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Guglielmo Ragozzino
Elogio dei «Nimby»
4 Ottobre 2009
Articoli del 2009
I movimenti che si oppongono alle speculazioni e al saccheggio del territorio, forse ci salverebbero da disastri come quello di Messina. Su il manifesto, 4 ottobre 2009 (m.p.g.)

Tragedia prevedibile, anzi annunciata, quella di Messina. Quante volte lo abbiamo sentito dire negli ultimi giorni! Il presidente della Repubblica, quello della Regione, il ministro dell'Ambiente ripetono parole di dolore e indignazione che appaiono di circostanza: le stesse di altre volte. Questa volta però, c'è chi spera che le voci istituzionali non parlino «sull'onda dell'emozione ma per una consapevolezza finalmente acquisita dalla classe dirigente di questo Paese e di questa Regione... ed è necessario che alle parole seguano fatti coerenti».

Quello che precede è un passo della dichiarazione congiunta di Mimmo Fontana, presidente di Legambiente Sicilia e di Gianvito Graziano, presidente dell'Ordine dei geologi della Sicilia. La verifica della coerenza è immediata. «Proprio in questi giorni l'Assemblea sta esaminando il testo del Piano casa siciliano proposto dal governo. Chiediamo un atto di responsabilità e di rispetto delle vittime». Il Piano deve essere ribaltato; non si può consumare altro suolo e aumentare ancora le cubature edilizie in una Regione «in cui l'80% dei Comuni è a rischio di dissesto idrogeologico... La Sicilia decida di trasformare il Piano casa in un grande progetto di riqualificazione del territorio».

Qualche anno fa, nel 2006, Legambiente e il Dipartimento della protezione civile svolsero un'indagine dal nome «Operazione fiumi». Un capitolo era dedicato alla Sicilia. Consisteva nel monitoraggio sulle azioni dei comuni per la mitigazione del rischio idrogeologico. 273 comuni dell'isola erano classificati ad alto rischio di alluvioni e frane. In provincia di Messina erano 91, pari all'84% di tutti i comuni della provincia. Tra questi, il capoluogo, cui sulla base di una votazione da 10 a 0 veniva dato un 2.

È difficile scherzare, oggi, su un voto tanto meritato. L'insufficienza era dovuta all'urbanizzazione con fabbricati industriali e case di abitazione in aree a rischio. Nessuno fece niente. Anzi l'ultima uscita prima della frana fu una distrazione di fondi, stanziati per la mitigazione del danno «distraendo infrastrutture urgenti e attrezzature territoriali» per 1,3 miliardi in Calabria e Sicilia; muovendo, al contrario, un altro passo, probabilmente finto, come ha spiegato sul manifesto di ieri Alberto Ziparo, per la erezione del Ponte sullo Stretto di Messina.

Tutto questo è intollerabile; il nostro giornale ieri ha titolato «Sotto il Ponte», per segnalare questa vergogna; proprio mentre ieri su altri giornali si leggeva anche: «Il ministro rilancia sul Ponte 'Tutto pronto, a dicembre i lavori'».

I movimenti come il no Ponte e tanti altri no, sono stati spesso accusati di egoismo. È stata anche coniata una sigla di successo per descrivere l'effetto Nimby (Non nel mio cortile): per deplorare che nessuno accettasse una grande opera nei pressi di casa con la conseguenza che naturalmente le grandi opere non partissero mai.

Ora va detto che proprio soltanto l'effetto Nimby, può salvarci dai disastri. Solo chi conosce bene il suo territorio e riesce a organizzarsi, e partecipa, e lotta, può battere la speculazione, piccola e grande, del capitale e salvare il territorio, l'ambiente, il paesaggio, perfino: in sostanza la qualità della vita e la vita stessa di molte persone. Altrimenti, dopo, dopo il fatto, ci saranno soltanto gli atti di eroismo e la tragedia, in tante case.

Ieri è stata una grande giornata per i media, in Piazza del Popolo. Tutti insieme abbiamo rivendicato un ruolo forte, libero, capace di resistere al governo e ai padroni. Abbiamo rialzato la testa. È importante però ricordare che il nostro ruolo non finisce lì. Tenere sempre in mente che non si tratta solo di parlare dopo, a cose avvenute, quando i disastri sono ormai irrimediabili. Piangere dopo, scrivere pagine su pagine e accorrere con gli inviati, a tragedie avvenute, è fare come i coccodrilli del potere, pronti a disperarsi, prontissimi a dimenticare tutto. Si tratta di agire prima, quando è ancora possibile interrompere il circuito perverso tra potere, consenso, e, appunto, media. Può darsi che il Nimby non venda, o venda pochissimo, in fatto di pubblicità, ma è certo che salva molte vite.

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