Un nuovo standard per una città multiculturale e solidale: il tema della scuola di eddyburg è l'argomento del numero 16 della rivista Quaderni di urbanistica tre. Disponibile in libreria e on-line. (m.b.)
Nelle città europee e italiane sono presenti luoghi accoglienti e democratici nei quali si svolgono attività culturali che sono l’espressione di una forma avanzata di welfare, inclusiva e abilitante, alla quale possono partecipare attivamente anche persone provenienti da nazioni differenti. Talvolta si tratta di strutture specializzate per la fruizione della cultura (biblioteche, musei, case della città), gestite e organizzate in modo innovativo. In altri casi, di edifici rimessi a nuovo da gruppi e associazioni, gestite in modo indipendente e talvolta in conflitto con le istituzioni. La loro presenza rivela l’esistenza di un campo di opportunità per rispondere positivamente all’istanza di costruzione di una società multiculturale, più solidale e coesa.
Con la
scuola di eddyburg ci siamo occupati di questo tema, attraverso una serie di seminari, a Pistoia, Torino, Pisa, Conversano. Il quaderno pubblicato da
Quodlibet restituisce gli esiti della nostra attività. Abbiamo lavorato attorno all'ipotesi che gli spazi culturali possano essere considerati come un servizio essenziale, d’interesse generale, di cui garantire una presenza capillare. E ci siamo domandati se fosse utile inserirli fra le dotazioni obbligatorie che devono essere garantite nella formazione dei piani urbanistici.
Gli spazi culturali che abbiamo in mente sono, principalmente, luoghi conviviali. Non serve definirli in modo preciso, ma è importante sottolineare che cosa li rende speciali: sono luoghi inclusivi, flessibili, accessibili, belli ma non omologati, democratici e attivi. La varietà delle strutture ne rende possibile la diffusione nelle città e nei paesi più piccoli, nelle aree centrali e in quelle più esterne, nei luoghi aulici e nelle frange urbane. Abbiamo costatato il loro potere generativo: ovunque sono presenti, gli spazi culturali diffondono effetti positivi sulle persone coinvolte direttamente, sui fruitori assidui e occasionali, sul contesto circostante. La loro presenza contribuisce a costruire quotidianamente la multiculturalità, a legare in maniera costruttiva le diversità, a rendere la società più solidale, e a fare della città un luogo vivibile e accogliente.
Ad esito del nostro lavoro, possiamo ribadire l’importanza di uno “standard di valore”, non finalizzato a stabilire proporzioni e requisiti minimi e ottimali, quanto a garantire la necessità degli spazi culturali per rendere l'Italia una nazione compiutamente democratica, capace di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Oggi le parole dell'articolo 3 della Costituzione suonano come un monito e indicano una direzione alternativa a quella propagandata dai governanti di turno. Come raccontiamo nel quaderno, le istituzioni locali, le associazioni e le forze politiche possono fare molto per far sì che i luoghi di incontro e dialogo tra le persone siano considerati come fulcri della struttura urbana. Per questo pensiamo che si possa e si debba fare spazio alle attività culturali.
PS. Un grazie sincero a tutte le persone che hanno reso possibile le attività della scuola, a tutti i partecipanti e alla redazione di UrbanisticaTre che ha curato il numero della rivista.