loader
menu
© 2024 Eddyburg
Eugenio Scalfari
Finalmente oggi parla il popolo sovrano
18 Agosto 2005
Articoli del 2004
Il consueto giro d'orizzonte, rivolto alle elezioni europee. Da la Repubblica del 12 giugno 2004

Quando una quindicina d´anni fa, prima ancora che fosse smantellato il muro di Berlino, le ideologie caddero e si infransero, le tanto evocate classi e le tanto celebrate masse uscirono di scena lasciando libero campo all´emergere dell´individuo e alla teorizzazione dell´individualismo, qualcuno si preoccupò. Si preoccupò dell´avvento del pensiero unico. Si preoccupò delle sorti del liberalismo e della democrazia. Si preoccupò della volubilità della folla, una summa occasionale di individui, privi di rapporti consapevoli tra loro e tenuti insieme da un "transfert" che avvince ciascuno di loro ad un punto di riferimento esterno, ad un capo, ad una stella filante che ne suscita le emotività e le guida laddove i suoi interessi e/o le sue visioni lo portano.

La folla e il capo. Quasi sempre anche il capo soggiace ad un transfert di natura narcisistica, si invaghisce di se stesso, sviluppa un rapporto ipertrofico con il proprio io. Fenomeni del genere si sono più volte ripetuti nel corso dei secoli. Anche nel Novecento tutte le volte che, al di sotto della crosta ideologica, si è materializzata l´immagine del capo carismatico e l´auctoritas ha ceduto il posto al culto della personalità.

L´esistenza di solide democrazie liberali ha impedito che le aberrazioni ideologiche e il totalitarismo del capo dilagassero; ha fatto argine, contrastando e infine sconfiggendo quella collettiva rinuncia alla libertà, all´eguaglianza, alla critica del giudizio.

Ma poi il male scacciato dalla porta è in parte rientrato dalla finestra, sia pure come farsa al posto della tragedia. Ed ora è con questa farsa che siamo alle prese. Democrazie guidate da opinioni pubbliche fragilissime, soggette all´impatto con tecnologie estremamente sofisticate e possedute da poche mani, usate con spregiudicata e spesso feroce determinazione.

Il terrorismo è nato in questo contesto. L´antiterrorismo crociato e fanatizzato idem. Si somigliano e si alimentano vicendevolmente. La democrazia è il loro comune nemico.

Per fortuna la cultura della libertà e le istituzioni della democrazia sono ancora largamente vigilanti e operanti. Dobbiamo, tutti quelli che sentono la loro appartenenza a questi ideali, essere consapevoli che siamo ad un punto importante di questo confronto planetario. Dobbiamo investire tutte le energie intellettuali delle quali disponiamo con razionalità e impegno civile. Non dobbiamo cedere allo sconforto che spesso ci prende, alla tentazione di assentarci di fronte alla stupidità montante e di isolarci nella solitaria testimonianza.

Questo è il momento dell´impegno e della passione civile, non dello sberleffo e del motteggio ai bordi del campo. Questo è il momento delle scelte, ponderate ma nell´interesse della società in cui viviamo, europea e italiana.

* * *

Il quadro dei rapporti interatlantici tra Usa ed Europa ha registrato in questi giorni una serie di modifiche e di importanti accelerazioni. La celebrazione dello sbarco in Normandia del 6 giugno del ?44, presenti su quelle spiagge tutti coloro che parteciparono a quella battaglia epocale di sessant´anni fa, da una parte e dall´altra del fronte di allora. La risoluzione unanime del Consiglio di sicurezza dell´Onu sulla situazione del dopoguerra iracheno. La riunione quasi simultanea del Gruppo degli Otto a Sea Island.

Si tratta di eventi complessi che si prestano a essere variamente interpretati e difformemente raccontati. Sicuramente sono eventi strettamente interdipendenti. Sicuramente i rapporti interatlantici ne sono usciti migliorati. Una parvenza di autorità dell´Onu è stata recuperata. Il peso del tandem francotedesco come punto di gravità dell´Europa è stato rafforzato ed esplicitamente riconosciuto da Bush e dal governo Usa.

Direi che su questi esiti non c´è discussione: sono comunemente riconosciuti da tutti. Resta la domanda su chi abbia mutato atteggiamento, domanda non oziosa poiché può fornire indicazioni sull´evolversi della situazione nel prossimo futuro.

Bush doveva preparare una credibile strategia per uscire dalla trappola irachena: strategia indispensabile se vuole riguadagnare il consenso necessario per il suo secondo mandato presidenziale (prossimo novembre). Aveva bisogno dell´avallo del Consiglio di sicurezza, cioè di quelle potenze che si erano opposte alla guerra preventiva e solitaria degli angloamericani contro l´Iraq e alle non previste (da loro) conseguenze che ne sarebbero derivate.

