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Edoardo Salzano
Due "sindaci", una faccia
28 Febbraio 2014
Scritti ricevuti
Il pensiero unico dell'ex sindaco di Firenze, oggi "Sindaco d'Italia": la cultura come gadget e moneta di scambio, il dissenso come male da estirpare. E tutti gli vanno dietro.

Il pensiero unico dell'ex sindaco di Firenze, oggi "Sindaco d'Italia": la cultura come gadget e moneta di scambio, il dissenso come male da estirpare. E tutti gli vanno dietro.

Con il rituale della fiducia, si è compiuto l'atto finale della presa di potere da parte del sindaco di Firenze, ma già prima alcuni segnali inequivocabili ci hanno restituito senza ombra di dubbio i connotati di ferocia politica che caratterizzano questa operazione.

Come risulta dalle cronache, il neo presidente del Consiglio, nel predisporsi al nuovo incarico e quindi traslocare da Palazzo Vecchio ha voluto, per dir così, "dare una sistemata" alle cose di casa, per permettere al suo delfino Dario Nardella di subentrargli alle prossime elezioni fiorentine. Questo domino di poltrone ha coinvolto anche la giunta regionale: Enrico Rossi ha quindi dovuto procedere ad un rimpasto per consentire a rappresentanti fiduciari di Renzi di occupare posizioni di rilievo, a partire dalla vicepresidenza nella figura di Chiara Saccardi. Nel rimpasto il presidente della Regione, forse nel tentativo di "riequilibrare" a sinistra la sua giunta, ha proposto l'Assessorato alla Cultura ad un intellettuale di sicuro prestigio, Tomaso Montanari, salvo poi ritirare in tutta fretta l'offerta di fronte al veto dello stesso Renzi.

Notorie sono le battaglie che Montanari, fiorentino, ha condotto in questi anni- sulla stampa e spendendosi in appoggio ai comitati civici - contro le politiche culturali di Renzi.

"Le pietre e il popolo" riassume gran parte di quelle critiche che convergono sostanzialmente in quella, complessiva, di un uso distorto ed opportunistico del patrimonio culturale cittadino, fra i più straordinari al mondo, a fini mercantilistici o di visibilità personale. Uso e abuso non solo potenzialmente pericoloso per la tutela degli stessi beni culturali, ma, soprattutto contrario allo spirito costituzionale secondo il quale il nostro patrimonio è innanzi tutto strumento di crescita civile e di integrazione sociale.
Non quindi merce da cedere, per poche lire, a pochi privilegiati, come è accaduto, ad esempio, con l'affetto del Ponte Vecchio per una kermesse della Ferrari, ma strumento di educazione e godimento per tutti i cittadini.

Il veto, greve e feroce, posto dal nuovo padrone del PD non è quindi da leggere solo come tentativo - comunque gravissimo - di censura del dissenso, ma anche come repressione di una diversa idea, non solo del nostro patrimonio, ma della nostra idea di democrazia.

Come sanno bene anche i lettori di eddyburg che ospita molto spesso gli interventi di Montanari, quest'ultimo, lungi dall'essere un intellettuale da salotto (accusa dei renziani quando è scoppiato il caso toscano), partendo da una prospettiva specifica, quella dei beni culturali, è uno dei pochi intellettuali ad aver saputo riconnettere il tema della tutela a quello più ampio, ma politicamente congruente, della giustizia sociale, dell'inclusione, dell'educazione civile come primo strumento di costruzione di una democrazia consapevole ed allargata.

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