Breve replica a conclusione di in animato dibattito sull'avvio del piano per Bagnoli (la discussione può proseguire anche su eddyburg nello spazio apposito in calce)
L’intesa dei giorni scorsi fra il governo, la regione e il comune di Napoli relativa all’assetto urbanistico di Bagnoli ha scatenato un intenso dibattito per ora – con l’eccezione di eddyburg – limitato alla stampa napoletana, ma l’importanza dei temi penso che porterà a un’inevitabile estensione a scala almeno nazionale. Intanto poche righe di replica.
La maggior parte degli interventi riguardano questioni di natura politica e istituzionale (chiamando in causa addirittura la corte costituzionale), preoccupazioni economico finanziarie (che fine fanno i Bagnoli Bonds), procedure amministrative, partecipazione e coinvolgimento dei cittadini, oltre agli eterni e irrisolti problemi della bonifica. Questioni tutte di grandissima rilevanza che nessuno può permettersi di sottovalutare, ma in larga misura altra cosa riguardo ai contenuti specifici dell’accordo, quelli del disegno urbano, dell’uso del suolo, spesso trattati con poche battute dando per scontato che le soluzioni previste ripropongono quelle decise vent’anni fa.
È verissimo. Il punto è che negli ultimi vent’anni quelle soluzioni sono state politicamente e culturalmente obliterate, svalutate, schernite, bollate come economicamente insostenibili, il parco di 120 ettari una follia che Napoli non può permettersi, i volumi stabiliti dal piano regolatore inadeguati a far cassa, il ripristino della linea di costa un’utopia. Solo comitati e associazioni culturali difendevano il piano, e Marco Demarco sul Corriere del Mezzogiorno è stato il solo a ricordare questi fatti. Non dimenticherò mai che in occasione di una trasmissione di Ambiente Italia all’inizio degli anni Duemila fui scongiurato di rilasciare un’intervista in difesa del piano di Bagnoli che nessuno degli amministratori di allora era disposto a difendere. Perciò, l’attuale unanimità senza una parola di autocritica un po’ deve fra riflettere, nessuno comunque è più felice di me di questo cambio di rotta.
Nel merito delle scelte ho già scritto che il porto turistico a Nisida è per me una soluzione non meditata e spero che gli organi di tutela dei beni paesaggistici e culturali agiscano opportunamente in difesa di un sito sublime. Inadeguate sono anche le soluzioni proposte per l’accessibilità, con una linea metropolitana non di attraversamento ma che non so perché fa capolinea all’istmo di Nisida. Un’ipotesi troppo esile che finisce con il favorire il trasporto privato a favore del quale sono anche previsti straripanti parcheggi in prossimità dell’Acciaieria recuperata. Era molto più efficace il progetto originario di servire l’area interrando e deviando la Cumana dall’abitato di Bagnoli (selvaggiamente spaccato in due dalla ferrovia a livello) fino alla stazione Campi Flegrei. Anche su questo punto decisivo spero che sia possibile rivedere le proposte in discussione.