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Jacopo Tondelli
Edilizia ferma, architetti in campo
26 Gennaio 2010
Articoli del 2010
Architetti ordinati: "basta che ci diano la pagnotta, poi che il territorio si fotta". Il Corriere della Sera, 26 gennaio 2010

MILANO — «Sono quattro legislature che la legge sui principi di governo del territorio giace in Parlamento. Tutti si dicono d’accordo, ma poi il testo non viene approvato». A quasi una settimana di distanza dall’Appello lanciato al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il presidente del Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori Massimo Gallione esplicita ulteriormente l’umore della categoria e la visione. «Le emergenze sono due: un rischio idrogeologico gravemente trascurato e altissimo» dice Gallione tornando sui temi della lettera aperta del 20 gennaio «testimoniato da tanti disastri, da un lato, e l’esigenza di ridare fiato a unmercato che è arrivato allo stremo delle forze, dall’altro». Nelle lettera si sottolineava ad esempio la necessità di predisporre piani, «anche a lunga scadenza», al di là della gestione delle emergenze.

Dalla pubblicazione della Lettera-appello ad oggi, a livello governativo, sono filtrate indiscrezioni su un rilancio del «Piano Casa» varato lo scorso anno ma rimasto inapplicato – come conferma sempre Gallione - «in molte regioni», cui la Riforma del Titolo V attribuisce competenze decisive. In vista delle regionali di fine marzo, Silvio Berlusconi immaginerebbe un nuovo «Patto per l’Italia», con i candidati alla carica di governatore, incaricati di attuare entro i primi cento giorni di governo regionale la legge nazionale: quella che consente aumenti massimi fino al 35% delle cubature rispetto alle volumetrie già esistenti e che, dice Gallione, «mostrava una qualche potenzialità di aggredire il mercato, che finora però non è stata sfruttata, anche a causa del conflitto di competenze tra Stato e Regioni. Non ci sono i soldi pubblici per fare nuovi interventi, ma ci sono quelli privati, magari anche in seguito allo scudo fiscale».

Accanto all’esigenza di rilanciare il mercato dell’edilizia, tuttavia, restano le cifre che testimoniano «l’invecchiamento» delle strutture edilizie italiane. Sui 90milioni di vani costruiti nel dopoguerra, il 90% non ha le sufficienti capacità strutturali antisismiche e il 45% di questi sta in zone a rischio idrogeologico medio-alto. Una cifra superiore al 90%, poi, ha una capacità di contenimento della dispersione dell’energia insufficiente rispetto agli standard europei. «Mi auguro che gli aumenti di volumetria consentiti dalla legge nazionale - chiosa Gallione - possano alimentare un processo di sostituzione edilizia, di vero rinnovamento, soprattutto nelle periferie. Non è opportuno aumentare di un piano una costruzione che non rispetta standard di sicurezza».

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