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Loris Campetti
Epifani: «I frutti velenosi della guerra in Iraq»
6 Aprile 2006
Articoli del 2005
La liberazione di Giuliana Sgrena e la lotta per ripristinare la pace in Iraq si saldano nella manifestazione del 19 a Roma. Le ragioni dell'adesione della CGIL, in un'intervista a Guglielmo Epifani su il manifesto del 13 febbraio 2005 (la copertina è del 6 febbraio)

Non è un atto formale l'adesione immediata della Cgil alla manifestazione di sabato prossimo per la liberazione di Giuliana, Florence, Hussein, tutti i rapiti e il popolo iracheno. Dal momento in cui si è diffusa la voce del rapimento della nostra inviata a Baghdad, i segnali da corso d'Italia non si sono fatti attendere. Già nella manifestazione promossa al Campidoglio dal sindaco di Roma Walter Veltroni, il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani aveva portato la sua solidarietà. Cgil non vuol dire soltanto il suo segretario e il gruppo dirigente nazionale. Cgil vuol dire categorie, come ad esempio la Fiom, i cui segretari sono subito venuti in redazione per dirci: siamo con voi, come possiamo aiutarvi? Cgil vuol dire decine di Camere del lavoro che hanno svolto un ruolo determinante nell'organizzazione di cortei, presìdi, sit-in, fiaccolate. E già da ieri, chi intende partecipare alla manifestazione - speriamo la festa per l'avvenuta liberazione di Giuliana - di Roma, è alla Camera del lavoro della sua città che telefona, per sapere se sono già stati organizzati pullman o treni. Guglielmo Epifani ha contribuito, anche personalmente, a non farci sentire soli in questo momento drammatico per la redazione del manifesto. Per questo gli abbiamo chiesto di spiegare ai lettori come questo momento viene vissuto nella sua organizzazione.

La Cgil sabato sarà a Roma con noi, per la pace e per la liberazione dei prigionieri in Iraq. Con quali contenuti e motivazioni?

E' presto detto: la solidarietà, che ci fa stare vicini a Giuliana, al manifesto e a chi svolge in Iraq il lavoro prezioso quanto pericoloso di raccontare la verità, parlando con la popolazione civile. La seconda ragione è che in questi momenti bisogna fare, tenere sveglia l'attenzione e viva la coscienza di tutti. Non si può restare fermi, dobbiamo mettere in campo tutto quel che possiamo. Anche per questo è necessario che tutte le componenti della società che in questi giorni trepidano per la sorte di Giuliana e gli altri rapiti restino unite e unite manifestino sabato prossimo. E' importante e positivo che l'intero sindacalismo confederale abbia aderito; sia pure con modalità diverse, anche la Cisl e la Uil saranno con noi sabato, e questo per la Cgil è un motivo di soddisfazione. Guai a restringere il fronte, e noi vogliamo contribuire ad allargarlo.

Battersi per la liberazione di tutti i giornalisti e le altre persone rapite non vuol anche dire battersi per la pace e contro la guerra in Iraq che non accenna a diminuire di intensità?

La situazione a Baghdad e in tutto l'Iraq è ben lungi dall'essere normalizzata. Lo dice la cronaca che resta tragica, senza nascondere il valore democratico delle elezioni che in qualche modo, e a prescindere dalla percentuale dei votanti, si sono tenute qualche giorno fa. Persino gli osservatori meno sospettabili di essere di parte ammettono che quel paese non è pacificato. Con un'aggravante: prima il terrorismo in Iraq non c'era, oggi c'è. C'è il terrorismo e c'è una forte resistenza. In questa situazione difficile si muovono anche bande di irregolari, magari interessate all'utilizzo dei rapimenti per estorcere soldi, al punto di colpire a caso.

Forse perché è più facile colpire un giornalista che opera sul campo, interroga la società civile e racconta come le persone vivono tra bombe e autobombe...

Certo, i giornalisti embedded corrono meno rischi dei giornalisti liberi. Ma in tutte le guerre chi fa informazione libera è nel mirino.

Le conseguenze di questa guerra e di quel che i nostri governanti chiamano dopoguerra confermano l'opposizione della Cgil alla soluzione militare, oppure oggi prevalgono altre considerazioni?

Ogni giorno di più è ribadita la fondatezza della nostra posizione: la guerra era una scelta sbagliata e l'Iraq che essa ha svelato conferma ciò che anche due anni fa era evidente: con forme di pressione interne ed esterne si sarebbe potuto far cadere il dittatore senza provocare migliaia di morti e tutti i disastri conseguenti alla guerra e all'occupazione.

Eppure, la politica estera del governo Berlusconi non è cambiata di una virgola.

Il profilo del nostro paese è curioso. Da una parte si fa esattamente tutto quello che Bush decide e pretende venga fatto, dall'altra resta viva la tradizionale apertura dell'Italia verso i paesi arabi. Berlusconi tende a nascondere la subalternità agli Usa per rivendersi l'altra immagine, ma a nessuno sfugge che l'Italia in questa emergenza non ha certo svolto il ruolo della Germania, della Francia e, in un secondo momento, della Spagna. Eppure, questi paesi dovrebbero essere i nostri primi interlocutori.

Dunque, ha fatto bene l'opposizione ad annunciare il voto contrario al rifinanziamento della missione?

Ha fatto una scelta semplicemente coerente e ovvia. Anche se un problema esiste e chiama in causa il ruolo delle Nazioni uniti: non si può lasciare l'Iraq nel vuoto.

Siamo molto contenti dell'adesione della Cgil alla manifestazione di sabato. E per onestà, devo dirti che ci aspettiamo che non si tratti di un atto formale: siete o non siete, anche da un punto di vista organizzativo il più importante sindacato italiano?

Per sabato garantiamo una forte presenza dell'organizzazione e abbiamo dato indicazione alle strutture di impegnarsi in una forte mobilitazione, perché l'appuntamento di sabato - che anche noi speriamo si trasformi in una festa per l'avvenuta liberazione di Giuliana - è un fatto importante per la nostra democrazia.

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