la Repubblica, 12 marzo 2017, con postilla
Don Ciotti, la violenza contro chi non ha nulla rischia di diventare un rito macabro?
«È l’ennesimo segno di una disumanità enorme e noi dobbiamo chiederci quanto queste violenze siano frutto di un clima di egoismo, indifferenza e ostilità verso le persone più deboli o diverse. Persone fragili esposte all’indifferenza ma anche alla violenza verbale ».
Chi è fuori dalle regole fa più paura? O è il ritenere queste persone senza volto che li rende bersagli più facili?
«È il caso di partire dalla parole. Alcune campagne che vengono fatte si alimentano contro i migranti, chi vive per strada o ha un diverso orientamento sessuale. Così si danno assurde giustificazioni a chi compie violenze contro gli emarginati. Serve una dieta della parole».
Quali parole sono abusate?
«Parole di odio che leggiamo ogni giorno anche sui social network. Ci vogliono parole autentiche, ma ferme e inequivocabili. Capaci di mordere le coscienze e esprimere dolore, compassione. Parola di condanna, se serve, ma anche speranza».
Come arginare questa ondata di odio verso gli ultimi?
«Parliamo di persone che vivono in strada perché non solo non hanno più la casa o hanno perso il lavoro, ma anche per conflittualità familiari. Viviamo anni di solitudine. E una delle povertà più gravi, a fianco di quella materiale e culturale, è quella relazionale, la solitudine che si dilata e diventa ansia, paura. Su questo bisogna lavorare».
Spesso i senzatetto rifiutano un ricoverano e scelgono la strada.
«C’è chi si autoesclude, ma ricordo che le direttive sociali europee insistono che il primo intervento per le persone che vivono in strada è fornire un riparo. Servono politiche di inclusione e di sostegno e non nuove discariche di essere umani. L’orizzonte è quello indicato da Papa Francesco. Parla di “periferie geografiche e esistenziali” e dice che bisogna uscire dalle incertezze e dagli egoismi facendosi viandanti di speranza per le persone escluse, emarginate e umiliate».
postilla
Difficile non mettere in relazionequeste parole di Don Ciotti con le parole che Matteo Salvini e i suoi seguaci inculcano nelle teste di troppi italiani - parole più incendiarie della benzina gettata dall'assassino di Palermo. Quando la violenza delle parole proveniva dal mondo degli sfruttati erano etichettata come incitazione alla violenza veniva condannata e repressa, ora che viene da altri mondi viene protetta dai ministri dell'interno: vedi Napoli. E vedi anche l'articolo di Alessandro Dal Lago in Orrore Umano