Il degrado di Milano continua, è a macchia di leopardo e non risparmia né centro né periferia, ci manca solo un´unità di misura: la sua "magnitudo", come per i terremoti. Ci arriveremo. Il degrado può essere in due fasi od in un´unica soluzione. Se è in un´unica soluzione si tratta del tempo che passa combinato con l´incuria e la sciatteria. Se è in due fasi si tratta del degrado iniziale (fase 1) – degrado del progetto, sua cattiva esecuzione, incompletezza dell´opera – e del degrado successivo (fase 2), ossia l´inizio dello scorrere del tempo ovviamente combinato con la nota incuria e sciatteria. Un esempio tanto pregnante quanto clamoroso: Piazza Duca d´Aosta, il degrado in due fasi. Il progetto di sistemazione della piazza degli architetti Antonio Zanuso e Carlo Chambry vinse il concorso bandito dal Comune di Milano nel 1988. Il concorso riguardava la sistemazione di tutto l´asse che va dalla fine di Via Turati fino a Piazza duca D´Aosta – dunque anche Piazza della Repubblica e Via Vittor Pisani - con i due risvolti di Piazza Luigi di Savoia e Piazza IV Novembre. Si trattava di ridare dignità a un pezzo di Milano, forse l´unico della Milano moderna, stravolto dalle costruzioni della metropolitana e del parcheggio di Via Vittor Pisani. Ricordando vagamente la vicenda, mi sono fatto mostrare il progetto per confrontarlo con la realtà. Non mi stancherò mai di ripetere che il progetto d´architettura non è come il salame, non si taglia a fette secondo l´appetito o, meglio, l´estro dei pubblici amministratori.
Di quel progetto se ne realizzò solo una parte - poi vedremo come - quella di Via Vittor Pisani e Piazza Duca d´Aosta. Ecco il primo avvio del degrado: realizzazione parziale, in questo caso meno della metà. I lavori cominciarono che era sindaco Paolo Pillitteri, poi ci fu Piero Borghini, poi il commissario Claudio Gelati, poi Marco Formentini e l´inaugurazione nel ´96: sei anni di lavori per sistemare il parterre di Piazza Duca D´Aosta e Via Vittor Pisani. Ma nemmeno questa parte rispettò il progetto originario. L´esecuzione di quel poco fu pessima e oggi, a dieci anni di distanza si vede perché il tempo è giustiziere e l´uomo ci mette del suo. I rivestimenti dei muretti delle aiuole sono caduti in molti punti, le pietre del lastricato sono per la maggior parte rotte – dovevano essere spesse 6 centimetri e furono posate da 4 – e dove sono state sostituite non lo si è fatto con lo stesso materiale: la piazza ormai è un arlecchino.
Le panchine di progetto lungo la facciata della stazione sono state rimosse – ci dormivano i barboni che adesso dormono nelle vicinanze – i due filari di magnolie sono la testimonianza del pollice verde milanese – quelle vive stentano e quelle morte sono state sostituite con altre di diversa specie - ed alcuni gradini divelti giacciono (da anni) abbandonati qua e là come i paracarri originari in granito. Delle due rotatorie per i taxi se ne realizzò solo una. Le piante lungo Vittor Pisani non attecchiscono perché non c´è terra sufficiente. La ciliegina sulla torta (ma non è certo chiuso il lunghissimo elenco degli scempi) è il sentiero guida per ciechi, quello che dovrebbe condurli all´ingresso della Regione ma finisce contro il muro di cinta. Non c´è pietà per nessuno. Questa è la Milano delle "eccellenze" che si candida all´Expo nel 2015. Questa è la città che la giunta vorrebbe illuminare di più. Santa penombra.