Sul margine della Laguna di Venezia, in un’area protetta dalla legge speciale del 1973 e dal Palav (un piano regionale con valenza di piano paesaggistico, sostitutivo del Piano comprensoriale mai definitivamente approvato) sta sorgendo un grande insediamento. Esso si aggiunge ai numerosi altri di cui si discute nell’area veneziana, frutto di una strategia largamente bipartisan che vede in uno “sviluppo” affidato alle infrastrutture d’ogni genere, al cemento, all’asfaltooo – e soprattutto agli affari immobiliari stimolati dall”economia di carta” – il futuro della regione e della sua classe dirigente. Dal giornale e dal sito di uno dei più combattivi comitati di cittadini (CAT - Comitati ambiente e territorio della Riviera del Brenta e del Miranese) riprendiamo un servizio sull’argomento.
La storia
Tutto inizia quando la Giunta di Giancarlo Galan, in scadenza di mandato, ha approvato un progetto strategico che individua proprio l’area in questione come ideale per lo sviluppo della “logistica”. Guarda caso, la collocazione di questa piattaforma si trova a due passi dal tracciato della cosiddetta “Romea commerciale” e al termine dell’altra autostrada in progetto, la famigerata “camionabile”.
Il disegno della Regione sembrava aver perso quota quando, pochi mesi fa, il Presidente dell’Autorità Portuale di Venezia ha avanzato decisamente l’idea di fare “massa critica” tra i porti dell’alto Adriatico, con l'obiettivo di attrarre le grandi navi provenienti dal canale di Suez e dall’Oriente. Secondo lo studio commissionato da Paolo Costa, infatti, il transito delle merci attraverso l'Adriatico e poi via ferro verso l'Europa centrale e orientale, sarebbe molto competitivo perché consentirebbe di risparmiare tempo, soldi e impatti ambientali (emissioni) rispetto all'attuale rotta che dal Mediterraneo risale fino ai porti del nord Europa. Insomma il nord-est potrebbe diventare uno degli accessi privilegiati delle merci verso i mercati del vecchio continente, arrivando a movimentare fino a 10 milioni di container (TEU) entro il 2020. Il progetto è già in fase avanzata e prevede per Venezia la costruzione di una piattaforma in mare aperto (Off-Shore) per l'attracco delle grandi navi fuori dalla Laguna; da qui le merci dovrebbero proseguire su chiatte fluvio-marittime per essere spacchettate e poi spedite in treno a partire da aree già attrezzate o predisposte come Porto Marghera, Chioggia, Porto Levante. Un'operazione potenzialmente interessante sia per gli aspetti legati alla riconversione di ampie zone industriali dismesse, sia per l'impulso che potrebbe dare al trasporto ferroviario e via acqua piuttosto che su gomma, sia per la creazione di nuovi posti di lavoro.
Ma gli eventi improvvisamente sembrano virare a favore della rendita immobiliare e della devastazione ambientale, da quando è rispuntata sul tavolo la proposta del Polo Logistico a Dogaletto, proposta dapprima ricevuta da Paolo Costa da parte della Alba srl proprietaria dei terreni, e poi trasmessa dallo stesso Costa al Sindaco di Mira Michele Carpinetti.
Il progetto, infatti, non solo consumerebbe 460 ettari di suolo libero invece di privilegiare la riqualificazione delle aree abbandonate di Porto Marghera, ma utilizzerebbe come infrastrutture di connessione proprio la camionabile e la romea commerciale.
Una assurdità se si pensa che completando i 13 km di Idrovia che mancano, si potrebbero far proseguire le chiatte verso l'interporto di Padova, integrando così nel sistema anche questo scalo (recentemente potenziato e dotato di terminal ferroviario).
I veri interessi in gioco
In realtà l'operazione Dogaletto ha tutta l'aria di essere una grande speculazione. A trarne i maggiori benefici sarebbero la società Alba srl del romagnolo Franco Gandolfi, proprietaria dei terreni agricoli sui quali dovrebbero essere stoccati i containers e anche della valle da pesca Miana Serraglia. Basti pensare che con il solo cambio di destinazione d'uso da zona agricola (E) a zona produttiva (D7), il valore del fondo schizzerebbe dagli attuali 7,5 euro/mq a 40-50 euro/mq, facendo guadagnare alla società almeno 165 milioni di euro in un solo colpo. Una cifra, questa, che comunque è sottostimata, visto che il progetto della Alba srl prevede anche ampie aree destinate a uso commerciale, direzionale e residenziale.
Ma la realizzazione del polo logistico interessa anche alla società GRA spa, che avendo in concessione la camionabile per 40 anni, si assicurerebbe un grande flusso di camion e quindi anche di denaro derivato dai pedaggi. Forse è bene ricordare a questo proposito che nel consiglio di amministrazione della stessa società GRA siedono uomini legati al PdL (Vittorio Casarin), alla Lega Nord (Attilio Schneck) e al PD (Lino Brentan); e che tra gli azionisti ci sono sia le imprese della “cricca” veneta come la Mantovani spa di Piergiorgio Baita, sia le Cooperative “rosse”.
Il dibattito a Mira
L'idea della piattaforma per i container vicino ad una delle zone più belle della Laguna veneziana ha sollevato un vespaio di polemiche. Immediata la presa di posizione contraria di CAT, ma anche della Federazione della Sinistra, della Lega Nord mirese, e poi delle due importanti associazioni dei cacciatori e dei cavanisti, così come di Italia Nostra e Legambiente.
Favorevole e convinto il PdL con in testa il consigliere Paolino D'Anna; mentre nel PD il fronte è meno compatto: decisamente a favore il Sindaco Michele Carpinetti sostenuto da buona parte del suo partito, ma non mancano i distinguo e i “mal di pancia” di alcuni esponenti e di vari militanti. Incredibile e assurda la posizione morbida e più che possibilista di Sinistra Ecologia e Libertà che può contare in Giunta su ben due assessori (Stefano Lorenzin e Silvia Carlin).
Questa volta però Il fronte del NO è molto ampio, variegato, e combattivo: la strada scelta è quella del Referendum popolare per mettere definitivamente la parola fine a questo progetto assurdo e devastante.