A questo scopo Bush ha partecipato alla celebrazione del D-day in Normandia. Citerò il giudizio di un osservatore lucido e non partigiano che sintetizza icasticamente quanto è accaduto in quell´occasione (Sergio Romano sul Corriere della Sera del 7): «Dietro il sipario della retorica si sono svolti due eventi diversi: uno spettacolo sul proscenio in cui l´Europa ringraziava l´America per la sua generosità, e un altro nelle quinte in cui l´America chiedeva un prezioso aiuto politico ai rappresentanti di quei paesi che sessant´anni fa ha combattuto o liberato: Francia, Germania, Russia (all´Italia non aveva da chiedere nulla se non la continuazione di una presenza militare che Berlusconi non è comunque in grado di negargli)».

Così Sergio Romano, con il giudizio del quale interamente concordo.

* * *

Che cosa ha concesso Bush e che cosa ha ottenuto dalle potenze sopracitate? Bush ha concesso la rinuncia alle guerre preventive e solitarie; il riconoscimento del ruolo del Consiglio di sicurezza dell´Onu come luogo di mediazione e di legalizzazione dei conflitti internazionali; un calendario di scadenze per il trasferimento di sovranità ai «poteri forti» iracheni; una data limite nella permanenza delle truppe della Coalizione in Iraq (dicembre 2005); una conferenza internazionale sul riassetto dell´intera regione mesopotamica.

Bush ha ottenuto: la risoluzione unanime del Consiglio di sicurezza che legalizza il governo transitorio di Bagdad; la presenza dell´Onu come consulente del predetto governo per la redazione di una legge elettorale e per l´effettuazione delle elezioni politiche da tenersi entro il gennaio 2005; il potere della Coalizione di gestire - d´accordo col governo transitorio iracheno - la sicurezza del Paese.

Inutile aggiungere che il manto dell´Onu legalizza un governo transitorio i cui componenti sono stati indicati e/o risultano graditi all´Amministrazione Usa e ai "poteri forti" iracheni che si riassumono nel nome dell´ayatollah Al Sistani, capo religioso dei moderati sciiti, ispirati a loro volta dalle autorità religiose iraniane.

Al lato di queste reciproche concessioni la Germania ha ottenuto l´appoggio Usa alla sua richiesta di un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza, dove entrerà anche il Giappone.

È stata una svolta? Per certi versi sicuramente sì. Per chi aveva subordinato la presenza militare in Iraq a un ruolo dirigente politico e militare dell´Onu, sicuramente no. Ciascuno si regoli come crederà opportuno, ma i fatti e i dossier dicono questo e non altro.

* * *

In aggiunta a queste vicende di portata internazionale la vigilia elettorale italiana ne ha registrata una più domestica ma carica di emotività in parte reale e in parte artificialmente eccitata: il rientro in patria dei tre ostaggi sequestrati nei sobborghi di Bagdad dopo cinquantasei giorni di prigionia.

Tralascio le modalità di quella liberazione, ancora largamente ignote. Il senso di sollievo e di gioia per essa è stato comunque unanime né poteva essere altrimenti.

Due circostanze comunque risultano chiare: sono tornati sani e salvi e il come importa poco; il loro ritorno ha avuto come effetto consequenziale la totale occupazione del sistema mediatico da parte di Berlusconi e, in misura minore ma significativa, di Gianfranco Fini.

Non sappiamo (lo sapremo domenica sera) se questa occupazione totalitaria avrà ripercussioni rilevanti sul voto di domani. Certo da parte di chi detiene il potere, tutto è stato fatto affinché quel rientro interferisse sul voto. In un´opinione pubblica volatile è possibile che qualche effetto vi sia.

Del resto Berlusconi sa che sta giocando una decisiva partita e perciò non bada ai mezzi. Vale sempre di più la massima che il mezzo è il messaggio.

Quando ci furono diciannove nostri militari uccisi a Nassiriya e quando, poco dopo, ancora un altro militare italiano morì nello scontro con le milizie di Al Sadr, il sistema mediatico cavalcò quei luttuosi avvenimenti per trarne vantaggio per il governo. Ora che gli ostaggi sono rientrati vivi e indenni l´uso in favore del governo è stato ancor più impudico. Che tornino morti o che tornino vivi, il mezzo mediatico piega il messaggio alle sue esigenze.

Questo è accaduto e continuerà ad accadere. Resta da capire quanti siano gli italiani consapevoli di questa realtà e quale sarà nelle urne la loro risposta.

* * *

Una risposta importante è intanto venuta dalla Gran Bretagna dove, insieme alle europee, si sono svolte elezioni amministrative in tutto il paese i cui risultati sono già noti. Il partito di Tony Blair ha subìto una cocente sconfitta che lo ha fatto scendere non solo al di sotto dei conservatori ma perfino dei liberali, da sempre partito di minoranza largamente indietro rispetto alle due formazioni maggiori.

Nel complesso dei venticinque paesi che voteranno domani sembra delinearsi una maggioranza di centrodestra che in parte accentua il peso degli Stati nazionali sulla visione federale dell´Europa e in parte esprime pulsioni reazionarie e populiste anti-europee.

Gli elettori italiani hanno dunque una doppia responsabilità: esprimere un voto utile sia per l´assetto federale dell´Europa sia per arginare la deriva della democrazia verso approdi dilettanteschi e avventurosi.

Auguri a tutti coloro che prenderanno su di sé questa doppia responsabilità.

ARTICOLI CORRELATI

© 2024 Eddyburg