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Ferdinando Imposimato
Ecco la riforma che uccide la libertà dei giudici
18 Agosto 2005
Articoli del 2004
Forse non tutti ricordano che la separazione tra i tre poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario) sono il fondamento della democrazia rappresentativa (la meno peggiore di quelle fin qui sperimentate, diceva Churchill). L'articolo, da l'Unità dell'11 luglio 2004, testimonia un ulteriore grave passaggio verso il regime, attuato dalla maggioranza Berlusconi-Bossi-Follini-Fini

Preoccupa il clima di indifferenza che circonda la legge sull'ordinamento giudiziario approvata il 29 giugno 2004 dalla Camera in contrasto con la Costituzione. Il metodo è stato quello della fiducia. Per i non addetti ai lavori, è bene ricordare che quando viene posta la fiducia, il dibattito si interrompe e si passa al voto del testo indicato dal governo senza discussioni. Il dibattito su un testo di decine di pagine, cruciale per i diritti dei cittadini e il corretto funzionamento delle istituzioni, è durato venti minuti in commissione e zero minuti in aula. Contestato dai magistrati, - che hanno scioperato in maniera compatta per ben due volte, - e dagli avvocati penalisti poiché il Governo ha impedito ai parlamentari di opposizione di dire la loro opinione. Il Governo con un vero e proprio colpo di mano ha approvato una riforma sulla separazione delle funzioni che viola la Costituzione nella parte in cui afferma l'indipendenza del Pubblico Ministero al pari dei Giudici. E in quella in cui disciplina il CSM come organo di autogoverno della Magistratura. E questo obiettivo viene raggiunto con la sottrazione dei poteri al CSM nella selezione delle toghe e nella nomina dei vertici degli uffici direttivi, e la contemporanea dilatazione delle competenze del Ministro Guardasigilli che premia i magistrati che lavorano nel palazzo. Questo avviene con la sapiente regia di esperti che fanno leggi truccate e difficilmente comprensibili. Esse dicono una cosa e ne vogliono un'altra. E sfuggono all'attenzione della pubblica opinione.

In passato non ero contrario alla separazione delle funzioni tra giudici e Pm. Ma oggi essa è fatta contro tutta la magistratura per limitarne l'indipendenza. In ogni caso essa andava fatta con una legge costituzionale e non con una legge ordinaria senza un minimo di discussione. La separazione delle carriere é un sogno lungamente inseguito dal Governo che approfitta del momento più favorevole, essendo la pubblica opinione assorbita da gravi problemi sociali . E per separare Pm e giudici si creano una serie di ostacoli che rendono di fatto impossibile il passaggio dalla funzione requirente a quella giudicante e viceversa. La riforma prevede un solo concorso per l'accesso alle due carriere. Ma evita di indicare quali capacità particolari dovrebbero dimostrare i giudici rispetto ai Pubblici Ministeri. La mancanza di regole consentirà a commissioni addomesticate di selezionare i Procuratori della Repubblica secondo criteri arbitrari adottati dal Ministero della Giustizia. Si sta realizzando l'idea di magistrati graditi al Governo.

L'obiettivo è di vulnerare l'indipendenza del Pubblico Ministero sottoponendolo al controllo dell'esecutivo. Ma l'indipendenza trova la sua consacrazione nell'articolo 112 della Costituzione che stabilisce il principio della obbligatorietà della azione penale.. Principio che si collega a quello che la legge è uguale per tutti. Il Pm deve iniziare il processo ogni volta che viene violata la legge, senza possibilità di discriminazioni o favoritismi a seconda del gradimento del Ministro di turno. La Corte Costituzionale ha sempre ribadito l'indipendenza del Pubblico Ministero soggetto solo alla legge. Sicché non sarebbe possibile, con legge ordinaria, consentire interferenze esterne ed estranee alle sue funzioni come avviene con la legge sull'ordinamento giudiziario.

È stato reintrodotto il concorso per titoli ed esami, per la nomina dei vertici degli uffici direttivi requirenti e giudicanti, con privilegi di carriera per i magistrati ministeriali. Tutto questo intacca l'indipendenza dei magistrati. Basta leggere la relazione alla Costituzione: "Per quanto riguarda la indipendenza del potere giudiziario, occorre predisporre una disciplina tale da distaccare del tutto la carriera degli organi del potere giudiziario - giudici e pubblici ministeri - dal potere esecutivo. Quando si parla di carriera, s'intende riferirsi sia alla assegnazione della sede del magistrato sia alle promozioni". La relazione aggiunge "la nomina della commissione di concorso viene sottratta al potere esecutivo, contribuendosi in tal modo alla ulteriore garanzia di indipendenza della magistratura requirente e giudicante".

Il concorso interno per la promozione dei magistrati, bocciato in passato, è censurabile per tre ragioni. Ingiusto perché favorisce i magistrati meno impegnati e gravati di lavoro. Giudici come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che lavorano 20 ore al giorno nei processi di mafia, sarebbero "sconfitti" da magistrati imboscati presso il Ministero. Il sistema è inadeguato anche perché tiene conto delle nozioni teoriche astratte ma non della capacità concreta, della laboriosità, dell'equilibrio e dell'imparzialità. Ed infine è controproducente, poiché turba la serenità ed il prestigio del magistrato distogliendolo dal lavoro di indagine. Infatti, il giudice sarebbe costretto a trascurare il suo lavoro per impegnarsi a vincere il concorso per titoli ed esami ed aspirare ad un ufficio direttivo.

La riforma tende anche ad un modello di pubblico ministero assoggettato burocraticamente al Procuratore della Repubblica, figura centrale la cui nomina sarà di fatto decisa dal Governo attraverso il controllo dei concorsi interni ed i veti del Ministro. Il Procuratore determina i criteri di organizzazione degli uffici e di assegnazione e revoca dei processi ai singoli magistrati. Qui sta il trucco. Garantita la scelta di Procuratori addomesticati si è creato un meccanismo per cui gli stessi Procuratori avranno la possibilità di manovrare e insabbiare i processi che riguardano fatti che toccano i santuari dei poteri forti.

Di dubbia costituzionalità è anche l’istituzione della "Scuola della Magistratura". Il progetto di legge parte dall'esigenza reale di una maggiore professionalità dei magistrati per raggiungere lo scopo diverso di attribuire il controllo della Magistratura al potere esecutivo. E lo fa con un meccanismo sofisticato che affida la "scuola" ad un comitato in cui prevalgono membri controllati dall'esecutivo. Si tratta di compiti, assegnazioni, nomine, trasferimenti e promozioni che l'art. 105 della Costituzione conferisce al CSM a cui invece verrebbero sottratti.

Altro punto rilevante riguarda il potere del Guardasigilli di opporsi al conferimento di incarichi direttivi assegnati in contrasto con il suo parere. Tale potere di interdizione vanifica le competenze del CSM nella nomina dei capi degli uffici giudiziari.

A tutto questo si aggiunge il fatto che la riforma non produce alcun miglioramento della giustizia poiché il Governo non ha proposto e non intende portare avanti alcuna riforma per accelerare i tempi infiniti dei processi civili e penali.

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