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Manuela Lo Prejato
Factory outlet, Disneyland dei saldi
11 Dicembre 2005
Articoli del 2004
La protesta del commercianti contro l'Outlet Capri Due di Marcianise. Da Il Denaro online del 5 maggio 2004 (fb)

Ce lo insegnano quasi tutte le esperienza, recenti o meno, che comportano qualche tipo di innovazione. Se la cosa è in qualche modo "governata", partecipata, discussa sin dall'inizio, i conflitti sono se non altro articolati e in qualche modo portano sempre ad un avanzamento. Se le cose sono calate dall'alto si genera quasi sempre e solo la protesta reazionaria, che non porta da nessuna parte e al massimo si limita a spostare la questione nel tempo o nello spazio (fb)

Un meccanismo perverso di produzione che rischia di schiacciare il commercio: capi difettati, scontati fino al settanta per cento, realizzati ad hoc per una nuova, preoccupante rete distributiva.

È la denuncia lanciata nel corso della tavola rotonda su “Factory Outlet: un nuovo trend di consumi” tenuta presso la sede dell'Ascom di Napoli dall'associazione dettaglianti tessili-abbigliamento e pelletteria della provincia di Napoli presieduta da Paola Borriello. All’incontro erano presenti, tra gli altri, Cosimo Capasso, presidente onorario dei Tessili; Vittorio Mori, presidente Assarco; Giovanni Gagliardi, presidente del Gruppo Moda; Renato Tarallo, presidente del centro commerciale “Spirito Santo”; Giuseppe Giancristofaro, presidente del centro commerciale “Via Toledo”.

Al centro della discussione, il fenomeno degli outlet appunto, i grandi centri commerciali ufficialmente sorti per smaltire l’invenduto dell’abbigliamento e che oggi, però, rischiano di annullare il sistema tradizione della vendita al dettaglio. Sotto accusa l’industria nazionale della moda che, in questo periodo di interminabile crisi, sta invadendo il mercato con un’offerta di gran lunga superiore alla domanda. Ecco così nascere un circuito viziato di produzione, pensato fin dall’origine per il sistema delle cittadelle degli sconti e supportato dalle grandi firme della moda, le quali, nel centro delle città, impongono ai negozi i capi griffati da vetrina, rifornendo contemporaneamente gli outlet.

Risultato: la svalutazione immediata degli abiti esposti dai dettaglianti. Nel corso dell’incontro è stato pure presentato un rapporto di Federmoda sui nuovi insediamenti di factory outlet, nati originariamente come spacci aziendali e trasformati in vere e proprie cittadelle dello shopping con strutture per il tempo libero. Durante la tavola rotonda si è discusso non solo delle dinamiche di questo allarmante fenomeno, ma anche delle problematiche giuridiche e degli effetti socio-economici a esso connessi.

Gli outlet non sono più spacci aziendali monomarca che sorgono nelle adiacenze delle industrie; adesso si tratta di veri e propri centri commerciali la cui esistenza dovrebbe ricadere nella competenza delle Regioni, con tanto di analisi delle ricadute del problema sul territorio. Se, da una parte, l’enorme diffusione degli outlet potrebbe far pensare a uno sviluppo positivo dell’imprenditoria del terziario, dall’altra si rischia di dare vita a un mercato drogato sin dalla sua nascita. Inoltre, non solo le griffe arrivano a svalutare se stesse con tali produzioni mirate, ma la stessa catena distributiva risulta compromessa, con la vendita, da parte dell’industria, direttamente nei centri degli sconti e con il salto conseguente degli agenti di commercio e dei distributori all’ingrosso. Per capire l’entità del problema nel nostro paese, basta considerare alcuni numeri. Nella sola Italia sono presenti 12 outlet, a fronte dei 22 di tutta la restante parte d’Europa. Per ogni centro commerciale, inoltre, da noi si trovano in media 130 negozi contro i 68 europei. Iniziatrice di tale esperienza sul nostro territorio nazionale, la società inglese Mc Arthur Glen con il "Designer outlet di Serravalle Scrivia, apertosi nel 2000 e soprannominato “la Disneyland dei saldi”. Si è continuato poi con Valmontone, Conselve, Noventa di Piave, Barberino, Rodengo, Albano di Sant’Alessandro, Santhia, Fidenza, Foiano della Chiana, Molfetta, Bagnolo San Vito. Il fenomeno, pertanto, ha avuto la sua principale diffusione nel nord Italia. A preoccupare i commercianti napoletani è anche l’annunciata apertura a Marcianise di “Capri due”.

Tra le soluzioni principali proposte nel corso della tavola rotonda dei tessili, la nascita di un marchio dell’abbigliamento napoletano e il rafforzamento del potere contrattuale della categoria. Due soluzioni non in contrasto tra di loro e che sole possono garantire la sopravvivenza dei negozianti di qualità nella battaglia contro i colossi dell’outlet.

Nota: Oltre ai pezzi sul tema della sezione Megalopoli, anche sull'Outlet Capri Duedi Marcianise Eddyburg aveva pubblicato poco tempo fa una breve nota

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