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Giallo Belpietro, 20 motivi per voler capire meglio
9 Ottobre 2010
Articoli del 2010
Magari qualcuno sospetta che dietro al presunto terrorista (e al presunto salvatore) ci sia un tentativo di colpevolizzare qualche sindacato di lavoratori, o analoghi sovversivi. Terra, 9 ottobre 2010

Gli investigatori parlano di un vero e proprio “rompicapo”: dell’uomo che avrebbe tentato di uccidere il Direttore di Libero Maurizio Belpietro si sa poco e nulla. Un fantasma.. Nell’attesa si possono riepilogare i fatti. Ecco tutte le stranezze sull’”attentato” alla vita di Maurizio Belpietro.

1. Belpietro è appena stato accompagnato in casa. Il caposcorta, dopo anni di routine, decide di non prendere l’ascensore, ma di scendere per le scale. Per potersi fumare una sigaretta, dice. Sarà proprio questa provvidenziale casualità a farlo imbattere nel malintenzionato, prima che questi possa bussare alla porta del Direttore di Libero.

2.. L ’attentatore prova immediatamente ad uccidere l’agente, sparandogli “in faccia” da una distanza ravvicinata. La pistola però s’inceppa, fa “click”, poi il killer scappa. Un’altra provvidenziale casualità. La seconda.

3.. La pistola viene descritta dal miracolato come una “Beretta”, quindi una semiautomatica. Pistola affidabilissima, scelta come arma ufficiale da molti eserciti del mondo, compreso quello italiano. Un proiettile difettoso? Forse, ma le probabilità sono in ogni caso remote.

4. .Spunta anche l’ipotesi pistolagiocattolo, ma i media vicini al Premier sono gli unici a non prenderla nemmeno in considerazione: non ne fanno cenno.

5.. La reazione dell’attentatore alla vista del capo-scorta (sparo in faccia) appare eccessiva, immotivata. Il poliziotto era vestito in borghese, perché ucciderlo? E se fosse stato un normale condomino? Perché non provare a far finta di niente, e risalire tranquillamente le scale? E soprattutto, perché bruciare il vero obiettivo dell’attentato, perché bruciare l’intera operazione?

6.. E ancora: perché l’attentatore non aspetta l’uscita del caposcorta per agire - sarebbe bastato attendere qualche minuto - magari servendosi di un complice, come sempre avviene in questi casi?

7.. La reazione del capo-scorta: dopo aver visto la morte in faccia (una Beretta puntata “ad un millimetro” dal volto, che fa “click”) si getta a terra, o dietro un angolo, poi fa fuoco mirando al killer in fuga. Due colpi, quindi si alza, insegue giù per le scale l’attentatore - un paio di rampe - e spara una terza volta. Poi risale da Belpietro, per vedere che tutto sia apposto. Nessun colpo giunge a segno. La sezione balistica della Questura di Milano sta indagando sulla traiettoria dei proiettili esplosi. Inizialmente si era parlato di “3 colpi in aria”, sparati con il semplice obiettivo di dissuadere il malintenzionato.

8. Gli agenti di scorta sono figure molto preparate, che devono saper fronteggiare qualsiasi situazione di pericolo. In questo caso il poliziotto ha sì messo in fuga l’attentatore, ma non è riuscito a colpirlo da una distanza ravvicinata ed in uno spazio ristretto, dopo aver subito un tentato omicidio. Poi se l’è lasciato scappare, desistendo dall’inseguirlo dopo una manciata di rampe.

9. Sono attimi concitati, fuori è notte, la luce fioca delle scale, a rischio la vita, il criminale in fuga. Tutto avviene in un lampo, ma il capo scorta riesce a descrivere con precisione il tipo di pistola, il volto, l’età, il naso, la carnagione, le pupille, la corporatura, le scarpe, i capelli ingellati e l’abbigliamento del fuggitivo: prima si parla di un uomo vestito da finanziere, poi le ore passano e si scopre che quel tizio aveva i pantaloni di una tuta “tipo adidas”, bianca con righe nere, ed una camicia “grigio-verde con mostrine” che potrebbe ricordare una pettorina della Gdf. Siamo passati da killer professionista sapientemente travestito da finanziere per fregare Belpietro a semplice sgherro di periferia, conciato con qualcosa di verde.

