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Fuggito dal Mali, suicidato a Milano
9 Maggio 2017
2017-Accoglienza Italia
Il fatto nella cronaca di Zita Dazzi e Franco Vanni (

la Repubblica online, ed. Milano) e un commento di Guido Rampoldi (il Fatto quotidiano online, blog Guido Rampoldi), 7 e 8 Maggio 2017, con postilla

la Repubblica, 7 maggio
TRAGEDIA IN ZONA STAZIONE:
GIOVANE RIFUGIATO SI TOGLIE LA VITA
DAVANTI AI PASSANTI
di Zita Dazzi e Franco Vanni

«Trovato impiccato non lontano dal nuovo centro di accoglienza. Aveva 31 anni, arrivava dal Mali ed era da un anno e mezzo in Italia. L'assessore Majorino: "Rafforzare ancora di più la rete degli interventi sociali, in questo Paese è priorità assoluta"»

Le indagini dei carabinieri di Porta Monforte hanno portato a identificare il cadavere nel corpo di un 31enne cittadino del Mali. Decisivo è stato il rilievo delle impronte digitali. L'uomo si trovava in Italia da almeno un anno e mezzo. Aveva un regolare permesso di soggiorno per protezione internazionale, già concesso e in corso di rinnovo a Modena. Non risulta che avesse indicato un luogo di dimora recente. L'autorità giudiziaria al momento non ha ritenuto di dovere disporre autopsia.

Il corpo è stato rinvenuto lungo la massicciata della ferrovia. Il giovane è stato visto mentre saliva sul muretto e poi si calava con la corda al collo. La morte è stata accertata intorno alle 12.50, ma quando è stato soccorso era ancora vivo, è morto nell'ospedale Niguarda. Una foto del giovane suicida è stata mostrata a tutti gli operatori che lavorano nei centri gestiti da Caritas e da Progetto Arca in Stazione e dintorni, ma per ora nessuno sembra averlo mai visto.

Si è suicidato appendendosi con un cappio a un pilone verso i binari della ferrovia, davanti ai passanti, in via Ferrante Aporti. Un giovane migrante di colore, senza addosso documenti o altri elementi di riconoscimento, è stato trovato così dagli agenti di polizia stamattina, domenica, a poca distanza dal Casc, il centro di aiuto sociale del Comune che da qualche giorno sta svolgendo le funzioni che prima venivano svolte all'hub di via Sammartini. Qui vengono controllati i documenti e i profughi vengono inviati ai centri d'accoglienza in città. I migranti neo arrivati, secondo le nuove disposizioni, non possono più restare nella zona della stazione ma vengono inviati in via Lombroso e al Palasharp, in strutture dedicate ai senza fissa dimora.

il Fatto quotidiano, 8 maggio
MIGRANTE SUICIDA A MILANO,
UN INVITO A NON VOLTARSI DALL’ALTRA PARTE
di Guido Rampoldi

Non si conoscono esattamente i motivi per i quali un ragazzo del Mali si è impiccato due giorni nella stazione centrale di Milano, ma colpisce il modo distratto e burocratico con il quale la gran parte di politica e stampa stanno archiviando l’episodio. Non mancano preziose eccezioni (l’assessore Pierfrancesco Majorino, il parroco don Giuliano Savina, per esempio). Però nel complesso sembra prevalere un desiderio di voltarsi educatamente dall’altra parte.

Grossomodo è quel che accadde in gennaio quando un altro migrante si uccise a Venezia, gettandosi nel Canal Grande. In quella occasione una giovane veterinaria emigrata in Francia, Lia Morpurgo, scrisse una lettera che tuttora mi pare l’antidoto migliore contro la nostra fretta di rimuovere questi suicidi. La pubblico qui di seguito con un’avvertenza: nel mettere in relazione l’indifferenza e l’ostilità che circondano i migranti con gli analoghi sentimenti della popolazione civile verso i prigionieri del lager nazisti, ovviamente Lia Morpurgo non ha voluto in alcun modo

La lettera e i versi
di Lia Morpurgo

«Sono una ragazza di 27 anni, e attualmente lavoro come veterinaria in un piccolo paesino nel nord della Francia. Sono una dei tanti giovani italiani emigrati all’estero alla ricerca di lavoro. O meglio, alla ricerca di condizioni di lavoro più dignitose, più umane, più rispettose della legalità, rispetto a ciò che il nostro Paese ahimè ci offre. Una migrante economica, insomma, come i tanti migranti provenienti dall’Africa e dal Vicino Oriente a cui invece vengono negati permessi di soggiorno, lavoro, speranze.

«Ieri, degli amici francesi mi hanno interpellato riguardo alla vicenda di Pateh Sabally, il giovane migrante gambiano morto annegato nel Canal Grande, sotto gli occhi indifferenti di centinaia di cittadini e di turisti. Me ne hanno parlato con gli occhi attoniti e addolorati, chiedendomi come potesse essere possibile che l’indignazione e la vergogna non brucino i nostri volti e le nostre coscienze. Pochissimi i commenti che i giornalisti italiani hanno dedicato a questo fatto doloroso. Pochissimi i commenti sugli onnipresenti, onniscenti “social”.

«L’indifferenza dell’opinione pubblica italiana si aggiunge, come un macigno, all’indifferenza con cui i presenti hanno lasciato annegare Pateh, come se non fosse un loro pari, come se fosse intoccabile. Giacché “… noi per i civili siamo gli intoccabili. I civili, più o meno esplicitamente, e con tutte le sfumature che stanno tra il disprezzo e la commiserazione, pensano che, per essere stati condannati a questa nostra vita, per essere ridotti a questa condizione, noi dobbiamo esserci macchiati di una qualche misteriosa gravissima colpa. Ci odono parlare in molte lingue diverse, che essi non comprendono e che suonano loro grottesche come voci animali; ci vedono ignobilmente asserviti, senza capelli, senza onore e senza nome, ogni giorno percossi, ogni giorno più abietti, e mai leggono nei nostri occhi una luce di ribellione, o di pace, o di fede. Ci conoscono ladri e malfidi, fangosi, cenciosi e affamati e, confondendo l’effetto con la causa, ci giudicano degni della nostra abiezione”.

«Non è un migrante a scrivere queste parole, ma Primo Levi, in Se questo è un uomo, parlando delle popolazioni che abitavano accanto ai campi di concentramento, indifferenti allo sterminio.

«Settant’anni dopo, due giorni prima del Giorno della Memoria, un giovane migrante di 22 anni è stato lasciato solo ad annegare nell’acqua gelata, circondato da una folla di persone che hanno poi continuato a dedicarsi alle proprie faccende, allo shopping, ai souvenir. Vi domando, come è possibile aver voltato la testa, aver dimenticato?

«Riflettiamoci, e soprattutto, ricordiamo:

«Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi»

postilla

È proprio il piazzale antistante la Stazione centrale di Milano lo scenario che il governo Gentiloni Minniti scelse pochi giorni fa per mostrare a tutti, e in particolare ai "clandestini", il pugno duro che si era pronti a usare nella repressione dei "diversi". Non sappiamo se c'è una connessione diretta tra i due eventi, ma certamente quello sfoggio di violenza di Stato non ha contribuito a tranquillizzare quei nostri simili che sono fuggiti dagli inferni che il nostro mondo ha pesantemente contribuito a rendere tali.

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