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Antonietta Mazzette
È arrivata l’ora di liberarci dell’immaginario televisivo che ci è stato cucito addosso
26 Agosto 2011
I tempi del cavalier B.
Dietro la fabbrica di illusioni un potere che poco si è occupato degli interessi del Paese e molto dei propri. La Nuova Sardegna 26 agosto 2011

Confesso di aver archiviato come sciocchezza la frase “C’è troppa Sardegna nella vita politica degli ultimi 10 anni”, seppure pronunciata da una persona dal pensiero raffinato come Giuliano Amato che ha, comunque, subito aggiunto “Non me ne vogliano le famiglie sarde”. Ma anche le sciocchezze possono essere utili se aiutano la riflessione. Mi permetto di proporre la seguente: il reale e l’immaginario quasi mai sono coincidenti, inoltre non sempre il primo prevale sul secondo. Nel caso della Sardegna è accaduto proprio questo, e cioè che l’immagine - che per ovvie ragioni deve essere semplificata per raggiungere il suo scopo - abbia pesantemente dominato sulla realtà dell’Isola che è fatta invece di complessità, di contraddizioni e di tanta fatica del vivere. È accaduto in un passato non lontano, quando l’Isola era prevalentemente percepita come terra di banditi, talvolta ammantati di romanticismo alla Mesina (e al quale oggi magari chiedono un autografo).

Allora come oggi, c’era chi si indignava. Uno di questi era mio padre, sardo doc e militare altrettanto doc (della Benemerita) che i delinquenti lui li metteva in galera e che perciò mal digeriva un’immagine di tal fatta. È accaduto negli anni ‘60/70 con il successo della Costa Smeralda, per le presenze del c.d. bel mondo internazionale, fatto di fascino, eleganza e, ovviamente, tanta ricchezza. È inutile sottolineare che dietro la costruzione di un mito c’è tanto lavoro reale, in questo caso ci sono un’industria turistica, investimenti, professionalità e altro ancora. Di questa immagine mi pare che ben pochi si siano lamentati, anzi ha esercitato una tale influenza che, da allora, il principio di emulazione ha contagiato ogni territorio: anche il più piccolo comune ha scoperto la sua vocazione turistica e si è appropriato dell’orribile parola “valorizzazione”, orribile non in sé ma per la ricaduta che ha avuto in termini territoriali.

Ma né la prima né la seconda immagine (che talvolta si sono alimentate a vicenda) hanno assunto una veste politica. Questa è arrivata con Berlusconi e con il fatto di aver scelto di risiedere (si fa per dire) di tanto in tanto nella sua altrettanto mitica e mitizzata residenza. Residenza che qualcuno ha cercato di inserire nei percorsi turistici e nelle visite guidate: ricordo di una notizia riguardante un pullman carico di anziani che sono stati condotti a Villa Certosa e dove, felici di raccontarlo, hanno ricevuto un cestino di squisitezze, ovviamente a nome del Presidente del Consiglio.

Oggi, la Costa Smeralda e i suoi dintorni rinviano l’immagine di presenze più o meno note per sporadiche presenze televisive, più o meno ricche per denaro accumulato rapidamente e non si sa bene come dopo il crollo dell’Unione Sovietica, più o meno oscure per i giochi di intermediazione di vario genere e di vari affari. Presenze peraltro amplificate dall’attenzione mediatica a loro riservata. L’immagine che prevale - questa sì che è fortemente diseducativa -, è che sia facile avere successo (al di là delle capacità individuali), che sia altrettanto facile far parte di qualche programma televisivo, sul cui valore culturale è bene tacere, e che basta stare sulla scena per essere importanti.

Se questa è la Sardegna a cui si riferisce Amato, allora è bene ricordare che è nata altrove, nella Milano da bere degli anni ‘80, negli studi di importanti televisioni nazionali, nei diversi Format acquistati altrove, perché da noi non si è autori neppure della televisione spazzatura. Ma se a tutto ciò tolgo la parola Sardegna, Presidente Amato, non ritiene che rimanga in piedi quella fabbrica di illusioni che ha costituito il fondamento a un potere politico che poco si è occupato degli interessi

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