10. In molti già parlano di terrorismo e anni di piombo - apocalittico il tono dei vari Pansa, Feltri, Zurlo, Vespa, Sechi, Farina, Maroni, Capezzone, Cicchitto e tanti altri - ma il fallito attentato non è stato ancora rivendicato. Un po’ insolito.

11. La scientifica ha analizzato scale e garage: nessuna traccia dell’attentatore. Pure le possibili vie di fuga, tra cespugli, mura e siepi alte 2 metri da scavalcare, appaiono immacolate.

12. Un solo testimone. Per ora la quasi totalità della ricostruzione si basa sulle parole dell’agente coinvolto, tale Alessandro M., promosso agente scelto dopo aver sventato un altro possibile attentato. Era il 1995, e la vittima designata il procuratore D’Ambrosio. La dinamica ricorda molto quella avvenuta nel palazzo di Belpietro: anche allora A.M. mise in fuga l’attentatore, ma non riuscì a catturarlo o a colpirlo. Nessun testimone, oltre ad A.M., vide quella scena. Ed i responsabili del tentato omicidio non furono mai individuati.

13. Lo stesso D’Ambrosio afferma: “Mi sembrò strano quell’attentato, in una terribile giornata di pioggia. A. mi disse di non scendere, mi affacciai e vidi soltanto un uomo che parlava con una donna all’interno dell’asilo. Una volta in strada A., bagnato fradicio e in stato di alterazione, mi spiegò che aveva inseguito una persona dentro l’asilo, un uomo armato di fucile che poi aveva saltato un muro ed era scappato su una moto guidata da un complice. L’indagine non approdò poi a nulla. Sinceramente non ci ho mai creduto molto”.

14. Gli investigatori hanno deciso di riascoltare il capo-scorta: nella sua ricostruzione ci sarebbero alcune “incongruenze” (Tg La7, 3.10).

15. L’attentatore è molto probabilmente fuggito dall’uscita secondaria, che dà su Corso Borgonovo (quella principale era presidiata da un agente). D’obbligo quindi imbattersi nella relativa telecamera, o nel custode, che abita proprio lì. Ma nessuno ha notato niente, né l’occhio umano, né quello bionico. Pensate, il custode all’ora X si trovava proprio nel cortile indicato da tutti come unica possibile via di fuga: e di lì non è passata anima viva. Stesso discorso per il portiere di casa-Belpietro: visto o sentito niente. Da dove sia fuggito l’attentatore, rimane un mistero. Da dove sia entrato, pure: nessun condomino ha visto o segnalato qualcosa di strano.

16. Il baccano a quell’ora di sera - erano circa le 23 - ha fatto sobbalzare tutti gli abitanti dell’edificio. In molti si sono precipitati a vedere cosa fosse successo, ma nessuno ha visto l’attentatore in fuga.

17. Casa Belpietro è situata in pieno centro a Milano - vicino allo show room di Armani - ed è circondata da telecamere di ogni genere. Se qualcuno fosse davvero entrato o uscito da quel palazzo, impossibile farla franca, soprattutto a quell’ora di sera, quando la zona è particolarmente calma. Ma gli investigatori hanno già controllato tutte le registrazioni, e vagliato telecamere fino a 4 isolati di distanza: per ora niente, i video sono molti, la risoluzione bassa, e ogni esito è risultato negativo.

18. Un colpevole c’è già. Maurizio Gasparri ha cominciato a seminare infamie sul Procuratore che si occupa del caso, quell’Armando Spataro che ha speso una vita intera a combattere ogni tipo di criminalità organizzata, da quella mafiosa a quella terroristica: “Bisogna togliere l’indagine a Spataro, ed affidarla ad un altro Pm, imparziale ed autorevole: Spataro non lo è”.

19. 4 ottobre: a soli 3 giorni dall’attentato, la notizia scompare dal Giornale. Nada, nemmeno un trafiletto. Stessa cosa per tutti i media vicini al Presidente del Consiglio: come se non fosse successo niente. Ma scusate, non erano tornati gli Anni di Piombo?

20. 5 ottobre: .. sentite che si dice sul Corriere della Sera di oggi: “Gli investigatori non pensano a un’azione studiata da qualche gruppo armato. «Potrebbe essere un Tartaglia armato», dice un detective. Anche se tra i poliziotti circola uno strano convincimento: che l’agente di tutela del direttore di “Libero” si sia inventato tutto»

da http://nonleggerlo.blogspot. com

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