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“Eolico e democrazia a Montescudaio”
23 Maggio 2007
Lettere e Interventi
Stefano Salvadori, Comitato per la difesa di Montescudaio (Pisa)

Caro Eddyburg, mi domando se domani esisterà ancora la “Toscana delle colline”, quella che nell’immaginario collettivo rappresenta la nostra regione, quei poggi, da sempre sfondo del nostro quotidiano e prima di noi dei nostri padri che hanno amato la loro terra, lavorandola in un razionale rapporto di equilibrio fra uomo e natura. Un paesaggio che ogni toscano porta con sè, inserito come sfondo nelle più alte opere d’arte, perchè esso stesso opera d’arte.

La nuova politica partecipata di governo del territorio: il caso di Montescudaio in provincia di Pisa, è un esempio dei tanti comuni che oggi in toscana partecipano alla corsa forsennata e affaristica all’ eolico, un grande business per le multinazionali e un danno incalcolabile per l’ambiente. Possiamo chiamare referendum democratico quello che si è svolto a Montescudaio il 25 marzo scorso? Una consultazione nella quale chi ha votato SI sceglieva di assicurarsi un beneficio di €300 l’anno? La campagna informativa, per il nnuovo “parco Eolico” di Montescudaio, è iniziata di fatto solo 15 giorni prima del referendum, ed è consistita in un convegno presso il palazzo Comunale dove i relatori erano tutti favorevoli per il SI. Una simile consultazione è stata un’offesa per la democrazia e per questo riteniamo che l’Eolico industriale danneggi non solo e per sempre i preziosi e ammirati paesaggi italiani, ma in vari modi indebolisca anche il processo democratico, specialmente nelle comunità più deboli. La Toscana non può reggere all’impatto di 1500 torri eoliche che potranno essere installate già dal prossimo anno: stiamo parlando di installazioni che superano in altezza i 90 metri, le più alte oggi arrivano fino a 140 metri, più alte del duomo di Firenze che misura 107 metri o della torre di Pisa che ne misura 55metri. Vani sono stati gli appelli degli scienziati, il Premio Nobel per la Fisica Carlo Rubbia, affermava infatti in una recente intervista “…è inutille insistere con l’ energia eolica perchè di vento ce n’è poco nella Penisola, al contrario dei paesi del Nord Europa o dell’Irlanda.”.

Tutto questo per nulla!!! La ricaduta in termini energetici è bassissima, inferiore all’aumento annuo del fabbisogno energetico. Per questo chiediamo con forza che le istituzioni regionali aprano un tavolo di concertazione: vogliamo ottenere l’immediata sospensione delle autorizzazioni, in attesa di una legge regionale che regolamenti la localizzazione dei nuovi “parchi” eolici. Il territorio non è una fonte rinnovabile. Sia chiaro che altrimenti dovremo assumerci la responsabilità di spiegare ai nostri figli che altre vie non esistevano e la distruzione del paesaggio era inevitabile

L’utilizzazione dell’energia eolica è tra le molte cose che in Italia sono gestite malissimo. Si ha l’impressione che il danno provocato sia maggiore del beneficio. Non c’è un confronto serio tra i diversi costi e benefici delle diverse energie alternative, e che l’eolico sia in così ampia espansione al confronto con altri modi solo per due ragini: perché l’unico danneggiato è ilo territorio, come paesaggio e – in molte zone – come produzione agricola cacciata dalla più lucrosa cessione del terreno ai parchi eolici; pertchè chi si muove per produrre l’energia eolica, chi progetta gli impianti, chi sceglie le aree dove installarle è l’industria. Le regioni, nel migliore dei casi, si limitano a porre qualche esclusione: qui non si può. Il che significa “altrove fate tutto quello che volete”. Vogliamo provare, come suggerisce Alberto Magnaghi, provare a contare quanta energia produrrebbe invece coprire di pannelli solari tutte le coperture delle zone industriali? E vogliamo provare a progettare, magari nell’ambito della pianificazione paesaggistica, i parchi eolici là dove non recano danno né al paesaggio né all’agricoltura (né alla sicurezza degli nuomini né alla vita degli animali)?

Oggi, come la lettera testimonia, il passpartout dell’eolico e la sua forza di convinzione sono affidate unicamente all’interesse venale, dei comuni e dei proprietari del territorio rurale. Non è una buona cosa.

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