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Massimo Ronny; Franchi Mazzocchi
Dossier trasporti
28 Dicembre 2011
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Geniale: accollare allo stato i costi e i sovraccosti dei vantaggi privati e contemporaneamente peggiorare il servizio pubblico per i cittadini. La classe non è acqua. L’Unità, 28 dicembre 2011

Al mercato dei treni prezzi di favore

per Montezemolo & c.

di Ronny Mazzocchi

La possibilità di comunicare all’interno di un Paese e verso l’esterno nel modo più razionale possibile è sempre di più una delle condizioni essenziali per non essere esclusi dal club delle nazioni che ambiscono a ricoprire un ruolo di primo piano nello scacchiere mondiale.

Che la partita dei trasporti sia centrale per il nostro futuro lo hanno capito in molti. Attorno a questo grande osso si agitano infatti lobbies, imprenditori, banche e società di assicurazioni, tutti interessati a consolidare il loro giro d’affari in una partita assai redditizia. Si tratta di una operazione perfettamente legittima, a patto però che vi sia qualcuno che si preoccupi di discriminare fra guadagni privati e interessi collettivi, dato che i due di rado tendono a coincidere spontaneamente. Purtroppo in questi ultimi vent’anni complice l’invadente retorica sulla necessità di privatizzazioni, liberalizzazioni e deregolamentazioni non si può certo dire che il filtro sia stato efficace.

Il caso del trasporto ferroviario e dell’alta velocità è in tal senso emblematico. L’iniziale volontà del legislatore di far partecipare alla partita anche il capitale privato aveva spinto ad affidare la gestione del servizio in regime di monopolio alle Ferrovie dello Stato, in modo da garantire una adeguata remunerazione dell’investimento. In verità di soldi privati, alla fine, se ne videro pochi. Ma, come spesso accade nel nostro Paese, al momento di lucrare i profitti si sono materializzati in molti. Se non ci saranno altri rinvii, a marzo dovrebbe partire l’avventura della Nuovo trasporto viaggiatori (Ntv), società italo-francese costituita da Luca Cordero di Montezemolo e Diego Della Valle nel dicembre di cinque anni fa con un capitale iniziale di solo 1 milione di euro.
Pur essendo una azienda di nuova costituzione, totalmente priva di esperienza e senza dipendenti, la Ntv è riuscita nel giro di pochi mesi ad ottenere la licenza per l’esercizio dei servizi ferroviari. Questo autentico miracolo è stato possibile grazie all’intervento del governo che, modificando quanto imposto da una vecchia legge (166/2002), ha eliminato l’obbligo di gara per l’assegnazione di un servizio pubblico fornito su infrastruttura pubblica (159/2007). All’azienda di Montezemolo veniva così concesso di poter scegliere fasce orarie e tratte fra le più redditizie, contro il pagamento di un canone annuo di 11 euro a chilomentro la metà di quanto previsto in Francia insufficiente a garantire la manutenzione delle stesse infrastrutture che rimarrà per buona parte a carico dello Stato (una vicenda che, purtroppo, ricorda sinistramente cosa è accaduto con la mancata asta per l’assegnazione delle frequenze televisive).

Ottenute le licenze e firmati i redditizi contratti, la Ntv si è arricchita di nuovi soci, fra cui Intesa San Paolo, le Assicurazioni Generali e la Société Nationale des Chemins de fer Français, posseduta al 100% dallo Stato francese. Con tutti questi innesti il patrimonio netto della società è lievitato così fino a raggiungere i 300 milioni di euro. Non è tutto: in attesa del debutto su rotaia la Ntv ha stipulato pure un accordo con Alstom, società transalpina in stretti rapporti con lo Stato francese, per la costruzione di 25 treni dal costo complessivo di 650 milioni di euro, ottenuti attraverso un prestito di Intesa San Paolo. Dei 25 treni, però, solo 8 sono stati prodotti nello stabilimento italiano di Savigliano, un tempo di proprietà di Fiat Ferroviaria, ex-produttrice dei famosi Pendolini. Una scelta che ha fatto infuriare i sindacati, subito pronti però, nel luglio di quest’anno, a stipulare con la Ntv un assai discutibile contratto di lavoro, al punto che l’amministratore delegato di Fs Mauro Moretti ha minacciato la disdetta del contratto nazionale se non verranno applicate eguali condizioni anche a Trenitalia.

Il rischio, infatti, è che il dumping contrattuale finisca per penalizzare l’azienda di Stato, così come è accaduto in passato al trasporto aereo con Alitalia e a quello marittimo con Tirrenia. Le polemiche, però, non si sono limitate a questo. In questi mesi Montezemolo e Della Valle hanno più volte lamentato boicottaggi da parte delle Fs dai test del materiale rotabile alle attività di marketing volto a ritardare l’inizio dell’attività commerciale. Moretti, dal canto suo, ha ricordato non solo come la sua azienda, a causa di un ricorso al Tar della Alstom, abbia subito il blocco di una ricca commessa da 1,54 miliardi di euro al consorzio italocanadese Ansaldo-Breda-Bombardier per la produzione di nuovi convogli, ma anche la disparità di regole sul mercato ferroviario europeo che penalizza le aree più deregolamentate come l’Italia.

