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Maria Elena Bagnato
[Ebbrezza, mobilità, territorio]
9 Aprile 2012
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Una nota giuridica prova in modo asciutto a ricordare a chi di dovere: il mondo non gira – non dovrebbe girare - attorno all’automobile. Altalex, aprile 2012, postilla. (f.b.)

Al ciclista condannato per il reato di guida in stato di ebbrezza alcolica, non è inflitta la pena accessoria della sospensione della patente.

Così ha disposto la Corte di Cassazione, nella sentenza 19 marzo 2012, n. 10684.

Il caso in oggetto riguardava un uomo condannato dai giudici di merito per essere stato colto con un elevato tasso alcolemico alla guida della propria bicicletta, su cui viaggiava con il figlio minore.

Avverso tale pronuncia di condanna, l’uomo ha proposto ricorso in Cassazione eccependo l'incostituzionalità dell' art. 186 del codice della strada, con riferimento all'art. 3 della Costituzione. In particolare, lo stesso contestava l’applicazione della sospensione della patente per tutti i casi di conduzione di veicoli in stato di ebbrezza alcolica, senza che vi sia una differenziare tra la guida di veicoli a motore e guida di un velocipede.

In realtà, tale censura non assume rilievo, atteso che, la sanzione suddetta non è applicabile alla fattispecie de quo , “in cui la violazione si realizzi ponendosi alla guida di un mezzo per il quale non è prescritta alcuna abilitazione alla guida”.

Per tali ragioni, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

postilla

Come diverse è stato ribadito su queste pagine in casi simili, di cose legate al consumo di sostanze varie, è vero che l’ubriachezza è pericolosa, ma il vero danno (a parte il mal di testa del giorno dopo eccetera) in fondo lo può fare solo l’impatto della lamiera contro qualcos’altro. Diciamo pure che possa essere accettabile quella semplificazione secondo cui alcol + guida = pericolo = reato. Ma da qui a estendere l’universo delle sanzioni a tutti gli aspetti della mobilità sul territorio ce ne passa. Il tizio andava in bicicletta, e aveva bevuto. Era un pericolo? Magari si, per sé stesso, per la bambina che si portava appresso, per gli altri sulla strada, chissà. Non si sa da dove sia partita tutta la faccenda: era un energumeno sbandante sulla pubblica via? C’era un tutore dell’ordine annoiato e in vena di calcare un po’ la mano sulla discrezionalità della repressione? Non è dato di sapere. Ma estendere la sanzione alla patente di guida, per uno che sta facendo tutt’altro, è un po’ come togliere la patria potestà a chi commette reati finanziari: che c’entrano le due cose? È successo che tutti, in questo e in altri casi, continuano a pensare che la strada sia il mondo dell’automobile, che tutto debba ruotare attorno a quell’oggetto, dalle norme ai comportamenti. Una monumentale sciocchezza, da cui fortunatamente – pare – ci salva il diritto. Per adesso (f.b.)

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