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Stefano Pareglio
Expo 2015 ecco quello che il progetto non dice
25 Ottobre 2009
Milano
Dietro le accattivanti prospettive presentate dal gruppo di consulenti internazionali, un abisso di discrezionalità totale.La Repubblica ed. Milano, 25 ottobre 2009 (f.b.)

Expo 2015 ha un masterplan concettuale. Il consenso politico è unanime: una buona notizia, dopo mesi di baruffe sulla guida della società di gestione. E a soli sei mesi dalla presentazione al Bie del masterplan esecutivo. Un’altra buona notizia è la sobrietà del nuovo site layout, pur se concettuale. Più di un anno e mezzo è passato dalla vittoria e molte cose sono cambiate, in Italia e nel mondo. Ridimensionare il dossier di candidatura, disegnare un sito in linea con il tema dell’Esposizione era indispensabile. Così è stato: dunque, si può ben dire che l’indisponibilità a ogni modifica non derivava dal timore della revoca dell’assegnazione, ma da una banale sordità politica.

Transeat. Veniamo a oggi. Il nuovo masterplan abbandona la monumentalità. Promuove l’esperienza diretta dei visitatori. Immagina un grande parco botanico da lasciare in eredità a Milano. Enuncia impegni per la sostenibilità. Dispensa leggerezza a piene mani. Contiene anche qualche sana furbizia, dovuta alla ristrettezza delle risorse. La via d’acqua tra la Darsena e l’Expo riappare in forma di canali navigabili interni al sito. La monumentale via di terra di 22 chilometri, tra Milano e l’Expo, è ridotta a itinerario turistico, tra il Palazzo di giustizia e il Castello Sforzesco, passando per piazza Duomo.C’è qualche dimenticanza (che fine fanno i raggi verdi e la "cintura verde" del dossier di candidatura?) E qualche strizzata d’occhio alla storia: i due assi ortogonali che dividono l’area assurgono a "cardo e decumano", la piazza posta al loro incrocio diventa un "foro centrale". Ci sono anche idee meno che abbozzate, come il "tavolo planetario" lungo l’asse principale, o le grandi serre bioclimatiche perimetrali, elevate a principale attrattiva per i visitatori (e si tratta di ben 29 milioni di persone, uno su quattro dall’estero).

Questo l’Expo concettuale, che diventerà reale a tappe forzate: masterplan esecutivo in aprile, concorsi da concludere entro l’autunno del 2011, poi inizierà la preparazione del sito. Come evolveranno le idee della consulta nelle mani della società di gestione? Per evitare che l’attivismo meneghino distribuisca biciclette in assenza di piste ciclabili, proviamo a elencare alcuni temi degni di attenzione.

[Il risultato finale]

Ora l’area è coperta, non ce ne vogliano i progettisti, da una distesa di tende: quale trasformazione verrà indotta dalle opere oggetto di concorso e dai padiglioni nazionali che dovranno ospitare (per ben sei mesi) coltivazioni esemplari di ogni Paese?

[Il post-Expo]

Tramontato il referendum, l’unica indicazione viene dalla Consulta degli architetti: «Expo creerà le condizioni per un nuovo pezzo di città che crescerà attorno ad una grande area aperta, verde e produttiva». Tradotto con malizia: il parco centrale, più o meno esteso, sarà il fulcro di nuovi quartieri residenziali. Del resto, la diatriba sull’acquisto delle aree lascia intendere che la direzione è quella, al di là delle enunciazioni di principio.

[La sostenibilità dell’evento]

La fitodepurazione nei canali è un’idea suggestiva, ma non è certo questa la partita decisiva. Nulla si dice sui temi dell’energia. O sull’accessibilità: eppure, dopo il via libera a infrastrutture di rilievo regionale, ma poco significative per l’Expo (Pedemontana, Tem, Brebemi), mancano le risorse per le opere davvero necessarie, come le linee 4 e 5 del metrò e il collegamento ferroviario Malpensa-Centrale. La stessa ipotesi di costruire strutture riciclabili va meglio precisata: perché non decidere fin d’ora di ricavare dai padiglioni e dagli impianti moduli di case, ospedali e scuole da destinare ai paesi in via di sviluppo?

[Il recupero delle cascine]

Se l’obiettivo principale è riqualificare gli edifici e recuperare spazi per l’ospitalità, prima bisognerebbe indirizzarsi agli oltre 300 mila metri quadrati di terziario inutilizzato. Per le cascine metropolitane, il tema fondamentale è quello di aggiornare le funzioni produttive; anche per questo, stupisce l’assenza di richiami al Parco agricolo Sud Milano, paglione en plein air già pronto per Expo 2015.

[Il rapporto con la città]

Ultimo tema, ormai dimenticato. La Regione tiene le fila della partecipazione (gli Stati generali) e delle scelte infrastrutturali (il Tavolo Lombardia). Il Comune sta per varare il nuovo Piano di governo del territorio, con un percorso parallelo e autonomo. Partite riferite allo stesso tema, ma irrimediabilmente divise: il masterplan di Expo finisce così per rifugiarsi all’interno dell’area "di competenza". Ci dicevano che l’Esposizione non sarebbe stata solo un evento e non si sarebbe ridotta alla trasformazione di un’area libera di 1,7 milioni di metri quadrati. Al contrario, si trattava di una straordinaria occasione per ripensare a fondo la nostra città e il suo futuro. Dobbiamo ancora esserne convinti?

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