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Laura Fugnoli
Eutanasia di una stazione sciistica
12 Gennaio 2013
Padania
La montagna finita, tra cambiamento climatico, turismo monocorde e sfruttamento immobiliare, il modello luna park mordi e fuggi lascia solo macerie.

La Repubblica Milano, 12 gennaio 2013 (f.b.)

OGNI inverno sciare a Caspoggio aveva del miracoloso. Tutti sapevano che l'apertura della stagione sciistica era a rischio. Poi però la nevicata buona arrivava, la manutenzione alla seggiovia rimetteva tutto a posto, e la mitica pista Vanoni riusciva a mantenere il suo appeal. Ma la stazione pioniera dello sci in Valmalenco era ormai troppo acciaccata. È bastata una crisi (finanziaria) un po' più forte, per accorciarne l'agonia. Caspoggio era da secoli terra di arrotini, una tradizione che finì di colpo nel 1959 quando una seggiovia trasformò gli affilatori di lame e forbici in albergatori, battipista e noleggiatori di attrezzatura per il nuovo sport del momento, lo sci. Il benessere viaggiava sulle piste disegnate da Zeno Colò, i residenti da 900 passarono rapidamente a 1500 e i nuovi alloggi per i milanesi andavano via come il pane.

Ora Caspoggio ha chiuso, per sempre. Non sarà più una stazione sciistica, seggiovie e skilift diventeranno archeologia turistica. Peccato che non lo sapesse nessuno la settimana di Natale, quando centinaia di famiglie milanesi armate di sci e scarponi si sono affacciate alle biglietterie della seggiovia Piazzo Cavalli. Un fulmine a ciel sereno per chi aveva prenotato nei cinque alberghi o nelle case-vacanza. «Eravamo in tanti, imbufaliti, siamo corsi dal sindaco - dice Sergio Molino, milanese, amante di quelle piste da oltre trent'anni - ma ci ha detto che gli impianti sono privati e lui non può mettere becco». Tant'è, gli affari sono affari e per il patron della seggiovia, Franco Vismara, erede della stirpe di salumai di Casatenovo, Caspoggio era da tempo un peso: troppi investimenti, pochi introiti.

Ci mancava poi un temporaneo intoppo nell'innevamento artificiale causa lavori dell'Enel; e così la Caspoggio dello sci ha finito bruscamente di esistere. Chiuse le sue belle piste, la Avanzi-Motta, le due "nere" Vanoni e Costera, che tanto piacevano ai più esperti, la Dosso dei Galli e la Sole, chiamata così mica per niente, ma perché Caspoggio ha la fortuna di essere assolata, contro la più buia dirimpettaia Chiesa. Eppure Chiesa è cresciuta negli anni: la sua Snow Eagle, enorme funivia, trasporta masse verso il Palù. Gli impianti di Chiesa sono sempre della Fab Srl di Vismara: Caspoggio la bad company, Chiesa il core business si direbbe in termini economici.

Caspoggio, immagine estiva della (preponderante) parte nuova, foto F. Bottini
Ma lassù, sotto il Bernina che osserva, più che di finanza si discorre di tempi andati, ricordando come sfrecciava sulla Vanoni la Valanga azzurra, quella di Thoeni, Gros ma soprattutto del campione caspoggino Ilario Pegorari. Li allenava Mario Cotelli, che a Caspoggio ha fatto il maestro di sci dal 1962 al 1968, insegnando lo slalom a tanti rampolli della borghesia meneghina: «Il boom - spiega Cotelli, oggi presidente del Consorzio turistico Valtellina - risale all'incontro con Rolly Marchi che creò il Trofeo Topolino: noi allenavamo qui i ragazzini gratis, lui li portava in giro per l'Italia a far le gare. I "topolini" di città venivano con le famiglie, creando un grande indotto. Ma le cose cambiano, il turismo anche». I villeggianti fanno la voce grossa sui forum in rete, «Siamo diventati il dormitorio di Chiesa», e invocano rispetto per quelle piste meravigliose. Certo, l'alternativa c'è: dedicarsi allo sci alpinismo. Proprio a Caspoggio si è appena svolta una gara del campionato italiano: pelli di foca, niente bisogno di impianti, tanto fiato e via, d'ora in poi qui si scia solo in salita.
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