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Norma Rangeri
Famosi nel mondo
28 Maggio 2009
Articoli del 2009
Chissà se il modo in cui ci vedono dal resto del mondo indurrà gli elettori a comprendere che così non si può andare avanti. Il manifesto, 28 maggio 2009

Silvio Berlusconi non è un altro Mussolini, «ma è un pericolo per l'Italia e un maligno esempio». Lo scrive il Financial Times, uno dei giornali europei più autorevoli, commentando la condizione della politica italiana. Senza timori, senza favori, come recita la massima etica di Ft.

Nei paesi dove l'opinione pubblica è un soggetto forte della dialettica politica, con stampa e televisione che agiscono in un mercato delle idee e delle proprietà, è tornato in prima pagina il caso italiano. Ad allarmare gli osservatori stranieri è un capo del governo che scambia il consenso con il potere di annullare ogni forma di critica. Il rifiuto del presidente del consiglio di rispondere alle domande sul caso Noemi, i suoi tentativi di delegittimare le opposizioni, le demagogiche invenzioni sulla riduzione del numero di parlamentari, gli attacchi forsennati alla magistratura, l'operare sul piano mediatico attraverso «lo svuotamento di un serio contenuto politico dei media, rimpiazzandolo con l'intrattenimento» (Ft), sono le ragioni del severo giudizio internazionale, che accomuna ormai tutte le principali testate del mondo, e che si estende all'inadeguatezza delle forze di opposizione.

Una sinistra maldestra che oscilla sull'altalena del segretario Pd, prima convinto che tra moglie e marito è meglio non interferire, ieri salito sulle barricate, a chiedere agli italiani «se farebbero educare i figli da quest'uomo». Suscitando la replica sdegnata dei figli di Berlusconi, comparsi nei tg della sera per esaltare l'esempio paterno. Quella di Franceschini è una domanda secondaria: la questione è da tempo uscita dal recinto dorato di Arcore. Dovrebbe essere chiaro, come nell'Italia della doppia morale non accade, che l'allarmato sguardo europeo si concentra sull'atteggiamento del premier nella vicenda della ragazza napoletana. Sminuirlo, relegarlo al buco della serratura, negarne il connotato politico è convinzione di molte voci della sinistra, che reagiscono o infastidite dal dover impegnare una campagna elettorale su binari frivoli, o addirittura restando silenti e latitanti. Sopraffatte, ci dicono alcune dirigenti del Pd, dal peso schiacciante di un ribaltamento culturale e simbolico. Ben presente alle gerarchie cattoliche che, invece, presidiano la trincea dell'etica ricordando «il guasto culturale se la bellezza diventa elemento decisivo».

Al ministro Bondi, che davanti alle telecamere, rivolgendosi al segretario Pd e al direttore di Repubblica, gridava rosso in viso «vi dovete vergognare», oggi fanno eco il ministro Maroni («alle domande su Noemi si risponde mandandoli a quel paese») e il capo delle feluche, Frattini, che definisce la stampa estera «cattiva e disonesta». Senza nulla togliere al resto del ciarpame politico italiano, Bondi, Maroni e Frattini ne scalano la vetta.

Quel che l'altra sera Marco Pannella, nell'infuocata puntata di Ballarò, definiva il bisogno di Berlusconi di andare oltre perché «il vincere che non gli basta più» è una buona diagnosi del momento politico attuale. Con altre parole, lo aveva già spiegato Veronica Lario («mio marito non sta bene»), riferendosi sia ai comportamenti del drago a cui le vergini si immolano volentieri, sia ai modi di selezionare la classe dirigente attraverso i book fotografici. Se vincere non basta, bisogna armare il consenso elettorale: con il lodo Alfano, con i media piegati all'oleografia del capo attraverso le nomine Rai, con la violenta reazione contro la stampa, con il celodurismo presidenziale, ministeriale e popolare a sorreggere e alimentare il penoso mito senile del leader.

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