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Roberta Fantozzi
Dov'è finito il piano per la casa?
27 Luglio 2007
Articoli del 2007
Sembrava che si volesse superare uno scandalo durato troppo. Invece… Da il manifesto del 27 luglio 2007

Non è «solo» su pensioni e mercato del lavoro che il profilo generale del governo Prodi rischia di connotarsi come sempre più distante da bisogni e aspettative. La lista delle sofferenze rischia di allungarsi, le emergenze sociali di incancrenirsi. E' quanto sta accadendo sulle politiche abitative. Drammaticamente, perché l'azzeramento del molto e buon lavoro che era stato compiuto in questo ambito provoca oltre che sconcerto, la messa in discussione persino della credibilità del governo. Se linee di indirizzo precise e dettagliate anche nella quantificazione delle risorse, concordate da ben quattro ministeri, dalla Conferenza delle regioni, dall'Associazione dei comuni, dalle organizzazioni di settore e sindacali vengono da un giorno all'altro in sostanza annullate, il senso di impotenza si fa grande.

Le politiche neoliberiste hanno significato scelte precise e regressioni altrettanto nette. Veniamo da anni in cui in nome della supremazia del mercato si sono deregolamentate le locazioni, messi in atto giganteschi processi di privatizzazione e interrotti i finanziamenti all'edilizia residenziale pubblica. Così mentre la rendita immobiliare è schizzata alle stelle, e il «mattone» è diventato uno dei più lucrosi meccanismi di valorizzazione del capitale, dieci milioni di persone, 75% delle quali ha un reddito inferiore ai 20.000 euro annui, composte in larga parte da anziani, precari, migranti, hanno dovuto arrangiarsi. Sopportare affitti pari a metà di redditi già bassi e sommare al ricatto del lavoro precario, quello dell'abitazione. Oppure non farcela, come accade a molti, con il dato terribile degli sfratti per morosità, passati negli ultimi venticinque anni dal 13% al 70% del totale.

Un emergenza sociale pericolosa, soprattutto nelle realtà metropolitane dove si concentrano le contraddizioni più acute con la percentuale degli affitti che raddoppia rispetto al resto del paese, espellendo in periferie lontane i ceti popolari. La precarietà del lavoro e l'impossibilità di una casa hanno fatto crescere in dieci anni di ben 8 punti la percentuale di quanti nella fascia di età fra i 25 e i 34 anni restano nella famiglia di origine, portandola all'abnorme 43%.

A questa situazione il governo aveva promesso di porre rimedio. A partire dalla cosiddetta legge Ferrero per la prima volta si erano messe insieme risposte all'emergenza e strumenti di programmazione e, con un inversione di tendenza nettissima, si era affermato che all'edilizia residenziale pubblica e sociale dovevano essere destinati annualmente un miliardo e mezzo di euro, che il diritto alla casa doveva diventare una prestazione essenziale del Welfare, che il costo dell'affitto doveva essere detraibile dalla dichiarazione dei redditi, mettendo in campo un meccanismo di conflitto di interessi tale da poter efficacemente contrastare il mercato nero, che il canale concordato doveva essere rafforzato e il fondo sociale raddoppiato, mentre in 6 mesi andavano recuperati i 25.000 alloggi pubblici non utilizzabili perché degradati. Il piano avrebbe dovuto essere avviato con urgenza e un decreto era già pronto per avviare questa prima fase di interventi con la messa a disposizione di 600 milioni di euro.

Poi improvvisamente il decreto è scomparso e del piano casa non si parla più. Mancanza di copertura finanziaria. Non è valso fino ad oggi che l'Anci abbia rotto i rapporti istituzionali e minacci iniziative più dure, né che i sindacati dell'inquilinato denuncino quanto sta accadendo, compreso quando la proroga degli sfratti del 15 ottobre scadrà per ultrasessantacinquenni, malati terminali, disabili. Né sono valsi i tentativi del Ministro della solidarietà sociale di avere risposte.

La questione non può finire così. Vanno date risposte immediate per l'emergenza e va impedito che si abbandoni il percorso delineato. Ma servirà tutta la capacità di costruire iniziative, mobilitazioni, conflitto. Servirà un autunno caldo di protagonismo delle sinistre sociali e politiche. E' l'unica chance che abbiamo di tenere aperta una possibilità di cambiamento.

L’autrice è componente della segreteria nazionale Prc-Se

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