Forse la migliore chiave di lettura di tutta la vicenda l’ha fornita proprio Montezemolo: «Siamo la prima compagnia ferroviaria privata dell’alta velocità in Europa». Se negli altri Paesi difendono il monopolio delle compagnie statali, dall’energia ai trasporti, forse un motivo ci sarà. ❖

Trasporto locale, ultimi in Europa

Colpa dei pochi fondi

di Massimo Franchi

Pochi fondi e pochi treni. Trenitalia si difende: non dipende da noi. Il governo Monti ha rimpinguato gli stanziamenti alle Regioni. Ceccobao (Toscana): noi investiamo. Vetrella: fiscalizzazione ci permetterà di fare gare vere.

Su un dato sono tutti d’accordo: il trasporto locale su ferro in Italia non funziona. Dalle tantissime associazioni che rappresentano i 3 milioni di pendolari, a Legambiente che con il rapporto Pendolaria lo monitora ogni anno, alle Regioni che questo servizio lo gestiscono, a Trenitalia che è il committente quasi monopolistico il coro è unanime: il servizio è scadente, pochi treni, vecchi e sporchi, tanti ritardi e soppressioni.

Su motivi, colpe e responsabilità il quadro è più complicato. Il principale indiziato, Trenitalia, ha gioco

facile a chiamare in correo il governo. Quello Berlusconi in particolare: dei 2 miliardi strombazzati da Matteoli da mettere a bando per i treni locali sono stati stanziati solo 500 milioni, mentre i tagli al finanziamento del Trasporto pubblico locale (Tpl) su ferro per il 2012 sono stati tagliati con la mannaia, passando dai 2.055 milioni del 2010 alla penuria di 400 milioni. Per fortuna il governo Monti ha dimostrato più sensibilità e, grazie alla pressione delle Regioni, in extremis il 21 dicembre ha aumentato lo stanziamento a 1.748 milioni.

«Il 2012 sarà un anno di transizione spiega Sergio Vetrella, coordinatore Trasporti della Conferenza delle Regioni e assessore della Campania ma la vera rivoluzione arriverà nel 2013 quando partirà la fiscalizzazione del servizio: non avremo più soldi a mozziconi ma un finanziamento preciso derivante dall’aumento delle accise sulla benzina. Così continua Vetrella avremo più responsabilità, ma potremo anche chiedere gare europee autentiche per mettere a bando i servizi: basta al monopolio pubblico spinto, ma gare in cui oltre ai binari potranno essere affittati i treni, non dovendo aspettare i 3-4 anni che una nuova azienda deve attendere per essere competitiva. E di certo non penso a Ntv, ma alle tante realtà europee molto più grandi».

ESEMPIO TOSCANO

Il compito più vicino che attende Vetrella è quello di “spartire” entro febbraio i finanziamenti strappati al nuovo governo. «Noi si prenota l’assessore toscano Luca Ceccobao ci aspettiamo almeno 180 milioni». Lui può parlare con cognizione di causa: la Toscana è una delle poche regioni salvate dal rapporto Pendolaria: «La più costante nella politica di sviluppo del trasporto su ferro». I motivi sono presto detti: «Ci eravamo già impegnati a trovare risorse per tagliare di soli 12 milioni, da 216 a 204, il budget regionale, in più abbiamo lanciato con le Province il Bacino unico regionale: progetto innovativo che ci permetterà di evitare sovrapposizioni dei servizi».

Trenitalia da parte sua rispedisce al mittente le critiche ribadendo che i prezzi dei servizi sono un quinto di quelli tedeschi e che basterebbe alzare di un centesimo il costo passeggero/km per avere un miliardo di investimenti in più. Il piccolo sforzo del governo Monti comunque dovrebbe portare qualche frutto. Dal mese di gennaio arriveranno le 350 nuove carrozze a doppio piano e nuovi locomotori “464”, mentre dovrebbero essere riaperte le gare di bando per 40 (più 20) treni diesel e 70 (più 20) treni elettrici sospese da Trenitalia il 28 ottobre a causa dei tagli.

La verità sui colpevoli di questa situazione comunque si evince benissimo dai dati pubblicati dalla Direzione generale trasporti dell’Unione europea sul periodo 2000-2009: siamo il solo paese del continente che ha registrato un calo del traffico passeggeri (meno 3%, contro il +14% tedesco, il +23% francese e il + 37% inglese) dovuto ad un netto taglio dell’offerta di treni (-32% nel triennio 2007-2010 sui servizi con Stato o Regioni). In cima alle colpe c’è quindi il governo Berlusconi che, mentre il resto del mondo investe sul ferro, ha sistematicamente tagliato. E al solito i primi ad essere colpiti sono i più deboli: i 3 milioni di pendolari che ogni giorno sono costretti a viaggiare «da ultimi in Europa», Pendolaria dixit.

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