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Simone Collini
Giovanni Berlinguer «Clan e correnti, è peggio dei tempi di Enrico»
6 Dicembre 2008
Articoli del 2008
Il dirigente politico del PCI, fratello di Enrico, commenta gli eventi che scuotono la ex-sinistra di Veltroni. L’Unità, 6 dicembre 2008

La questione morale...». Giovanni Berlinguer tiene tra le mani l’Unità di ieri, fissa la prima pagina, quegli occhi del fratello Enrico e quella frase: «I partiti hanno occupato lo Stato». «Era validissima nell’81 e oggi la situazione è profondamente peggiorata». Se ne parla anche a sinistra, negli ultimi giorni, di questione morale. «Il riferimento è all’insieme dei partiti. Rispetto all’inizio degli anni Ottanta si è prodotto un cambiamento in negativo». Qual è? Le ultime tre righe di quella risposta che il segretario del Pci diede a Eugenio Scalfari parlando di degenerazione dei partiti e crisi italiana sono state sottolineate con la biro nera. Giovanni Berlinguer le legge a voce alta mentre le scorre col dito, e poi commenta: «Allora si parlava di “interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica”, oggi si parla invece di dirigenti singoli, che giocano in proprio e che calpestano ogni relazione sociale. L’impegno che mettono nel consolidare ed estendere le loro magagne travolge amministrazioni politiche, progetti ambientali, sviluppi culturali. In questa maniera si deprime profondamente la possibilità di far valere gli interessi dei cittadini».

Alle spalle, appeso al muro della stanza che occupa nella sede dell’associazione Aprile, di cui è presidente, c’è una bella quanto curiosa stampa francese del 700: il soggetto è una pulce vista al microscopio. «Pulex irritans», precisa lui, che di questi insetti è un esperto. Però non ci pensa proprio a fare le pulci al Pd - «partito di cui non faccio parte ma al cui lavoro guardo con simpatia» - e agli indagati di Abruzzo, Napoli, Firenze. «Non sono in grado di valutare il peso delle malefatte», dice sbarrando la strada al discorso. Però aggiunge: «Mi fa piacere che Veltroni voglia estirpare tutto ciò che può offuscare un’idea politica e una volontà di rappresentare la parte libera e democratica della politica». Che sta attraversando un «impoverimento», ha detto Napolitano richiamando anche l’attenzione sul Sud. «Certamente il livello di deviazione dentro alcune amministrazioni del Sud è più profondo. Però ci sono anche molti pessimi esempi nel Centro e nel Nord».

Il discorso, dice Berlinguer mostrando recenti sondaggi, investe l’intero sistema: «Nelle graduatorie di gradimento delle varie istituzioni, al primo posto c’è il Presidente della Repubblica, all’ultimo ci sono i partiti. E finora nessuno di loro dimostra di saper dare le risposte necessarie per portare a dei cambiamenti rapidi e profondi». E visto che tra le le principali «distorsioni» che hanno fatto aumentare negli ultimi anni le distanze tra cittadini e partiti Berlinguer mette il sistema di voto, aggiunge: «Il primo cambiamento è consentire ai cittadini di scegliere i loro rappresentanti. Sono dieci anni, tra legislatura passata e quella attuale, che sono i segretari dei partiti a decidere chi rappresenta i cittadini. E poi bisogna ridurre profondamente il livello di supponenza e di alterigia che caratterizza l’atteggiamento di gran parte dei dirigenti politici».

Ma non è soltanto di questo che bisogna parlare, per Berlinguer, se si vuole riflettere su quel che è oggi «questione morale». Perché «tra le grandi questioni morali che oggi vanno affrontate c’è quella dell’equità». E spiega: «Equità dei diritti e anche delle retribuzioni, perché oggi si è creato un divario profondo tra le forze sociali. Basti pensare al fatto che il salario dei lavoratori è stato compresso, mentre è stato esaltato il premio ai manager delle aziende, compresi quelli che le hanno portate al fallimento». Il quadro è fin troppo a tinte fosche. E il temporale che si abbatte sui vetri e allaga Piazza Colonna non aiuta a risollevare gli animi. Berlinguer ci prova, da «incallito ottimista», a indicare qualche spiraglio: «Vedo che c’è una mobilitazione crescente dei lavoratori, e anche una nuova generazione che si è presentata in modo notevolmente originale, rispetto a quelle precedenti». E il 68? «Si proponeva di cambiare radicalmente la politica e lo Stato. I giovani di adesso si presentano con molto maggior realismo e con idee precise su quello che devono essere le scuole, la ricerca, quali sono i loro diritti. E da qui si può anche sperare che ci sia un’influenza sulle decisioni del governo e sulle prospettive che mancano per un’intera generazione».

Un’ultima domanda: si può ancora parlare di diversità della sinistra rispetto alla destra, come una trentina d’anni fa il Pci parlava di diversità rispetto agli altri partiti? «C’è una diversità sostanziale», risponde deciso Berlinguer. Che però poi ricorre al condizionale: «La sinistra dovrebbe privilegiare l’equità, dovrebbe porre al centro del suo lavoro le prospettive dei giovani e la situazione ambientale». Argomenti su cui si è battuto nel suo mandato di europarlamentare, che scade a giugno. Si ricandida? Finalmente un sorriso disteso: «L’estate prossima compio 85 anni, sarei un folle se lo facessi».

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