azioni Antonveneta e contro-Opa risorse decisamente superiori ai mezzi propri. Come non bastasse ha concesso ad altri "cavalieri bianchi" sopraggiunti in soccorso cospicui finanziamenti per rastrellare a loro volta azioni Antonveneta. Infine per accrescere i mezzi propri nella misura prevista dalla legge, la Lodi ha dovuto lanciare un aumento del proprio capitale, ma per renderlo possibile ai suoi azionisti si è procurata finanziamenti da altre banche alle quali sono state date in garanzia le azioni Antonveneta nel frattempo rastrellate sul mercato.

Queste manovre, di natura assai dubitabile, hanno provocato un intervento della Consob che ha congelato la contro-Opa su Antonveneta, e un intervento della Procura della Repubblica di Milano che ha disposto il sequestro del 40 per cento delle azioni Antonveneta rastrellate dai vari "cavalieri bianchi" (Fiorani, Ricucci, Coppola, Lonati, Gnutti).

* * *

Contemporaneamente analoghe manovre, con protagonisti in parte diversi ma in parte comuni, si svolgevano attorno alla Banca Nazionale del Lavoro, sotto Opa lanciata dalla Banca di Bilbao.

Anche qui rastrellamenti sul mercato da parte degli immobiliaristi Ricucci e compagni, stretti in un contropatto guidato da Francesco Caltagirone. E anche qui saldatura tra il contropatto e Unipol in opposizione al management della Bnl e alla Bilbao, con un mercato ormai di fatto privo di flottante, quasi interamente in mano a Unipol che ha infine acquistato in blocco le azioni in possesso del contropatto.

La Procura di Roma ha messo sotto esame l’intera vicenda.

La Consob ha convocato gli immobiliaristi per chiarimenti.

Si aspettano gli sviluppi.

* * *

Mentre queste oscure vicende hanno luogo, se ne verificano altre due, altrettanto inquietanti. La Guardia di Finanza, incaricata di intercettare le conversazioni di Fiorani e degli immobiliaristi suoi amici, nonché di Unipol, registra conversazioni molto compromettenti e comunque di tono insolito tra lo stesso Fiorani, Fazio, la moglie di Fazio.

Registra anche conversazioni altrettanto insolite tra il giudice Francesco Castellano e l’amministratore di Unipol, Giovanni Consorte, nonché tra Consorte e Gnutti.

Ho detto che le vicende inquietanti sono due, ma in realtà sono quattro. E cioè: i due gruppi di intercettazioni (Fazio-Fiorani da un lato e Castellano-Consorte dall’altro) e la diffusione di tali intercettazioni coperte entrambe dal segreto d’ufficio.

Mi sembra inutile riferire il contenuto delle conversazioni intercettate, già largamente pubblicato dai giornali nei giorni scorsi. Sulla loro anomalia mi pare egualmente inutile soffermarsi. Basterà dire che non sono consone al livello degli interlocutori e in particolare a quello del governatore della Banca d’Italia. Da questo punto di vista concordo pienamente con quanto scritto ieri da Sergio Romano sul Corriere della Sera: forse non si tratta di reati, ma sicuramente di comportamenti indegni da parte di persone munite di poteri pubblici e di cariche amministrative e societarie di grande rilievo, che meritano ferma riprovazione.

Quanto alla fuga di notizie, è chiaro che esse sono altrettanto deplorevoli poiché non possono che provenire da magistrati o ufficiali della Guardia di Finanza tenuti al segreto d’ufficio che hanno violato per giovare a qualcuna delle parti in causa o per danneggiarla.

* * *

Sulla base di questi fatti - che mi sembra difficile contestare - si arriva alle seguenti conclusioni.

1. Antonio Fazio ha perso ogni credibilità e non può restare alla guida della Banca d’Italia senza danneggiarne ulteriormente il prestigio e l’autorevolezza. Dovrebbe esser lui il primo a rendersene conto e a sgombrare il campo.

2. La nomina del governatore è un atto complesso che in base alla legge vigente comporta il concorso di tre soggetti. In ordine di tempistica procedurale essi sono: il Consiglio superiore della Banca d’Italia cui spetta la designazione del nuovo governatore; il presidente del Consiglio chiamato a dare il placet del governo al nome indicato (o a rifiutarlo); il presidente della Repubblica, chiamato a redigere e firmare il decreto di nomina (o a respingere la designazione che gli è stata sottoposta).

3. Trattandosi di una carica estremamente impegnativa, il nome designato non può che essere di altissimo livello in tema di professionalità, moralità, indipendenza e privo di qualunque sospetto di incompatibilità tra cariche attuali e nuovo incarico da assumere.

4. La Consob ha agito finora con determinazione e rapidità.

È augurabile che proceda allo stesso modo in entrambe le vicende ancora in corso, a tutela degli azionisti, del mercato e del pubblico interesse.

5. È apprezzabile la dichiarazione dell’onorevole Bersani in nome dei Ds sull’insostenibilità della posizione di Fazio. Il partito di Fassino è invece stato finora assai reticente sulla posizione dell’Unipol. Nessuno nega all’Unipol il diritto di operare sul mercato per accrescere il suo status imprenditoriale. Tuttavia la gestione dell’affare Bnl, le compagnie di qualità più che dubbia con raider che operano in totale oscurità e dispongono di risorse di ignota provenienza, ha notevolmente sporcato l’immagine del braccio finanziario del movimento cooperativo. Il partito di riferimento di quel glorioso movimento dovrebbe a questo punto dissociarsi con chiarezza da una conduzione fin troppo spregiudicata. Se si sostiene l’etica anche nel business bisogna applicarla a partire dal cortile di casa propria e dirlo senza eccessive prudenze e lunghi indugi.

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