Alcune note firme dell´architettura italiana si sono lamentate per l´invasione nel nostro territorio di architetti stranieri: hanno ragione e hanno torto contemporaneamente. Hanno ragione quando sostengono che gli italiani sono altrettanto se non più bravi degli stranieri: la recente esposizione tenutasi al palazzo della Triennale dimostra che le nostre facoltà di architettura sono capaci di presentare progetti seri, approfonditi, encomiabili.
Merito di studenti impegnati e di docenti preparati. Perché ricorrere a professionisti d´oltralpe, o d´oltre mediterraneo, quando a casa nostra e per cose nostre siamo già eccellenti ed invidiabili?
I protestatari tuttavia hanno torto quando tacciono sul modo con cui vengono dati gli incarichi. La loro protesta è rivolta solamente contro la burocrazia degli organi ufficiali, accusati di frenare e deviare il decorso delle pratiche edilizie, ma non contro la colpevole reticenza degli enti, sia statali che locali, nel promuovere e bandire concorsi pubblici; e contro la deplorevole assenza di questi enti nell´indirizzare e controllare le gare private, quando queste sono di interesse collettivo. Oggi i concorsi pubblici sono evitati con cura; e non sembra che in futuro tornino ad essere adottati con regolarità.
Il più clamoroso intervento monumentale di questi ultimi anni, la ristrutturazione, o meglio il rifacimento quasi integrale, del teatro alla Scala di Milano è stato eseguito dal Comune di Milano senza bandire un concorso.
Peggio: l´intervento di ristrutturazione è stato manovrato in modo tale da sfuggire all´obbligo del concorso, mascherando surrettiziamente i costi di costruzione per evitare i limiti di spesa fissati dalle norme europee. Così facendo si è potuto far progettare l´opera in un primo tempo da un anonimo tecnico, scelto dell´ente scaligero; e in un secondo tempo a un architetto straniero, scelto dal sottosegretario ai Beni culturali. Anche il teatro degli Arcimboldi è stato progettato senza concorso. Battezzato frettolosamente con questo nome solo dopo aver percepito i pericoli che suscitava la iniziale denominazione di "Scala bis", il teatro è stato costruito con notevoli investimenti pubblici; avrebbe quindi dovuto obbligatoriamente sottostare ad un pubblico concorso di progetto, in osservanza alle norme europee. L´infrazione è stata severamente stigmatizzata dagli organi di tutela europea, avvertiti coraggiosamente dal presidente dell´Ordine degli architetti di Milano, Piero De Amicis. I concorsi di progettazione, per effetto di una recente legge capestro relativa agli appalti banditi da enti pubblici, sono condizionati da pesanti ed inique clausole: queste sbarrano la possibilità di accedere ai concorsi anzitutto ai giovani; e in seguito anche a chi non può vantare bilanci professionali stratosferici, o non ha avuto recenti incarichi di dimensione colossale.
Il torto di chi protesta contro gli architetti stranieri, e contro la loro calata da dominatori in Italia, sta proprio in questo: nel tacere la deplorevole prassi degli attuali concorsi di progettazione, nell´ignorare e non richiedere, per ragioni di interesse professionale, procedure più eque, più imparziali, più democratiche. Guerra internazionale di stelle: ma guerra che appunto si svolge in alto, sopra le nostre teste, e che quaggiù lascia i comuni mortali costretti ad arrangiarsi come possono.
Nota: sullo stesso tema, qui su Eddyburg l'articolo di Pierluigi Panza dal Corsera, e la lettera di Filippo Ciccone(f.b.)