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Elio Veltri
Enti, immobili e gli affari di Stato
6 Aprile 2006
Articoli del 2005
Un'altra tappa nella liquidazione dei beni comuni. Da l'Unità, 1 luglio 2005

Il Tar Lazio ha respinto i ricorsi del Civ (consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inpdap) e dei consigli di amministrazione degli enti (Inail-Inpdap-Inps) che si sono visti requisire le sedi degli uffici dal governo, conferite al Fip, fondo immobili pubblici appositamente costituito. La prossima tappa di questa partita sulla finanza creativa sarà il Consiglio di Stato.

La “questione immorale” è una miscela esplosiva fatta di svendita del patrimonio pubblico, senza regole e senza certezze, di rendita parassitaria che comprime tutti i settori produttivi del Paese, di azzeramento della legalità, di difesa degli interessi di chi governa, di tolleranza all'assalto alla ricchezza e ai beni del paese, di collusioni negli affari e nella politica con le organizzazioni mafiose. D’altronde, gli incensurati di questi tempi non se la passano bene. Chi delinque o l’ha fatto prima, ha le porte aperte e gode dell'apprezzamento o quanto meno della comprensione di parti significative delle classi dirigenti, nella accezione più estesa.

Il Paese è in vendita. Si vende tutto: case di abitazione, sedi degli enti, e forse domani del governo e del parlamento, caserme e forti, scali e stazioni ferroviarie, terreni del demanio, spiagge. Ma nel turbinio di operazioni illusionistiche di finanza creativa, quelle che riguardano lo Stato sono fittizie e virtuali, mentre quelle che riguardano i privati sono vere e remunerative. Lo Stato ha creato società e le ha chiuse; ha comprato beni che erano suoi e li ha venduti a se stesso. Come qualsiasi faccendiere d'assalto che opera nei paradisi fiscali, ha creato un sistema di finanza pubblica sanzionata da tutti gli organismi internazionali. Tremonti, principe della finanza creativa, per la quale ha un'attrazione erotica, ha presentato il piano di svendita come «la più grande operazione di cartolarizzazione di uno stato sovrano e la più grande emissione di Abs (asset- backed securities) mai realizzata in Europa». Così è nato «Lo Stivale di carta», titolo di un libro, autori i giornalisti Giuseppina Paterniti e Angelo Fodde (Editori Riuniti), ben documentato. A proposito delle cartolarizzazioni versione Berlusconi-Tremonti prendiamo le vicende di Scip 1 e Scip 2, le società inventate e incaricate di condurre in porto le vendite del patrimonio pubblico. La Scip 1 nasce il 23 Novembre 2001, subito dopo l’annuncio di Tremonti in diretta tv sul presunto buco lasciato dal centro sinistra. Nell’atto di nascita è scritto che la società ha come oggetto esclusivo «la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato e degli altri enti pubblici». Il capitale sociale della srl, che in quanto tale non è soggetta a controlli, è di 10.000 euro, una inezia, anche se la società deve vendere e gestire 27500 unità residenziali e 262 immobili non residenziali. Il meccanismo è noto: la società anticipa al governo una parte del denaro previsto che si fa dare dalle banche le quali guadagnano interessi e commissioni o ricava dai titoli, bond, messi sul mercato sperando che i cittadini li comprino. Nel 2002, nasce la Scip 2, anche perché le cose non hanno funzionato bene e con la rapidità prevista per fare fronte ai buchi di bilancio. L’operazione di vendita programmata è davvero imponente: 62500 immobili tra case, uffici, negozi, terreni dello Stato e di tutti gli enti (Enpals, Inail, Inps, Inpdap, Ipost, Ipsema), valore complessivo 9639 di euro.

Lo Stato vende se stesso. Ma non tutto è chiaro e trasparente. La composizione del capitale sociale della Scip è al 50% di due fondazioni olandesi (Stichting Thesaurus e Stichting Palatium) con sede ad Amsterdam, le quali partecipano al capitale con la somma di 5000 euro. Amministratore unico delle due fondazioni olandesi è un “trust fund” di Amsterdam che ha creato le due fondazioni 18 giorni prima che la Scip nascesse e cioè il 5 Novembre del 2001 («Lo Stivale di carta»). I due autori del libro raccontano di essere andati alla ricerca della sede della Scip ma non hanno trovato nemmeno una targa. Sul palazzo campeggiava la targa di Kpmg, nota società finanziaria multinazionale che amministra il programma di cartolarizzazione, funge da consulente e, naturalmente, viene pagata. L'amministratore delegato della Scip è un certo Burrows Gordon, cittadino inglese, nominato per tre mandati. Solo che quando un gruppo di inquilini che vogliono comprare gli appartamenti dove abitano, vuole chiarimenti, in perfetto stile anglosassone, risponde di rivolgersi direttamente al ministero dell’Economia. Il perché di queste scelte per una operazione di vendita del patrimonio pubblico del nostro Paese, nessuno lo sa. Nemmeno il Parlamento che dovrebbe essere informato dal ministro ogni sei mesi e che invece rimane all'oscuro di tutto. Ma una cosa è certa. Mentre gli immobiliaristi sono riusciti a comprare un pezzo del Paese con il 35% di sconto sui prezzi iniziali, lo Stato ha incassato di meno, le spese per commissioni di collocamento dei titoli, consulenze legali, pagamento degli amministratori ecc sono state di 744 mila euro e quelle necessarie per concludere il contratto con alcune banche estere a copertura del rischio di tasso sono state di 2'5 milioni di euro. Il patrimonio del bel paese, nel solo primo anno di vita della Scip, ha arricchito un sacco di persone che abitano altrove.

Quanto alla vertenza in corso con gli Enti, decisa con la sentenza del Tar Lazio, le imposizioni sembrano una rapina. Infatti, Inail, Inps, Inpdap sono costretti a vendere le sedi, a riaffittarle con un enorme esborso di denaro e come se non bastasse rimangono responsabili della gestione e della manutenzione delle stesse. Cose mai viste nemmeno nel peggiore dei regimi.

La vendita del patrimonio dei beni culturali e degli ospedali al prossimo articolo. Vedremo come anche la famiglia Bush si è data da fare.

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