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Antonio Padellaro
Ecco chi ha detto "mostro bavoso"
6 Aprile 2006
Articoli del 2005
Diceva G.B. Marino che "è del poeta il fin la meraviglia". Bisogna ammettere che B. è un poeta. Da l'Unità del 16 febbraio 2005

Lunedì sera, ospite su Raiuno della trasmissione «Conferenza Stampa», Silvio Berlusconi ha accusato l’Unità di averlo definito un «mostro bavoso». Data la profonda gravità e volgarità dell’ingiuria abbiamo subito proceduto a una ricerca di archivio per verificare l’esattezza della citazione che se confermata ci avrebbe naturalmente imposto di rivolgere le più sentite scuse al presidente del Consiglio.

La ricerca ha effettivamente confermato che in data 7 dicembre 2004 la rubrica «Bananas» di Marco Travaglio aveva come titolo «Qua la mano mascalzone (non mostro, ndr) bavoso». Il testo, effettivamente, contiene una serie incredibile di insulti, offese, oltraggi, contumelie che sommati l’uno con l’altro determinano un’aggressione personale senza precedenti nei confronti di un leader politico. Si parla nell’ordine di «leader rottamato», «fior di mascalzone», «uomo dal passato cupo di ombre», «amico dei golpisti», «bavoso», «vergognoso», uno che «ha fatto a pezzi il Paese», «salame», «come chi in America latina adorava il mitra», «disastro», «medium da retrobottega», «capo di uno schieramento demenziale e violento» fatto di «poveracci» e da «squadristi da far valere alle manifestazioni», «canagliesco», «attrezzo per disperati», «figura indegna», uno che «è entrato in una cabina telefonica, si è tolto il liso panciotto, si è spolverato la forfora, si è spogliato ed è rimasto nel costume con mantellina con la grande “M” di Mascalzone». Solo che l’oggetto di tanto odio non è Silvio Berlusconi bensì Romano Prodi. Travaglio, infatti, si è limitato a riportare tutte le infamanti citazioni contenute nell’articolo pubblicato il giorno prima sul «Giornale» di proprietà della famiglia Berlusconi, a firma di Paolo Guzzanti, vicedirettore del quotidiano e senatore di Forza Italia.

Da notare che l’altra sera, su Raiuno, Berlusconi ha potuto diffamare l’Unità a colpi di citazioni false (attingendole dal dossier già distribuito alla stampa, che definisce questo giornale affetto da «sindrome nazicomunista») senza che la conduttrice Anna La Rosa e i quattro colleghi presenti, certamente a conoscenza delle farneticazioni prodotte dagli appositi uffici del premier, abbiano potuto obiettare alcunché. È veramente paradossale (per non dire altro) che il Berlusconi che si presenta in televisione con l’aria della vittima costretta a subire ingiurie e derisione è lo stesso Berlusconi che un giorno sì e l’altro pure insulta pm e giudici (”toghe rosse”, “eversori”, “golpisti”, “comunisti”, “fascisti”, “come la banda della Uno Bianca”, “criminali”, “matti”),giornalisti e attori (Biagi, Santoro e Luttazzi “criminosi”), capi di Stato (Scalfaro “golpista e ribaltonista”) e semplici cittadini (”faccia da stronza”, alla signora di Rimini che lo invitava a tornare a casa).

A questo punto ci aspettiamo che Berlusconi renda, se ne è capace, le sue più sentite scuse a Romano Prodi, all’Unità e alla verità.

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