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Alessandro dal Piaz
Errare humanum est, perseverare autem diabolicum
14 Febbraio 2018
Proposte e commenti
La Regione Campania non vuole restare indietro all'Emilia-Romagna, ormai tristemente nota per la sua nuova legge antiurbanistica. In Campania stanno approvando provvedimenti che, col pretesto di colpire l'abusivismo, sollecitano i comuni a incoraggiarlo

La Regione Campania non vuole restare indietro all'Emilia-Romagna, ormai tristemente nota per la sua nuova legge antiurbanistica. In Campania stanno approvando provvedimenti che, col pretesto di colpire l'abusivismo, sollecitano i comuni a incoraggiarlo

Lo scorso 6 febbraio la giunta regionale della Campania presieduta da Vincenzo De Luca ha approvato con la sua delibera n. 57 le “linee guida per le misure alternative alle demolizioni di immobili abusivi” ai fini dell’attuazione della legge regionale 19/2017. L’atto è stato definito con oltre 4 mesi di ritardo rispetto all’impegno dei 90 giorni dall’entrata in vigore enunciato nel testo della legge. Come si ricorderà, su di essa pende il giudizio della corte costituzionale per effetto dell’impugnativa da parte del governo: c’era chi interpretava il ritardo come un indizio di possibili ripensamenti. Ma la campagna elettorale ha esigenze stringenti, non solo in termini temporali. E in tal senso il provvedimento è giunto in tempo utile.

Esso si compone del testo della deliberazione e di un allegato tecnico, che include anche un facsimile di scheda istruttoria. I destinatari infatti sono i comuni campani, unici e autonomi responsabili (il provvedimento lo ribadisce più volte) delle eventuali decisioni in materia. Le linee guida regionali, “ispirate ai principi di semplificazione ed efficienza amministrativa”, sono da intendere come “non vincolanti, volte a favorire l'adozione da parte dei comuni di prassi omogenee e uniformi, a livello regionale, nella istruttoria preordinata alle competenti determinazioni dei consigli comunali ai sensi dell'art. 31, comma 5, del DPR 380/2001 e nella successiva gestione delle scelte inerenti all'utilizzo degli immobili non demoliti”.

“La demolizione di ufficio dell’opera acquisita al patrimonio comunale costituisce la misura ordinaria da adottarsi in ipotesi di abuso”, sottolinea opportunamente l’allegato. “Il consiglio comunale potrà, peraltro, decidere di non procedere alla demolizione (…) ove ravvisi la sussistenza di un interesse pubblico che giustifichi la permanenza dell’opera abusiva e il carattere prevalente dello stesso”.

A tal fine, l’allegato propone “a titolo esemplificativo” disparati casi di “interesse”, elencando l’utilizzo dell’edificio per uffici pubblici o servizi sociali (“anche a gestione privata”), l’incremento del patrimonio comunale per far aumentare le entrate del comune attraverso locazioni o alienazioni, il soddisfacimento di esigenze abitative “attestate dal competente servizio o ufficio comunale”, il contrasto all’ “aggravarsi delle condizioni di disagio abitativo e precarietà sociale in zone ove il fenomeno della realizzazione di edifici ad uso residenziale privi di titolo abilitante riveste proporzioni di particolare rilevanza e nelle quali l’adozione di misure alternative all’abbattimento è compatibile con il perseguimento delle finalità di riqualificazione” indicate nella legge urbanistica regionale 16/2004.

Le farisaiche precisazioni circa la piena autonomia dei consigli comunali non nasconde il messaggio sostanziale. Contro la finalità implicita del testo unico sull’edilizia, cioè impedire che gli edifici abusivi entrino sul mercato, la regione Campania suggerisce ai comuni disposti al compromesso – ma anche agli avvocati degli abusivisti in caso di comuni rigorosi – le giustificazioni opportune alle forme più ampie e disparate di valorizzazione commerciale degli edifici abusivi.

Analogo impegno viene espletato nel consigliare i modi per accertare l’altro requisito richiesto dal DPR 380, il “non contrasto dell’opera con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico”. Per quanto riguarda gli interessi urbanistici, si consiglia di tener conto del grado di infrastrutturazione del contesto, della compatibilità con “il vigente o il redigendo” strumento urbanistico, delle “vocazioni territoriali dell’area e (…) le prospettive di sviluppo territoriale” (sic).

“Ove l’area sia vincolata paesaggisticamente” si potrà valutare “l’incidenza dell’opera abusiva sulla percezione e sul godimento del paesaggio, tenendo conto del contesto antropico esistente”, in particolare se determina “ostacolo o limitazione per le visuali panoramiche godibili da punti di belvedere accessibili al pubblico o da strade pubbliche” o costituisce “detrattore del valore di panoramicità del sito e del contesto”. In ciò riducendo la concezione del paesaggio alle formulazioni visibilistico-contemplative più anguste, come se la legge del compianto sottosegretario Galasso non fosse mai stata approvata.

Ma è in merito alle possibili destinazioni degli edifici acquisiti che il senso del provvedimento si palesa pienamente. L’elenco relativo, ovviamente “a titolo esemplificativo” (che, in effetti, significa: tutt’altro che esaustivo), comprende: uffici pubblici, alloggi di edilizia residenziale pubblica, alloggi per edilizia residenziale sociale, opere pubbliche di interesse pubblico, opere di urbanizzazione secondaria, programmi di valorizzazione immobiliare anche con l’assegnazione in locazione degli immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo, programmi di dismissione immobiliare. In altre parole, quanto la regione Campania consiglia ai comuni è di immettere nel mercato immobiliare l’edilizia abusiva, invece di demolirla, attraverso bando pubblico per l’alienazione o la locazione. “Il contenuto del bando sarà improntato (…) ai principi economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica.”

Sia in caso di locazione che di alienazione si può riconoscere “preferenza (…), a parità di condizioni, all’occupante per necessità”, ossia appartenente alla fascia di maggior disagio, anche per reddito, individuata nel bando e che non possieda altro immobile sul territorio nazionale.

“Le somme ricavate dalla alienazione o dalla locazione degli immobili potranno essere destinate a finalità di pubblico interesse, secondo i programmi e le determinazioni comunali, ivi compresi interventi di urbanizzazione primaria e secondaria, anche al servizio delle zone ove ricadono gli immobili oggetto di alienazione o locazione.”

E dunque, sostanziale equiparazione dell’edilizia abusiva a quella legale, con qualche vantaggio finanziario per i comuni.

Quale messaggio più adatto, in campagna elettorale, per gli abusivisti (e gli aspiranti tali) ? De Luca batte Berlusconi 1-0.

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