Mi sembra che l’occasione della ricorrenza dei 70 anni dalla approvazione della legge urbanistica nazionale puntualmente colta da eddyburg, in particolare da link http://eddyburg.it/article/articleview/19358/0/375/Vezio De Lucia>, sia molto opportuna proprio in un momento di così intensi e, per certi aspetti, confusi mutamenti in corso in questo paese.Non sostengo che bisognerebbe “aprire un dibattito” ma qualche considerazione e qualche proposito forse si potrebbero azzardare. Provo a portare il mio contributo sulla base della mia esperienza “sul campo”, da funzionario pubblico.
Lo scritto di De Lucia lascia un fondo amaro quando riconosce il progressivo declino delle speranze di ottenere una legislazione urbanistica nazionale imperniata sulle acquisizioni fondamentali elaborate in decenni di battaglie culturali e politiche della comunità che si era riproposta di adeguare i principi di governo del territorio al dettato costituzionale repubblicano.
L’affermazione che «abbiamo finito con il sentirci obbligati a difendere quella legge con le unghie e con i denti, sapendo che dalla politica e dalle istituzioni di oggi possono venire solo peggioramenti» riassume efficacemente un senso di desolazione dell’autore a cui sono tentato di aderire senza riserve. Però mi sforzo, nonostante tutto, di cercare una strada e un metodo razionale per riproporre l’esigenza di una nuova stagione della disciplina degli interventi sul territorio.
Proprio di fronte ai pessimi esempi che siamo costretti a constatare quotidianamente a tutti i livelli di responsabilità istituzionale?
Proprio in una fase in cui la ristrutturazione economica in corso (impropriamente e interclassisticamente chiamata “crisi”) sembra travolgere gli ultimi pilastri di una corretta gestione dei fatti urbani e assume il territorio come motore di un improbabile e, comunque distruttivsviluppo (anzi crescita senza aggettivi di sorta)? Proprio nel momento in cui non si sa più bene nemmeno quante e quali entità territoriali sopravviveranno alla sconclusionata distruzione spacciata per riduzione della spesa pubblica? Si, penso che proprio ora sia il momento di riprendere il ragionamento sul tipo di ordinamento che vogliamo dare alla legislazione del territorio di questo tormentato Paese.
Il punto di partenza sono i principi cardine su cui costruire un nuovo quadro di riferimento nazionale. Questi sono talmente presenti sulle pagine di Eddyburg da consentirmi di darli per acquisiti. Mi limito solo a riprendere la recente intervista di Salzano ad “Architettura del Paesaggio” pubblicata sul sito dove indica con chiarezza i tre passaggi essenziali per imprimere il cambiamento culturale necessario ad aprire la strada ad una nuova stagione dell’urbanistica italica. Lì c’è già tutto quel che serve e provo a riassumerli:
- bloccare il consumo di suolo come presupposto per il rinnovo del patrimonio edilizio costruito e la difesa delle risorse naturali;
- affermare una concezione “sistemica” del territorio per ricondurre ad unità le sue componenti e ricostruirne le relazioni complesse e imprescindibili;
- ridare centralità alla pianificazione urbanistica e territoriale (pubblica, aggiungo io, e forte perfino autoritativa!) per scongiurare la deriva di un libero mercato che poi non è ne libero ne mercato ma semplice appropriazione privata di beni e valori pubblici.
A questi andrebbe senz’altro aggiunta una decisiva disposizione che sganci definitivamente i contributi sulle attività edilizie da utilizzi di bilancio impropri facendo venir meno l’alibi delle esigenze di finanza locale per lo spreco di suolo.
Il secondo punto da valutare riguarda le gambe sulle quali la rivendicazione di una nuova legge urbanistica può camminare. Si sa che i processi di riorganizzazione politica in corso, in Italia come altrove, seguono orientamenti che vanno in direzione ben diversa dalle mete auspicate.
Si è ancora impegnati in una scomoda trincea in cui si cerca di difendere le posizioni acquisite dai continui assalti avversari.
Eppure siamo in una situazione in cui si mescolano
elementi regressivi nelle scelte politico-istituzionali a esperienze diffuse di indubbio interesse per la qualità e intensità dei conflitti che sui territori si generano.
Penso alle lotte su molti aspetti legati a obbiettivi affini a quelli proposti da Salzano che ho richiamato. Per tutti indicherei la difesa dei beni pubblici territoriali ed economici: paesaggio, acqua pubblica, recupero del significato di “comunità”; la scoperta/riscoperta del concetto di “bene comune” (che bello sarebbe vederlo scritto in una legge urbanistica); le mille iniziative che coinvolgono temi grandi (NO TAV, il risanamento di una fabbrica-città come l’Ilva) e piccoli (come la difesa di un lembo di spazio di vita sociale in un piccolo borgo italiano). Per tutto questo e per i cittadini che resistono dobbiamo continuare a sostenere la necessità e l’urgenza di una legge urbanistica nazionale basata sui principi ricordati. Sono tanti, generosi e lo meritano.
Chi la può sostenere oltre a quelli che questa legge già la praticano nel loro impegno? Il panorama offerto dalle istituzioni odierne non induce certo all’ottimismo ma, prima o poi, anche le rappresentanze politiche, se vorranno ancora rappresentare qualcosa, saranno costrette ad accorgersene. O ne pagheranno le conseguenze.
Un’obiezione del tutto ragionevole suggerisce che in questo momento storico è più prudente un’azione di contrasto delle nefandezze peggiori in attesa di tempi più propizi. Temo che il momento favorevole per conquistare nuove posizioni non verrà mai se non usciamo dal ristretto orizzonte dei rapporti di potere consolidati passando ad una fase propositiva che faccia tesoro delle migliori esperienze su cui possiamo già oggi contare. Di questo, in fondo, si discuterà nella prossima scuola di eddyburg a Verona che propone una riflessione sulle forme della politica e i conflitti territoriali oggi. Forse vale anche la pena di legarla alla ricorrenza dei 70 anni della legge urbanistica nazionale.
Ricominciare e poi che senso ha. Ho pensato a Mina leggendo l'intervento di Bellone. Nel merito della sua proposta sono pienamente d'accordo, ma al tempo stesso non mi sottraggo al senso di inutilità, e quindi di frustazione, che mi prende all'idea di impegnarci nuovamente nella stesura di un disegno di legge urbanistica. L'ultima proposta di eddyburg è del 2006, frutto di un lavoro intenso e collettivo. Fu anche, inutilmente, presentata alla Camera e al Senato. Comunque ne discuteremo , a cominciare prossimo seminario Se/ed, anche in preparazione di nuove iniziative, nelle quali ci piacerebbe molto riuscire a mobilitare anche altri rispetto a quelli che hanno finora lavorato per le nostre proposte normative, mutando il loro ruolo da interlocutori e amici a protagonist di iniziative di eddyburg.(v.d l.)